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NBA, caso Jacob Blake: dopo il boicottaggio cosa succederà?

È stata una serata/nottata ‘storica’ in NBA, ma anche convulsa e carica di tensione. I noti fatti di Kenosha, Wisconsin, con il ferimento grave del 29enne afroamericano Jacob Blake da parte di un poliziotto, hanno fatto deflagrare la protesta tra i giocatori, i quali l’hanno portata per così dire ad un livello superiore.

I giocatori dei Milwaukee Bucks in primis, hanno deciso di boicottare Gara-5 e di non scendere in campo; a cascata, la stessa mossa è stata adottata dalle squadre impegnate nelle altre due partite che si sarebbero dovute disputare stanotte, ovvero Thunder@Rockets e Blazers@Lakers, fino all’annuncio della NBA del rinvio a data da destinarsi delle suddette partite.

Da quel momento è iniziata la notte più lunga della storia della NBA, con il destino della stagione 2019/20, così faticosamente ripresa dopo il lungo stop causato dalla pandemia da COVID-19, nuovamente in bilico. Perché se da un lato è altamente improbabile che si giochino le tre partite in programma stanotte (Nuggets@Jazz e Clippers@Mavericks valevoli per Gara-6 del primo turno e Celtics@Raptors valevole per Gara-1 delle Semifinali della Eastern Conference), dall’altro c’è da capire che farne in generale di questi Playoff.

Nella notte c’è stato un incontro molto acceso tra i giocatori, che per ora ha portato ad un nulla di fatto e ad un aggiornamento alle 17 di oggi (ora italiana), praticamente nello stesso momento nel quale si riunirà in seduta straordinaria il Board of Governor, ovvero i proprietari si vedranno in conference call con il Commissioner Adam Silver, allo stesso modo per analizzare la situazione e capire il da farsi. Nella riunione dei giocatori, durata circa due ore e mezza, non è emerso un fronte comune, come invece auspicato dal presidente della NBPA, Chris Paul. Un incontro al quale hanno preso parte anche i rappresentanti degli allenatori, i quali si sono schierati apertamente con i loro ragazzi.

Voci di corridoio parlano di una spaccatura molto intensa venutasi a creare tra favorevoli allo stop definitivo della stagione e contrari. Un primo voto su quali potessero essere i prossimi passi da adottare ha visto la ferma opposizione dei giocatori di Lakers e Clippers (più pochi altri), capeggiati da LeBron James e Kawhi Leonard, alla ripresa dei Playoff; una volta capito di essere in netta minoranza, secondo ESPN LeBron e compagni se ne sarebbero andati via sbattendo la porta.

Tra gli altri temi emersi, in molti hanno anche chiesto conto inizialmente ai Bucks il perché il boicottaggio sia stato adottato unilateralmente, senza sentire prima i membri delle altre franchigie, sebbene poi Jayson Tatum abbia commentato della futilità di tali domande, supportando totalmente l’operato di Giannis Antetokounmpo e compagnia.

In generale, comunque, la NBA non si trova affatto in una situazione semplice e alquanto confusa. La NBPA ha infatti ricordato più volte ai giocatori quali possano essere le implicazioni, economiche soprattutto, di una eventuale decisione nel senso di interrompere definitivamente la stagione (1 miliardo di dollari in mancati stipendi). Dall’altro, però, c’è la lotta sociale, da mesi vista dalla gran parte dei giocatori come l’obiettivo numero uno, ancora più del basket giocato, con la consapevolezza di poter concretamente influire con le proprie azioni, i propri gesti, su un quadro divenuto da tempo inaccettabile.

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Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone