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NBA MVP 2015 - Caccia al favorito

Mancano meno di due settimane, poi la regular season 2014-15 emetterà i suoi verdetti. Oltre al posizionamento delle magnifiche 8 di ogni Conference nei Play Off, l’attenzione è catalizzata dalla corsa al premio di MVP della stagione, una lotta davvero intensa, tra i “mostri” della Lega più bella del mondo. Nella nostra analisi, prendiamo la Top Five dei favoriti, ovvero sia Stephen Curry, Anthony Davis, James Harden, Russell Westbrook e LeBron James. Premetto che anche altri giocatori stanno disputando una stagione super e meriterebbero un riconoscimento: su tutti Chris Paul, senza dimenticare gente come LaMarcus Aldridge, Pau Gasol e Klay Thompson.

 

La stella della Baia, Steph Curry, il principale favorito nella corsa all'MVP (foto da: chatsports.com)
La stella della Baia, Steph Curry, il principale favorito nella corsa all’MVP (foto da: chatsports.com)

WARDELL STEPHEN CURRY II (GOLDEN STATE WARRIORS) – Partiamo dal grande favorito. Semplicemente divino. Il figlio di Dell si sta proponendo in un’annata fenomenale, fatta di grandi numeri e giocate pazzesche, di quelle da farti saltare dalla sedia (chiedere per info ad un certo CP3…). E’ un dato ormai incontrovertibile come, in tutti gli States, una percentuale sempre maggiore di pubblico vada al palazzetto principalmente per vedere le mirabilie del 27enne di Charlotte. Queste le sue statistiche: 23.6 punti ad allacciata di scarpe (48.1% dal campo, 43.5% dall’arco), 7.7 assist, 4.3 rimbalzi e 2.0 palloni recuperati, il tutto in 75 partite per una media di 32.8 minuti sul parquet. Nessuna tripla doppia ma, in compenso, 22 doppie doppie. Far parte della miglior squadra aiuta, vero; ma esserne il leader, dentro e fuori dal parquet, con quella sua capacità di attrarre a sé tutta la difesa avversaria, cercando sempre di mettere in ritmo i compagni, è ancora meglio. Quando è in campo, è l’incubo con la faccia d’angelo per le difese; può segnarti in ogni modo, può mandarti al bar praticamente in tutti i modi (con quel ball-handling paradisiaco), può servire i compagni in ogni modo. Ecco perché Steph è il favorito #1.

 

The Beard, James Harden. Il miglior marcatore di questa regular season (foto da: ballerstatus.com)
The Beard, James Harden. Il miglior marcatore di questa regular season (foto da: ballerstatus.com)

JAMES EDWARD HARDEN Jr. (HOUSTON ROCKETS) – Il top scorer della stagione, per tutti “The Beard”. Il 25enne nativo di Bellflower (California) sta facendo meraviglie, come i 51 punti realizzati lo scorso 1° Aprile contro i Kings, suo nuovo career-high. In questa stagione, Harden è riuscito a salire di un altro step nel suo processo di crescita, spazzando via gli ultimi, residui dubbi sul suo poter essere uomo franchigia, oltre che grande realizzatore. Questi i suoi numeri, tutti in rialzo rispetto alle precedenti stagioni: 27.7 punti di media (44.3% dal campo e 38.1% da tre punti), 6.9 assist, 5.7 rimbalzi, 1.9 palloni recuperati, 76 presenze (su 77 partite totali dei Rockets) e 36.9 minuti di utilizzo medio. In più, 3 triple doppie e 19 doppie doppie. Ad avvalorare ancor di più la sua candidatura, c’è la decisività rispetto ai risultati di squadra: con lui in campo, Houston ha un Offensive Rating di 107.0; senza di lui, scende a soli 93.7. Senza contare che, per due mesi, in Texas (e non solo) nessuno si è accorto dell’assenza di un certo Dwight Howard; non solo, i Rockets sono al 2° posto nella selvaggia Western Conference, potendo rappresentare, a ranghi completi, una mina vagante di quelle davvero pericolose per tutti. E il merito di chi è?

 

Russell Westbrook, la principale arma offensiva dei Thunder e giocatore unico nel suo genere (foto da: interbasket.net)
Russell Westbrook, la principale arma offensiva dei Thunder e giocatore unico nel suo genere (foto da: interbasket.net)

RUSSELL WESTBROOK (OKLAHOMA CITY THUNDER) – L’onnipotenza atletica impersonificata; per tutti, da qualche settimana a questa parte, “Mister Triple Double”. Anche per Russell il 2014-15 sta vivendo di numeri e giocate ai limiti del folle, dopo un avvio difficile, come per tutti i Thunder del resto. Voi come definireste un giocatore (sicuri che non sia un alieno?) che rifila 11 triple doppie in una stagione (8 nelle ultime 14 partite), mantenendo una media, tra Febbraio e Marzo, addirittura di oltre 30 punti e 10 assist? Di un altro pianeta, appunto. Quando decide di puntare il ferro è pressochè inarrestabile; nei momenti topici di un match, il pallone deve passare dalle sue mani. Ma attenzione: dimenticate (o almeno ridimensionate) le critiche rivoltegli ciclicamente (è troppo individualista, tira troppo e troppo spesso forzatamente, la fase difensiva non sa cosa sia); ecco, forse a parte quest’ultimo appunto, le statistiche parlano di un Russell diverso. Diamo uno sguardo: 27.7 punti (41.9% dal campo e 29.2% da tre), 8.7 assist, 7.3 rimbalzi, 2.1 palloni rubati, in 62 presenze e 34.3 minuti di utilizzo a partita. Detto delle triple doppie (solo Kidd, con 15, ha fatto meglio negli ultimi 15 anni), il #0 dei Thunder ha messo a referto anche 29 doppie doppie. Con gli infortuni in serie che hanno falcidiato Oklahoma (Durant su tutti), Westbrook si è dovuto mettere letteralmente la squadra sulle spalle; e non ha tremato, non ha avuto paura di prendersi le sue responsabilità. E se a 5 partite dalla fine OKC è in zona postseason, lo deve praticamente solo a lui.

