WARRIORS – La supremazia nasce dalla difesa
Con la vittoria di stanotte sul campo dei New Orleans Pelicans (128-122 dopo un overtime, con gli Splash Brothers che, al solito, combinano molto bene, con 63 punti in due), i Warriors hanno aggiunto un altro tassello alla miglior partenza della loro storia, centrando la 16.esima vittoria consecutiva e portando il proprio record ad uno stupefacente 21-2, di netto il migliore della Lega, con Memphis, 2°, staccata di 2 partite. Con la vittoria di stanotte, hanno eguagliato i Washington Capitals 1948-49 nella classifica delle squadre che meglio hanno iniziato la stagione, con due L all’attivo, graduatoria comandata dai Celtics 2008-09 (27-2); nelle 11 precedenti occasioni che hanno visto una franchigia cominciare con un record di almeno 20-2, 6 volte ha vinto l’anello (Celtics 63-64, Sixers 66-67, Knicks 69-70, Rockets 93-94, Bulls 95-96 e ancora i Celtics, nel 2007-08). Tante sono le domande che accompagnano questa cavalcata dei figli della Baia: dalle più classiche, legate ai numeri, (“Quando si fermeranno”, “Fin dove riusciranno ad arrivare”, “Quante partite vinceranno nella regular season”), ad altre, legate invece più a lungo termine, in ottica Finals (prendendo spunto da sua eminenza Tranquillo “Fanno sul serio?” “Sono diventati dei contender?”; risposta “Si!”). Chiaramente, i ragazzi di coach Kerr venivano già inseriti, nei pronostici di inizio stagione, tra i possibili outsiders, una mina vagante fastidiosissima per chiunque; quest’avvio di campionato, però, sembra dire che i Warriors possano candidarsi, se non al ruolo di principale favorita, quantomeno ad inserirsi nel novero delle prime due-tre.
Nelle analisi sul cammino dei Warriors, molti sono i punti degni di attenzione. Partiamo dalle statistiche. I Dubs occupano la 3° posizione sia come punti realizzati a partita (107.6), sia come rimbalzi a partita (45.7) sia come assist a partita (25.3); inoltre prima delle ultime due vittorie con Mavs e Pelicans, Golden State comandava la statistica dei punti concessi a partita (94.6); ora sono al 7° posto (96.8). Se ci focalizziamo su questa striscia di 16 vittorie consecutive, le statistiche sono ancora più impressionanti: 47.6% dal campo (86.8 tiri, in media, tentati), 36.9% da tre (26.1 tentativi di media), 76.5% ai liberi, 47.3 rimbalzi (di cui 36.2 difensivi e 11.1 offensivi), 26.3 assist, 8.2 palle rubate (13.8 quelle perse), 6.8 stoppate, 12.4 di plus/minus e la bellezza di 109 punti realizzati a partita. Non è l’attacco, però, l’aspetto che, stavolta, si vuole sottolineare, ma la difesa. Grande merito di coach Kerr, infatti, è stato quello di aver dato certezze e solidità ad una squadra, per carità, già spettacolare lo scorso anno, ma che aveva la tendenza a sciogliersi quando contava. I giustamente incensati Splash Brothers, non si limitano a bombardare letteralmente il canestro avversario, ma danno un grande contributo anche nella propria metà campo, con un pressing asfissiante sui portatori di palla avversari e una grande capacità di saper sporcare gran parte dei palloni, con un’occupazione delle linee di passaggio spesso e volentieri ottimale. Il pitturato, poi, è sapientemente difeso da giocatori come Bogut, la cui integrità fisica è fondamentale, e Draymond Green, probabilmente la vera sorpresa di quest’inizio di stagione. Il 24enne, prodotto di Michigan State, è definitivamente esploso, non facendo rimpiangere il lungodegente David Lee; fattore in difesa, con la sua capacità di catturare rimbalzi (8.0), Green, nelle ultime partite, sta diventando importante anche in attacco, con una media punti, nelle 7 partite del mese di Dicembre, salita a 15.4. Kerr, bravo, come sottolinea Zach Buckley di Bleacher Report, “nel far giocare i suoi nelle posizioni che più esaltano le loro qualità”, ha anche indovinato la mossa di schierare nel quintetto titolare Harrison Barnes, piazzando un gran difensore qual’è Iguodala come sesto uomo, capace di dar grinta e consistenza anche al secondo quintetto, che così non perde in mordente e aggressività difensiva. Panchina capace sempre di dare il proprio contributo, con uomini come Speights, Barbosa, Livingston ed Ezeli. Come sottolineato già nel titolo, le attuali fortune dei Warriors, prima ancora che in attacco, nascono da un’applicazione difensiva e da una determinazione degli uomini in quintetto, a tratti davvero feroce. Un esempio è dato dagli ultimi minuti del match vinto a Dallas: con i Mavs tesi nel disperato tentativo di riprendere per i capelli una partita già compromessa nel primo quarto, coach Kerr decide di schierare un quintetto “basso”, con Curry, Thompson, Barnes, Livingston e Green. Sulla carta, gente più grossa (e fisica) come Nowitzki e Wright avrebbe potuto banchettare a piacimento nel pitturato; “avrebbe”, poiché i californiani, marcando duro e disturbando ogni passaggio, in pratica senza lasciar respirare gli avversari, sono riusciti a contrastarli nel modo migliore, impedendo il definitivo rientro in partita dei texani.
Certo, la stagione è ancora lunghissima, mancando, solo di regular season, la bellezza di 59 partite; un cammino che può logorare e minare, quando meno lo si aspetta, anche squadre ben quadrate e, sulla carta, collaudate. Tutto sta nel vedere come Golden State riuscirà ad arrivare a Maggio: se avrà una condizione globale vicina a quella attuale, allora saranno cavoli amari per tutti. La Western Conference è di gran lunga la più competitiva, come dimostra anche l’equilibrio (verso l’alto) attuale; migliorare il primo turno dello scorso anno è divenuto un obbligo. Ora come ora, qualsiasi risultato che non sia, quantomeno, la finale di Conference verrebbe visto come un fallimento.