Jaylen Brown e Mike Scott in polemica con la NBA: "Insoddisfatti per le limitazioni ai messaggi sociali sulle maglie"
Gli Stati Uniti, oltre che della pandemia da COVID-19, sono ancora nel pieno dell’ondata di proteste seguite alla morte di George Floyd, che ha portato alla nascita di un vasto movimento unitosi inizialmente sotto l’hashtag #BlackLivesMatter. Anche in NBA, com’è ovvio, le proteste hanno fatto seriamente capolino, con tantissimi giocatori impegnati attivamente e con iniziative anche da parte di Lega e franchigie.
In vista della ripartenza della regular season ad Orlando, Florida, a fine mese, NBA e NBPA hanno concordato un elenco di messaggi di rilevanza sociale che potranno essere mostrati sulle canotte dei giocatori. Si tratta dei seguenti 29, riportati da Marc J. Spears, di The Undefeated:
“Black Lives Matter; Say Their Names; Vote; I Can’t Breathe; Justice; Peace; Equality; Freedom; Enough; Power to the People; Justice Now; Say Her Name; Sí Se Puede (Yes We Can); Liberation; See Us; Hear Us; Respect Us; Love Us; Listen; Listen to Us; Stand Up; Ally; Anti-Racist; I Am A Man; Speak Up; How Many More; Group Economics; Education Reform; and Mentor“.
Questa lista, però, non è andata giù a non pochi giocatori, che hanno tacciato la Lega di aver agito in maniera troppo restrittiva, oltre praticamente ad imporre questa lista. “Credo proprio che questa lista sia troppo limitante, non sono affatto soddisfatto” – è il commento di Jaylen Brown, dei Boston Celtics – “Avrei preferito vedere più opzioni da poter inserire sul retro delle canotte. Quali? Ad esempio ‘Break The Cycle‘, oppure ‘Results‘, quelli per i quali tutti lottiamo; o ancora ‘Inequality by Design‘”.
“Abbiamo circa quattrocentocinquanta ragazzi, o comunque i tanti che saranno ad Orlando, che stanno inviando tutti quei messaggi che vorrebbero mostrare quando si tornerà a giocare” – continua Brown – “Di certo ce ne sarebbero stati sicuramente di più appropriati rispetto a quelli che ci sono stati assegnati, con un impatto probabilmente maggiore. Non dobbiamo permettere che le persone si dimentichino di George Floyd, di Breonna Taylor o di Trayvon Martin. E la lista è ancora lunga…“.
Dice la sua anche Mike Scott, dei Philadelphia 76ers: “Ci hanno dato dei nomi e qualche frase da mettere sulle canotte… È stato terribile, un’occasione mancata, una scelta totalmente sbagliata” – commenta duro il classe 1988 – “Non hanno dato a noi giocatori la possibilità di esprimere le nostre opinioni. Ci hanno solo imposto un elenco da cui attingere. Ripeto, è stato terribile“.
“Non credo che si possa effettivamente cambiare qualcosa solo postando, parlando o mettendo qualcosa sul retro di una canotta” – aggiunge Scott – “La maggior parte delle persone è convinta che sarà facile tornare in campo e concentrarsi solo sul basket. Io non credo. Penso invece che sarà dura dopo tutto quello che è successo negli ultimi mesi. Allo stesso tempo, come fai a non concentrarti su tutto il resto?“.