 

Anthony Davis, il nuovo che avanza (foto da: insider.espn.go.com)
Anthony Davis, il nuovo che avanza (foto da: insider.espn.go.com)

ANTHONY MARSHON DAVIS (NEW ORLEANS PELICANS) – Signore e signori, ecco a voi il “Dominatore del prossimo decennio”. Tanti aggettivi sono stati spesi sul Monociglio più famoso d’America, anche se, probabilmente, finche rimarrà a New Orleans (o l’owner Benson non accompagnerà il suo talento con altri giocatori di grande livello), il riconoscimento resterà difficile da conseguire (giusto o sbagliato che sia, aggiungo io). Fatto sta che Davis, con la sua potenza, la sua strabordanza sotto le plance, sta trascinando i Pelicans verso un sogno chiamato Play Off, tanto che i Thunder dovranno sudarsi l’8° posto fino all’ultimo. Le sue statistiche fanno venire i brividi, considerando che stiamo parlando di un classe ’93 (se qualcuno se l’era dimenticato): 24.4 punti ad allacciata di scarpe (53.6% dal campo, le triple non le conto, visto che ci ha provato solo 10 volte (mettendone una)), 10.3 rimbalzi, 2.1 assist, 3.0 stoppate, 1.5 palloni recuperati, 62 presenze sul parquet e 36.2 minuti di utilizzo; non dimentichiamo le 39 doppie doppie (in pratica, una ogni partita e mezza). Un miglioramento visibile sotto ogni voce, frutto della sua dedizione e della sua umiltà, dato sottolineato da tanti che lo conoscono. In campo, però, Anthony fa paura. Quando si mette in moto, è una forza della natura. Quando decide di martoriare il canestro avversario, con schiacciate da far venir giù l’arena (vedere la notte del 3 Aprile a Sacramento), manda segnali inequivocabili  a tutta la Lega. Caro Davis, il futuro è tuo.

 

Il 4 volte MVP LeBron James, nuovamente faro dei Cavs (foto da: playoffbrasil.com.br)
Il 4 volte MVP LeBron James, nuovamente faro dei Cavs (foto da: playoffbrasil.com.br)

LEBRON RAYMONE JAMES (CLEVELAND CAVALIERS) – Last but not least, “The King”, “Il Prescelto”, al secolo LeBron James. Unico, tra i giocatori nominati, ad aver già portato a casa l’MVP Award (2009, 2010, 2012, 2013), la stagione del nativo di Akron (Ohio) è vissuta tutta sul leit-motiv del suo ritorno a casa, a quei Cavs abbandonati nel 2010 per inseguire il tanto agognato Anello, conquistato, con la maglia Heat, finalmente nel 2012. Il compito di James a Cleveland, se possibile, è ancora più difficile: portare i Cavs al primo Larry O’Brien Trophy. Come si conviene ad una squadra nuova, benchè poggiante su un trio dalle enormi potenzialità (offensive), con Irving e Love a far compagnia al nostro, l’avvio di stagione è stato davvero difficile. Tanti alti e bassi, un gioco che latitava, una difesa imbarazzante, critiche pesanti nei confronti di tutti, coach Blatt in primis; LeBron, poi, per quanto raramente al di sotto dei suoi standard, non riusciva a trascinare la squadra. A partire da metà gennaio in poi, grazie anche ad una campagna di rafforzamento positiva, il vento cambia, come dimostra il 31-7 negli ultimi mesi. Cleveland non solo ha scalato posizioni su posizioni, ma è tornata prepotentemente ad essere una contender. Il ruolo di LBJ, però, va analizzato: infatti, il nostro ha lasciato, se così si può dire, la scena principale ad altri attori (Irving in primis), guidando la regia più da dietro le quinte; le giocate degne del suo immenso repertorio non sono mancate, lungi da me affermare il contrario; però, sembra quasi che abbia centellinato il suo talento. Guardando le statistiche, si nota, assist a parte, un leggero calo, in particolare rispetto alle annate a South Beach: 25.6 di punti (49.0% dal campo, 35.4% dall’arco), 7.3 assist, 6.0 rimbalzi, 1.6 palloni recuperati in 66 presenze e 36.3 minuti di gioco a partita. Le doppie doppie sono 20, mentre stanotte, nel successo con i Bulls, è arrivata la prima tripla doppia stagionale. Tirando le somme, potremmo azzardare che la sua candidatura, in particolare rapportandola ai ragazzi di cui sopra, è un riconoscimento a tutto ciò che LBJ rappresenta, dentro e fuori la Lega.

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Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone