NBA24 DRAFT PREVIEW - Jahlil Okafor e la speranza Lakers
Provate un attimo a riflettere. Nell’attuale sfacelo rispondente al nome di Los Angeles Lakers qual è stata la lacuna maggiormente evidente? La mancanza di un lungo di riferimento, soprattutto dopo la partenza di Gasol e al netto della rivedibile esperienza di Dwight Howard dalle parti di El Segundo. Tacendo, per disperazione e cristiana rassegnazione, delle performance offerte di volta in volta da Jordan Hill e Sacre e dell’annata di Randle, finita ancor prima di iniziare.
Posta in questi termini su cosa debbano puntare i losangelini al prossimo Draft (in cui avranno la quarta scelta assoluta) appare chiaro. Minore concordanza sul chi. Dettaglio che potrebbe fare tuttta la differenza del mondo, in quella che sarà, contemporaneamente, l’ultima stagione agonistica di Kobe Bryant e quella in cui gettare le basi per quel rilancio troppe volte rinviato dalle parti di Hollywood.
Due, quindi, i nomi in ballo: Karl-Anthony Towns di Kentucky e il fresco campione Ncaa Jahlil Okafor, rispettivamente dati al numero 1 e al numero 3 dalle affidabili proiezioni dei media d’oltreoceano. Detto che il primo, con tutta probabilità, emigrerà verso diversi e più freddi lidi (tendendo ad escludere clamorosi ripensamenti della dirigenza dei T-Wolves), è il freshman da Chicago la pietra angolare su cui costruire le prossime fortune in gialloviola. Opinione supportata dai numeri del primo anno in maglia Blue Devils e dalla grande adattabilità a contesti di pallacanestro anche molto diversi tra loro.
Dovessimo descrivere Okafor in una parola non avremmo eccessive difficoltà: il termine dominante, infatti, rende appieno l’idea di quale e quanto sia stato l’apporto alla causa di coach K. In poco più di 30 minuti d’impiego a partita, il nostro è stato capace di scrivere a referto 17.3 punti e 8.5 rimbalzi di media mettendo in mostra, inoltre, più che discrete doti di passatore (1.3 assist a sera) e stoppatore (1.4). Numericamente un abisso rispetto a Towns che, però, risulta essere un lungo ‘classico’, piuttosto stanziale e maggiormente a suo agio all’interno del pitturato, soprattutto in quello difensivo come dimostrano le 2.3 stoppate di media. Ottima anche la percentuale dal campo (poco meno del 65%) e la capacità di operare in regime di read and react, fattore che gli ha permesso di entrare immediatamente nelle grazie di Krzyzewski e e che potrebbe giovare non poco alle letture difensive (sin qui disastrose) operate dai ragazzi di Byron Scott.
E’ quindi Okafor l’uomo giusto per i Lakers? In linea teorica assolutamente si, proprio in virtù delle ragione di cui sopra. La pratica e il campo, però, sono ben altra e più probante cartina di tornasole: un rookie, per quanto dotato possa essere, se inserito in un contesto di squadra che fatica a trovare la quadra (e i gialloviola sono pericolosamente oltre questo limite), potrebbe trovare non poche difficoltà ad esprimere il proprio talento. O, d’altro canto, potrebbe emergere ancora di più al grido di “beati monoculi in terra caecorum“.
Di certo non basterebbe (non potrebbe bastare) solo lui per restituire al pubblico dello Staples Center il blasone che il nome Lakers comporta. Stagioni disgraziate o meno.