NBA FINALS - Top&Flop di Gara-6: Iguodala e LeBron sugli scudi, il Thompson buono è quello dei Cavs
Si è chiusa un’altra stagione e trionfatori sono usciti i Warriors di Curry e Kerr, ma non solo. Perché i protagonisti, nel bene e nel male, sono stati proprio quelli che non ci saremmo aspettati.
TOP
LEBRON JAMES: su tutti, in assoluto, per distacco il vero MVP della serie. Dominante nelle principali voci statistiche, ha provato l’impresa quasi impossibile di prendere questa banda di scappati di casa, quali sono i Cavs senza Irving e Love, per poco non li metteva sul trono. Tutto quasi esclusivamente da solo. Non è umano e questa serie di Finals ha messo d’accordo veramente tutti: è di un altro pianeta. Unico problema, ovviamente senza imputazioni, è stato la tenuta atletica, che è venuta a mancare troppo presto. Ma è la logica conseguenza di questo tipo di gioco e di rotazioni così corte.
TRISTAN THOMPSON – TIMOFEY MOZGOV: rudi e rozzi quanto volete, intanto questi due si sono rivelati la vera e propria alternativa offensiva a LBJ. E non solo: il canadese ha fatto impazzire Green sotto canestro e ha mostrato ottima tecnica nel pitturato, facendo sfoggio di insoliti semi-ganci; il russo, dal canto suo, ha fatto la voce grossa in mezzo ai piccoli avversari, sia in difesa dove ha stoppato tutto il possibile (ma ha fatto molta fatica nei recuperi su Iguodala) sia in attacco, dove ha mostrato una grandissima freddezza ai liberi.
ANDRE IGUODALA: si potrebbe scrivere un libro sulle motivazioni che lo hanno reso l’MVP della serie, nonostante un contributo non troppo significativo in termini numerici (16.3 punti di media in sei partite). Eppure, è stato il più decisivo. Il più veterano dei veterani, in casa Golden State, ha saputo tenere le redini della partita anche quando il gioco dei suoi non ha mostrato la solita fluidità. Ma soprattutto si è reso primo finalizzatore quando invece le spaziature quadravano alla perfezione nel primo tempo. Premio (alla carriera) più che meritato.
FLOP
KLAY THOMPSON: con i “se” e i “ma” non si è mai fatto – e mai si farà – la storia. Fatto sta che ha dimostrato di essere il fratello cattivo dei due Splash Bros. Mai dentro la partita, Kerr ha la fortuna di poter rispolverare Iguodala e di disporre di Livingston in stato di grazia. Ma questa discontinuità a lungo andare può essere pagata. Deve ancora maturare.
IMAN SHUMPERT: fa il suo e non va oltre. Eppure, c’è bisogno anche di lui, ma di prendere responsabilità non ne vuole sapere. Evita tanti tiri favorevoli e quelli che prende li manda quasi tutti lontano dal bersaglio. Si segnala solo per una tripla con spazio e un palleggio-arresto-tiro. Si spiega, quindi, anche poco la scelta – supponiamo di Blatt – di farlo giocare più sotto canestro all’inizio della partita, perché mostra seri problemi a farsi valere nel pitturato. Giustamente.