NBA24 PREVIEW - Golden State Warriors: Thompson, Bogut e tanto tanto (troppo?) Curry
COME L’ABBIAMO LASCIATA – L’eliminazione a gara 7 contro i Clippers è come se avesse cancellato tutto quanto di buono era stato fatto dal 2011, anno d’avvento di Mark Jackson. Proprio il “Reverendo” ha pagato per tutti, vedendosi sfilare il posto di head coach da Steve Kerr, nonostante i più che lusinghieri risultati ottenuti fino a quel momento con una franchigia che, ed è bene ricordarlo, navigava a vista nel limbo delle 30 W stagionali. Evidentemente, dalle parti del Golden Gate, hanno imputato all’allenatore il mancato step chiamato finali di Conference, optando quindi per un cambiamento radicale. Se la mossa pagherà i dividendi sperati solo il tempo potrà dirlo. Affidare una potenziale ottima squadra a un’esordiente della panchina sembra comunque un rischio: il “botto”, sia in un senso che nell’altro, è comunque garantito.
IL MERCATO ESTIVO – “Tradare (Thompson) o non tradare per Love, questo è il problema”. Alla fine si è deciso di non sciogliere la connection degli “Splash brothers” e tenere fede a un impianto di gioco affidato alle altissime qualità degli esterni, piuttosto che affidarsi alle qualità di un lungo, seppur atipico. C’è chi sostiene che con Love si starebbe parlando di una delle prime cinque contender al titolo: permetteci di dubitarne, ma si tratta di un pour parler che non può avere un riscontro. Il roster, di fatto, è rimasto invariato rispetto alla scorsa stagione, con uno Shaun Livingston in più ad allungare la panchina e a dare qualche minuto di fiato in più a Curry e Thompson. In quest’ottica si spiega anche l’ingaggio di Leandrinho Barbosa, mentre l’innesto di Jason Kapono corrobora l’immagine dei Warriors come squadra dall’identità fortememente perimetrale.
L’UOMO FRANCHIGIA – Il destino, per mere ragioni anagrafiche, mi ha privato della possibilità di godere di Pete “Pistol” Maravich nel pieno delle sue facoltà. Ma, siccome è un galantuomo e restituisce (quasi) sempre ciò che prende, ecco che da qualche anno pare che l’androide da Aliquippa si sia reincarnato nel figlio di Dale Curry, sguardo da bambi innocente, falangi diaboliche e letali come il morso di un serpente. Di Sabonis, all’epoca, si diceva che “sentisse le voci”. Ecco, Steph non solo le sente, ma addirittura le asseconda. Riuscisse nell’intento di costruirsi una mentalità un filino più solida nei momenti che contano ci troveremmo di fronte all’arma offensiva totale del prossimo decennio. L’equazione è semplice: se cresce lui, crescono i Warriors.
A COSA PUNTARE – Al netto di tutti i discorsi fatti su Curry e sulla sua indubbia importanza, l’uomo chiave per le sorti a lungo termine di Golden State ci sembra Andrew Bogut. Forse ancora più di David Lee, tanto per restare nell’ambito del reparto lunghi. Una stagione senza problemi fisici per il centro australiano, dispuata con quei picchi di rendimento che ha dimostrato di poter reggere, consentirebbe di puntare, decisamente, a quelle finali di Conference costate la panchina a Jackson. Viceversa…beh, la storia la sapete. Perché l’avete già vista non più tardi di un anno fa.
IL PRONOSTICO – Playoff in tranquillità e probabile eliminazione al secondo turno. Ad oggi, infatti, le incognite sono ancora troppe.
IL ROSTER – 19 Leandro Barbosa (31, SG), 40 Harrison Barnes (22, SF), 12 Andrew Bogut (29, C), 2 Aaron Craft (23, PG), 30 Stephen Curry (26, PG), 31 Festus Ezeli (24, C), 23 Draymond Green (24, SF), 7 Justin Holiday (25, SG), 9 Andre Iguodala (30, SG), 22 Jason Kapono (33, SG), 1 Ognjen Kuzmic (24, C), 10 David Lee (31, PF), 34 Shaun Livingston (29, PG), 20 James Michael McAdoo (21, SF), 8 Nemanja Nedovic (23, PG), 4 Brandon Rush (29, SG), 5 Marreese Speights (27, PF), 11 Klay Thompson (24, SG), 21 Mitchell Watt (24, PF).