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STATS CORNER - NBA Award: MIP

Quando mancano meno di due settimane a fine stagione, è ora di tirare le somme e dare un occhio ai possibili candidati per i premi messi in palio dalla NBA:

Episodio 4: Most Improved Player

I giocatori in corsa per il premio MIP spesso sono quelli che cambiano le prospettive di un’intera franchigia, per una stagione o più. Può essere il giocatore che “non ti aspetti”, quello che hai in roster da due o tre anni, che vede il campo solo nel garbage time. O magari quello che ha sempre la valigia in mano, costretto, da una trade dietro l’altra, ad ambientarsi e dimostrare il proprio valore in una decina di giorni. Può essere l’eterno secondo, chiuso da una star in partenza, finalmente libero di esprimere il suo potenziale, oppure semplicemente un ragazzo cui viene data la tanto agognata fiducia. Qualunque sia il suo passato, una cosa è certa: questi giocatori sono oro colato per il futuro di ogni squadra. Spesso, infatti, causa il loro vissuto non da superstar, tendono ad avere contratti a cifre ridicole se paragonate ai loro numeri in stagione.

Esaminiamo i nostri candidati per quest’anno: #1 Evan Fournier: la sua evoluzione in 4 anni di NBA è clamorosa. I primi due anni a Denver era a rischio taglio e veniva accostato a squadre europee ogni minuto, quest’inverno ha rifiutato un rinnovo da $32 milioni in 4 anni propostogli da Orlando. Fino a natale viaggiava a circa venti di media, ora le cifre si sono un po’ sgonfiate, ma restano ottime: 15 punti, 2.6 assist e 2.8 rimbalzi con il 40% da 3 (che costituisce più del  42% delle sue conclusioni). Ma i circa 3 punti, 0.5 assist e rimbalzi in più a partita non sono quello che rende il francese un serio candidato per il MIP. Dal suo arrivo in Florida, la fiducia è andata sempre aumentando. Questa stagione sono migliorati sia l’ORtg (111, +6) che il DRtg (109, -2), inoltre ha un netto +3 di WS sulle 2.1 dello scorso anno. Per la prima volta in carriera si appresta a chiudere la stagione con un +/- positivo (+2.6 sul 2015). Uno dei paradossi con questo giocatore è che, pur toccando molti più palloni dello scorso anno, ne perde meno (TOV% -0.6%), mentre ne converte in assist di più (AST% +1%). La sua crescita, soprattutto come leader occulto di una squadra giovanissima, è innegabile. Molti tiri importanti sono affidati a lui (che tra l’altro tende a segnarli) e spesso gli viene chiesto di difendere sulla stella avversaria. Versatilità.

#2 Jae Crowder: “Unleash the beast”, liberate la bestia. L’ala di Boston è un vero animale da parquet, in senso più che buono. Una fisicità con pochi pari, mista a dei fondamentali in forte crescita, guidati da un coach (futuro dominatore della lega) che sa farne buon uso. 14.4P (+6.7), 5.2R (+1.8) 1.9A (+0.8) e 1.8S (+0.9). Totale. Non c’è una singola statistica, di quelle di maggior rilievo, dove Crowder non sia migliorato (spesso anche sensibilmente). 114 di ORtg (+6) più alta, per dare l’idea, di DeRozan (che però è tutt’altro tipo di giocatore), grazie anche ad un career high 35% da 3 (29% nel 2015). Questo gli permette di non esser più battezzabile dalle difese avversarie e di guadagnarsi minuti, essendo ora in grado di punire gli aiuti difensivi anche dal perimetro (il 97% dei suoi tiri pesanti viene da assist dei compagni). Un ottimo 102 di rating difensivo si aggiunge ad un eloquente 7.0 nelle Win Shares, stima delle vittorie apportate alla squadra dal singolo giocatore (+3.1). Tra l’altro nei 31 minuti in campo, una volta e mezza quelli dello scorso anno, chiude con +3.0 di +/-, in pratica è fondamentale.

#3 CJ McCollum: passare da 6.8 a 20.7 punti a partita con ancora due anni di rookie contract davanti (1+ qualifying offer 2017/18), è stato come vincere la lotteria per Portland. Quest’anno il tracollo dei Blazers sembrava scritto. Via 4/5 del quintetto e altre pedine importanti, si riparte da Lillard e giovani, alcuni nemmeno di belle speranze. Minuti e fiducia, non è servito altro alla 10° scelta del 2012 per ribaltare il suo probabile avvenire nella lega. Il minutaggio è più che raddoppiato, sono aumentati i rimbalzi (3.3, +1.8) e gli assist (4.2, +3.2). Ma sostanzialmente ogni aspetto del suo gioco, insieme ad ogni statistica, è migliorato causa i circa 35 minuti sul parquet. Perchè CJ un buon attaccante lo è sempre stato, ma giocando 15 minuti nella squadra di Aldridge, Lillard, Matthews e co. le chances di dimostrarlo sono necessariamente poche. Come i tiri a disposizione. +3.1 solo nelle WS offensive e +2.7 di Offensive +/- parlano chiaro su quanto sposti McCollum per Portland. Ma non finisce qui: per esempio il 41% (career high) sui 6 tiri da 3 a partia, con un aumento +13% di conclusioni dal palleggio, non è normale. E’ tra i pochi nella lega a tirare più del 40% da ogni distanza e ha un ottimo 17.4 di PER. Tutto ciò considerando che difensivamente è un buco. E tra l’altro, continua a peggiorare (-1.9 di +/- difensivo, 110 di Rating difensivo). Sicuramente è causato dal fatto di doversi dosare dovendo giocare molti minuti, ma è un aspetto troppo importante per il suo futuro in NBA. Non essendo Harden, quindi non avendo 35 punti a sera nelle mani, dovrà impegnarsi più della guardia barbuta per diventare All Star.

Prendendo in considerazione molti aspetti statistici e non, la crescita numerica e non solo della guardia di Portland è troppo imponente per essere impensierita dagli altri, comunque meritevoli, giocatori in corsa.

NBA24 PREDICTION – Most Improved Player: CJ McCollum

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Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone