Shaquille O'Neal elogia Golden State: "I miei favoriti sin dall'inizio, non mi hanno deluso"
Poco più di un mese fa, al TD Garden di Boston i Golden State Warriors battevano 103-90 i Celtics in Gara6, sollevando il quarto Larry O’Brien Trophy della gestione Steve Kerr. Un successo meritato, nel segno di uno Steph Curry oramai consacrato nel gotha di questo sport, di Draymond Green e del rientrante Klay Thompson, di un Andrew Wiggins diventato ‘grande’, di coach Kerr appunto e di un front-office modello, oltre che di vari attori non protagonisti ma non per questo meno importanti.
Dei Campioni in carica ha parlato Shaquille O’Neal. Impegnato in Europa a fare il dj, come ben si può vedere dai suoi canali social, O’Neal è stato raggiunto dagli spagnoli di Marca, esprimendo il proprio pensiero su Curry e soci: “Loro (gli Warriors ndr) erano i miei favoriti sin dall’inizio e non mi hanno deluso. Non avevo alcun dubbio nella mia mente e tutto è andato come mi aspettavo sin da prima che cominciasse la stagione. Hanno svolto il loro lavoro davvero al meglio“.
Ovviamente, nell’intervista Shaq non si è limitato a parlare solo dei neo Campioni. Alla domanda su chi consideri il giocatore più decisivo della storia del Gioco, The Big Diesel non ha ancora una volta dubbi: “Io, ovviamente. Mai sentito parlare di Hack-a-Shaq? In caso contrario, vedi di cosa si tratta. Ero una forza da non sottovalutare assolutamente, un omone dominante. Oggi? In questi anni la NBA è diventata una lega di tiratori e se possiedi un tiro da 3 credibile sei già a buon punto“.
“Vedi Curry? Questo è il motivo per cui rappresenta il problema più grosso attualmente. Parliamo di un ragazzo che non sbaglia, ma che ha tante frecce a disposizione, poiché può segnare da fuori, da vicino al canestro, da oltre la linea di metà campo… Ogni volta che prende la mira può far canestro“, aggiunge.
Kareem-Abdul Jabbar è il giocatore ad averlo ispirato maggiormente: “Uno dei più grandi, forti e folli attaccanti che hanno giocato in quel periodo. Non lo ammiravo solo perché giocava nei Lakers. L’ho osservato da vicino, ho imparato da lui ma, ad essere sincero, avrò parlato con lui per un totale di tre minuti mentre era in NBA. Un giocatore unico e irripetibile“.