POETA - "A Trento per ritrovarmi, con l'Italia per andare alle Olimpiadi. Giuste le scelte degli italiani in NBA"
Un veterano, che più veterano non si può. 30 anni a settembre e già otto passati con l’azzurro della Nazionale italiana, con cui adesso si trova in ritiro. Ma non solo: esperienza in serie minori e in Serie A, in Italia e in Spagna, anche in Eurolega. Appassionato, ovviamente, di NBA, che non perde mai d’occhio. Nessuno, dunque, meglio di Peppe Poeta, per capire dall’interno il clima del ritiro, gli obiettivi della Nazionale e per parlare delle tanto discusse scelte dei nostri “americani”.
Cominciamo da quello che vivremo meno nell’immediato: l’NBA. Chi parte favorito per la corsa all’anello dopo tutti questi movimenti di mercato?
<<Non saprei dirne solamente una. San Antonio è la squadra che si è mossa meglio, a mio avviso, aggiungendo Aldridge a un gruppo già compatto e fortissimo. Ovviamente, non possiamo escludere Cleveland, perché non va dimenticato che ai Playoffs non ha giocato al completo (per gli infortuni di Love e Irving, ndr), eppure è arrivata fino alle Finals, con LeBron James che anche in regular season ha fatto cose strepitose. Poi, Golden State: campioni in carica, tanti ottimi giocatori e Steph Curry, che è quello che più mi ha impressionato quest’anno; hanno trovato la giusta quadratura e possono continuare a vincere.>>
In Nazionale sei a contatto col meglio che il movimento italiano offre al momento. Chi pensi possa essere il prossimo ad affermarsi in America?
<<Senza dubbio Alessandro Gentile. Ha personalità, fisico e talento per sfondare anche nel campionato più difficile. Oltre a lui, secondo me nessun altro.>>
I diritti su Gentile sono stati fortemente voluti dai Rockets, che li hanno ottenuti al Draft 2014 dai Timberwolves. Ma il giocatore ha voluto rinnovare con Milano.
<<Queste sono scelte molto personali, che vengono da dentro. Alessandro ha ancora dalla sua l’età: è giovane (a novembre compirà 23 anni, ndr) e può continuare a crescere anche rimanendo in Italia. Questa decisione in fin dei conti è giusta. Anche se, a mio avviso, credo che sia meglio provarci non appena si abbia la possibilità per farlo.>>
Allora adesso vogliamo sapere il tuo parere su altre scelte, quelle dei quattro italiani che avevamo in NBA l’anno scorso. Partiamo da Datome, che ha voluto abbandonare l’America, per andare in Turchia.
<<Gigi ha dato il massimo, non ha mai mollato e meritava di più. E’ stato anche molto sfortunato a Detroit. Comprendo la sua decisione, non ha voluto rischiare di trovarsi di nuovo in una squadra che non gli ritagli un ruolo preciso e di una certa importanza. Così, è andato al Fenerbahce, la miglior squadra d’Europa col miglior allenatore d’Europa: non proprio un passo indietro, per intenderci. Gigi vuole giocare e se non gioca abbastanza è naturale che voglia cambiare aria. Non gli si può contestare assolutamente nulla.>>
Passiamo a Belinelli: stipendio raddoppiato, ma si passa da San Antonio a Sacramento.
<<E’ vero, ma ha raccolto quanto seminato negli anni passati, riuscendo a vincere l’anello con gli Spurs. I Kings sono una squadra con un progetto, c’è tanta voglia di tornare a certi livelli visto che non centrano i Playoffs da diversi anni. E poi monetizza. Per cui, scelta giusta: Marco può far bene a Sacramento.>>
A proposito di monetizzare, Gallinari ha accettato il rinnovo da capogiro che gli ha proposto Denver. Però la franchigia non promette granché bene per il futuro.
