Warriors al lavoro per riportare i tifosi al Chase Center. È l'Operazione DubNation
A meno di 40 giorni dal via della nuova stagione NBA, la domanda che in tanti si pongono, dando sempre uno sguardo preoccupato all’evoluzione della pandemia da COVID-19, è quando si potrà avere del pubblico sugli spalti, anche solo parzialmente.
L’esperienza della Bolla di Orlando, per quanto tra le idee di maggior successo in ambito sportivo in questa fase pandemica nonché fondamentale per portare a termine la stagione 2019/20, non può essere (almeno al momento) replicabile né può diventare la regola.
Tra i progetti più interessanti rientra l’Operazione DubNation, che i Golden State Warriors stanno mettendo su per consentire un riempimento del Chase Center almeno al 50%, in tutta sicurezza ovviamente. A spiegare in cosa consista questo progetto è stata ESPN.
Secondo l’emittente sportiva statunitense, i californiani hanno in cantiere questa idea (dal costo di circa 30 milioni di dollari) sin dallo scorso 11 marzo, quando i vertici della NBA decisero di fermare tutto per l’esplodere dei contagi anche tra i giocatori (dal caso Gobert in poi), con l’ambizione di farla diventare una regola anche tra le altre franchigie.
Secondo Joe Lacob, proprietario dei Warriors, il non poter disputare davanti al proprio pubblico le ultime 17 partite casalinghe della scorsa regular season ha portato alle casse di Golden State un ammanco pari a 50 milioni di dollari. Il progetto Operazione DubNation consiste in test di massa per i tifosi presso il Chase Center (o nei punti di raccolta circostanti) entro 48 ore dalla partita, usando test rapidi di PCR sempre più diffusi negli States, e che Lacob vuole adottare poiché forniscono risultati accurati quasi nel 99% dei casi.
Ma non è tutto ovviamente. Il progetto prevede anche l’uso obbligatorio della mascherina, il rispetto severo del distanziamento sociale e un nuovo sistema di filtraggio dell’aria all’interno dell’arena, capace di utilizzare al 100% l’aria esterna e di spurgare ciò che invece resta all’interno dell’edificio. Un piano, quello di Golden State, che al momento è ancora al vaglio del Dipartimento della Sanità di San Francisco, essendo la città, così come buona parte del mondo, nel pieno della seconda ondata pandemica.
“Non c’è NBA senza tifosi” – ha detto a chiare lettere Lacob ad ESPN – “Sono loro l’anima delle partite, capaci di influenzare i giocatori. L’assenza di pubblico condiziona in negativo anche le aziende, che non possono resistere a lungo senza questo tipo di introito primario. La scorsa stagione ha portato grandi difficoltà e una seconda di pari entità potrebbe metterci letteralmente in ginocchio“.
“Bisogna cambiare l’ottica delle spese: inizieremo a investire nel settore sanitario per tornare a incassare in quello sportivo” – continua Lacob – “Contiamo che i test rapidi, entro la prossima primavera, saranno prodotti in quantità vicine alle 100.000 unità al giorno. Sto cercando di mostrare al mondo, in particolare a quello dello sport e alla California, un modo per uscire da questa situazione. Un modo sicuro per far sì che la gente venga ad un evento e che cammini in totale sicurezza in uno spazio non all’aperto“.