STATS CORNER - Atlanta Hawks: polveri bagnate nell'anno della conferma
Ripetere le imprese di una stagione come quella 2014-2015, era chiaro, sarebbe stato oggettivamente complicato. Questo soprattutto perché Atlanta, come gli Spurs versione “The Beautiful Game” vittoriosa del titolo 2014, aveva come punto di forza sostanzialmente degli “intangibles” dovuti a situazioni del tutto astratte quali la capacità di leggere il gioco, la “chimica” di squadra, il livello di altruismo portato allo stremo e tanti altri fatti non tracciabili da dati e numeri. A queste capacità vanno poi aggiunti il talento dei singoli, dello staff e l’ambiente. Per questo motivo i neroargento di Duncan, Parker, Leonard e co. hanno vinto il titolo mentre gli Hawks si sono fermati alle finals di conference. Atlanta lo scorso anno sembrava guidata in campo da una sorta di flusso che rendeva ogni movimento un’armonia nel contesto di squadra. Le parole chiave erano “pace and space”, ritmo e spaziature, senza però mai avere la fretta che spesso contraddistingue chi adotta questi principi di pallacanestro.
L’obiettivo non era prendere il primo tiro libero, ma il tiro migliore. Ci sono riusciti per un’intera regular season, meno nei play-off ed a quel punto se non hai LeBron o chi per lui (nessuno), senza gioco non vinci. Numeri alla mano, Atlanta non sembrava un potenza lo scorso anno e tanto meno lo sembra ora. Le cifre non sono state da contender nemmeno durante la lunga cavalcata 2014-2015. Paradossalmente la variazione nei numeri di questa stagione è relativamente bassa, soprattutto se si pensa che l’anno scorso si chiuse a 60-22, mentre ad oggi il record parla di 24 sconfitte già maturate, a fronte di 31 vittorie. Offensivamente, appunto, le cose non vanno più come prima. A dar manforte a questa idea anche il fatto che l’Offensive Rating sia calato da 108.9 (6° in NBA) ad un 105.2 che garantisce appena una 15° posizione nella Lega, per quanto riguarda questa satistica. I punti a partita sono sostanzialmente invariati, ma essendo aumentata la media complessiva della lega, non è necessariamente una buona notizia (ad oggi 12° in NBA con 102.4). Quello che va sempre bene sono gli i passaggi, marchio di fabbrica di Budenholzer e del suo passato texano: 25.3 assist a gara valgono il secondo posto dietro a Golden State (praticamente fuori classifica) ma davanti alla casa madre Spurs.
Quello che va sempre male sono i rimbalzi: confermata la 28° posizione riguardo i rimbalzi a partita, dovuta soprattutto ai pochi centimetri ed alla small-ball praticata dagli Hawks. Nella sua metà campo, la squadra dell’ex assistente di Pop, se la cava decisamente. Sempre la small-ball diventa ora un vantaggio: giocatori non enormi ma rapidi ed in grado di difendere tutti su almeno 3 posizioni, in modo da poter cambiare spesso sui blocchi senza garantire mismatch esagerati. Il Difensive Rating aumenta da 103.1 a 102.4 (5° nella Lega) ed Atlanta scala da 5° a 7° in punti concessi a partita (99.7, +0.6), tutto sommato restando su buone medie. I problemi arrivano parlando di % al tiro. Oltre alle quattro posizioni perse in % totale (ora 8°) nonostante il calo nella media complessiva della Lega, passare da 2° a 19° (!!!) per %3PT ti cambia completamente la stagione e gli obbiettivi della stessa. Molto è dovuto a Korver, un vero e proprio cecchino lo scorso anno con quasi il 50% da 3, ora fermo ad un 38%, ai limiti del career low. L’alta percentuale al tiro da fuori dello scorso anno permetteva ad Atlanta di punire ogni buco difensivo avversario: grazie ad un buon movimento di palla si riusciva spesso a trovare un tiro pulito o in ritmo. La sensazione è che quest’anno il ritmo sia andato perduto. Eppure ATL è quarta ad est nonostante il livello della conference si sia alzato. Ha davanti LeBron, i Raptors (con una signora squadra) e Boston (con un signor allenatore). Niente male. L’idea di rebuilding è forte e qualche pezzo grosso potrebbe muoversi anche prima della deadline.
Guardando la squadra di quest’anno si ha la netta sensazione che abbia già raggiunto il livello di saturazione, che sia già arrivata ai propri limiti la scorsa RS e che meglio del 2014/15, con questi giocatori, non si possa fare. Horford e Teague, elementi fondamentali del sistema, sono accostati a squadre diverse ogni settimana. Schroder non è più lo spacca partite che era, Mike Scott è più altalenante della borsa di Milano, l’energia dei due criminali (in tutti i sensi) Sefolosha e Antic non c’è più (per motivi diversi) e di Korver abbiamo già parlato. Cosa manca? Ah, il giocatore forse più importante dello scorso anno: DeMarre Carroll. Anche lui non c’è più. E si sente. Al momento le certezze in casa Hawks sono tre: Budenholzer, Millsap ed il pubblico. Le prime due continueranno ad esserci, la terza continuerà a non esserci.