Noi, voi e l'Ncaa
Il giorno che mi chiesero di parlare di NCAA…
Spiegare quello che per gli amanti del genere rappresenta l’NCAA risulta ben al di là delle mie competenze.
Posso dirvi che per molti di noi l’NCAA è un sentimento, è uno stato mentale, è qualcosa che va al di là della semplice pallacanestro, perché non è semplice pallacanestro.
E’ insieme la poesia di Bukowski e la prosa di Marquez, November Rain e Around The World, Tarantino più Nolan. E’ un piccolo diamante grezzo che nasconde i colori della nostra primavera.
L’NCAA si porta sulle spalle questa aura di indefinita magia e sconfinata bellezza, del tutto giustificabile da due certezze assolute:
- E’ senza ombra di dubbio il torneo più difficile nel basket moderno.
- E’ senza ombra di dubbio il torneo più folle del basket moderno.
Se avete a disposizione una decina di minuti della vostra vita guardate questo video.
Se non li avete, trovateli!
Un torneo a 350 squadre, che si riducono a 64 al tramonto dell’inverno, dove una sola partita sbagliata significa “eliminazione”, dove futuri operai, insegnanti, uomini d’affari, disoccupati e stelle Nba condividono un destino dalle folli declinazioni.
Folli come la Kentucky di Cousins-Wall-Bledsoe, come i 2.872 punti in maglia Tar Heels di Tyler Hansbrough (Si, proprio lui: “Psycho T”), come la tripla più importante della carriera di Chalmers, come il cuore bleeding green degli Spartans, come l’infortunio e il ritorno di Ware, come il decennio ’64/’75 anche chiamato “John Wooden”. E ancora l’alba della rivalità Magic-Bird, i 70mila spettatori delle finali, January-February-Izzo-April, la Syracuse di Carmelo e quella contro Vermont, Dean Smith e Michael Jordan, la favola Bo Ryan, Christian Laettner e i Blu Devils e le tre finali consecutive perse dai Cougars di Drexler e Olajuwon.
Folli come il culto per le Underdogs.
Come l’amore per i giocatori senza logica.
Come la tanto attesa March Madness.
Come Anthony che vince un trofeo.
Semplicemente NCAA..
Seguirla e amarla. Abbonandosi a vita a un club riservato, un circolo d’élite dove in pochi godono di un qualcosa di unico e speciale e da lontano si riconoscono come naufraghi sulla stessa isola, come eletti dalle parole di un Dio, come fratelli nel sangue della pallacanestro collegiale.
L’NCAA è uno stato mentale.
Accoglietela e non andrà più via.