<<Voglio subito dire che Danilo merita questo tipo di riconoscimento. Ed è giusto anche rimanere ai Nuggets: al di là dei soldi, l’hanno messo al centro del progetto, è diventato un franchise player a tutti gli effetti e si ambientato alla grande. Provare a ritagliarsi un ruolo altrove, magari in una squadra più ambiziosa, non gli avrebbe dato le stesse certezze, economiche e di rilevanza all’interno della squadra. Quindi, approvo anche questa.>>
Il rovescio della medaglia è Andrea Bargnani. Dopo l’esperienza turbolenta ai Knicks, chiusa in netto miglioramento, si è accasato ai Nets, l’altra squadra di New York, al minimo salariale.
<<E’una decisione presa guardando all’aspetto tecnico. A Brooklyn può fare bene, ha i colpi e può rilanciarsi: è sempre lo stesso giocatore che ha chiuso un paio di stagioni con 20 punti di media (2010/11 e 2011/12, ndr). E’ tutto da vedere, ma la scelta è comprensibile.>>
Con tutto questo talento, le aspettative sono veramente alte per l’Europeo. Si avverte in qualche modo più pressione? Stavolta siete una squadra da battere, una delle favorite e soprattutto siete al completo.
<<Lo sappiamo e la pressione la sentiamo tutta. Siamo un grande gruppo e guardiamo lontano: vogliamo conquistare il pass per le Olimpiadi del 2016 (le finaliste ci vanno di diritto, dalla 3° alla 6° classificata c’è un torneo preolimpico di qualificazione, ndr) e provare a vincerle. Abbiamo tanta voglia di fare bene e siamo molto uniti e affiatati, dentro e fuori dal campo.>>
Essendo un Europeo, il livello delle squadre è sicuramente alto e ogni partita nasconde insidie. Ma dovendo sceglierne una, quale temi maggiormente?
<<La Spagna, perché ha un altissimo concentrato di talento e si conoscono molto bene: la gran parte della squadra è composta sempre dai soliti nomi. Per gli stessi motivi, aggiungo anche la Francia. Noi purtroppo non siamo mai stati sempre al completo ma stiamo lavorando molto con Pianigiani per sfruttare al massimo questo periodo di preparazione, per conoscerci ancora meglio in campo.>>
E perché le altre dovrebbero temere l’Italia?
<<Perché siamo affamati come nessuna nazionale; abbiamo ottenuto tanti buoni risultati ma non eccellenti e vogliamo riscattarci. Poi, perché siamo al massimo nella maturità e, per la maggior parte di noi, probabilmente anche all’apice della carriera.>>
Parliamo di te, invece. Hai trascorso l’ultima stagione e mezzo in Spagna tra Vitoria e Manresa; cosa ti resta di questa esperienza?
<<E’ stato meraviglioso. E non parlo solo dal punto di vista sportivo, ma umano. Di certo, rapportarsi a una pallacanestro così diversa da quella italiana, mi ha permesso di conoscere altri aspetti del gioco. Mi ha arricchito.>>
Eppure, potevi rimanere in Spagna, perché offerte sono arrivate anche da lì, oltre che dall’Italia. Cosa ti ha spinto a scegliere Trento per il tuo ritorno?
<<A Trento c’è una società con progetto che mi ha subito convinto; l’ambiente è serio e ambizioso sia in Italia che in Europa e questo mi ha motivato molto. E’ un’occasione importante anche per me per tornare a giocare con continuità e ad alti livelli dopo l’infortunio.>>
Quali sono gli obiettivi da centrare per la prossima stagione?
<<Con la Nazionale, dobbiamo conquistare la qualificazione alle Olimpiadi di Rio, in un modo o nell’altro. Con Trento, invece, ci teniamo a far bene in ogni competizione. I playoff sono una priorità, da lì ce la giocheremo, così come in Coppa Italia. Speriamo di fare una bella figura anche in Eurocup, naturalmente. Anche se sappiamo bene che confermarsi è sempre la cosa più difficile.>>