ROAD TO THE FINALS, CLEVELAND CAVALIERS: quanto conta essere una squadra
Quanti motivi volevate per vederli fuori molto prima? Durante tutta la regular season, i Cavaliers ce ne hanno dati un’infinità per farci dire “non sono ancora pronti”. Una squadra assemblata forse troppo alla rinfusa, un coach con zero esperienza in NBA, scelte societarie rivedibili: l’avvio di stagione zoppicante, con Cleveland che inizia il mese di dicembre col record di 8-7, sembrava una logica conseguenza; nonché un leitmotiv che in Ohio si sarebbero potuti facilmente portare dietro per tutta la stagione.
Ma l’anno non si chiude con buone notizie per i Cavs: un record che ancora rimane al di sotto delle aspettative (18-14) e la tremenda notizia dell’infortunio di Anderson Varejao. Con il tendine d’Achille in quello stato, il centro brasiliano è in discussione per l’inizio della prossima stagione, tanta è la serietà del problema. Insomma, va data una scossa e subito. Servono una guardia e un centro affidabili, più un’alternativa decente dalla panchina. David Griffin, in due giorni, ha risolto tutti i problemi. Tra il 6 e il 7 gennaio, infatti, il gm dei Cavs è riuscito a concludere due affari che hanno avuto un’influenza pesantissima sul cammino della franchigia. Sono arrivati proprio i giocatori che servivano: Shumpert, Mozgov e JR Smith, che finalmente in una città tranquilla come Cleveland può rimettere la testa a posto. Insomma, è successo anche questo!
Adesso finalmente LeBron può capeggiare tanti validi comprimari e diversi buoni giocatori. Rimarrebbe la questione Love, però, con cui James non è mai andato particolarmente d’accordo. Questi sono affari e finché l’interesse del singolo coincide con quello della squadra, si può lavorare insieme. Con questo spirito tutto nuovo, i Cavs hanno dato lo strattone necessario alla propria stagione, viaggiando finalmente a cifre da contender: da febbraio a metà aprile il ruolino di marcia è di 24-9, con Cleveland sicura dei Playoffs con una settimana d’anticipo, per il 53-29 finale.
Più solidi in difesa, troppo più forti in attacco per le rivali incontrate in post-season. Anche e soprattutto nonostante gli infortuni occorsi a Love e Irving. 4-0 a Boston, non troppo agevole; 4-2 ai Bulls, che hanno vissuto solo dei lampi di Rose e Butler; 4-0 ad Atlanta, che (ed è proprio questo il problema degli Hakws) non ha potuto vivere dei lampi di nessuno. I Cavaliers di adesso sono un’altra squadra. Anzi, sono una squadra, che ha imparato a remare nella stessa direzione, che ha delle gerarchie ben stabilite e approvate da tutti, che ora è un meccanismo ben oliato con la giuste dose di talento incontrastato che può realmente mettere in difficoltà i Golden State Warriors. Per delle Finals che promettono di essere quanto mai equilibrate.