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NBA FINALS - Perché i Warriors vinceranno l’Anello

Dopo una stagione fatta di tante sorprese, con mille emozioni e una serie di record storici frantumati, l’NBA si appresta a vivere il suo capitolo finale, che come molti avevano predetto ai blocchi di partenza sarà l’atto conclusivo della trilogia tra Cavs e Warriors. Qualche giorno fa avevamo stilato una lista di motivi per i quali potrebbero essere i campioni in carica a riconfermarsi tali, ma per ogni punto a favore degli uomini dell’Ohio ce n’è uno che propende dalla parte di Golden State, chiamata a trovare il suo lieto fine dopo la clamorosa rimonta subita lo scorso anno.

RIVINCITA – Ed è proprio questa la prima considerazione che va fatta quando si parla delle Finals che tanto abbiamo aspettato: gara-7 dell’edizione 2016 non ha mai smesso di far male ai ragazzi di Kerr. Essere in vantaggio di 3-1 e fallire tre consecutivi match point, seppur con tutte le attenuanti del caso, non è qualcosa che può essere dimenticato tanto facilmente e la voglia di rivalsa può essere la base da cui ripartire stanotte. Attenzione però a non caricare la sfida con i Cavs di un valore emozionale eccessivo, perché si rischia che il desiderio di prendersi la propria vendetta sportiva si riveli una sanguinosa arma a doppio taglio. Le parole di Green a questo proposito (“Se dovessimo incontrare Cleveland voglio distruggerli, annichilirli”), quando l’accoppiamento finale era ancora del tutto ipotetico, sono esemplificative dello stato d’animo dei Warriors, divisi tra i ricordi della scottante delusione dell’annata passata e la consapevolezza di poter finalmente imporre il proprio dominio sulla maggiore lega cestistica al mondo.

Durant è passato dai Thunder ai Warriors dividendo i fan NBA (Foto: Warriors Instagram)
Durant è passato dai Thunder ai Warriors dividendo i fan NBA (Foto: Warriors Instagram)

LA SCELTA DI DURANT – Non sarà l’unica differenza rispetto alle 7 gare che portarono all’incoronazione dei Cavs, ma la presenza di un fenomeno assoluto come Durant ha sicuramente cambiato le carte in tavola. Il suo arrivo nella Baia ha scatenato mille polemiche spaccando letteralmente in due l’opinione pubblica per mesi e a distanza di un anno è ancora l’argomento più chiacchierato dagli esperti di settore e dai protagonisti della lega (vedasi le dichiarazioni di Doc Rivers rilasciate lo scorso martedì), ma che impatto reale ha avuto sui suoi Warriors? L’ex Thunder ha chiuso la stagione regolare, al netto dell’infortunio che ha fatto tremare i fan della franchigia, con una notevole media punti di 25,1, condita da 8,3 rimbalzi e 4,8 assist non risentendo in termini numerici del passaggio ad una contender così folta di protagonisti in fase offensiva ed anzi emergendo come prima bocca di fuoco negli schemi di Kerr. Ai playoff il suo rendimento nelle 10 gare disputate fino ad ora ha rispecchiato quanto visto durante l’anno, aumentando leggermente la media punti (25,2) e mettendo comunque a referto 7,8 rimbalzi e 3,7 assist al netto della crescita in parallelo di Steph Curry, al massimo del suo potenziale espresso in postseason. Fredde statistiche ma che mostrano come Durant sia un fattore forse ancora più fondamentale rispetto alle aspettative. A fare da contrappeso c’è però la sensazione che la sua scelta verrà giustificata solo da un’eventuale vittoria finale, ottenendo quell’anello tanto desiderato da portarlo a “tradire” la franchigia a cui ha dato tutto dall’inizio della sua carriera NBA e che sarà sicuramente uno stimolo in più rispetto agli avversari, in un discorso analogo a quello che si poteva fare sulle motivazioni di LeBron nelle Finals passate.

GLI IMBATTIBILI – Potrebbe davvero essere questo il nuovo soprannome dei Warriors attuali? Per adesso qualsiasi ostacolo si sia posto di fronte agli uomini di Steve Kerr è stato letteralmente spazzato via, non lasciando neanche le briciole ad una Western Conference che ha dovuto assistere impotente al cammino verso le Finals. Nessuna sconfitta nei tre turni dei playoff, per la prima volta nella storia da quando tutti i turni eliminatori vengono giocati al meglio delle sette partite, anticipati dai Lakers di Magic prima e da quelli di Kobe e Shaq poi. Epiloghi completamente agli antipodi per la franchigia losangelina che al termine degli anni ’80 arrivò indenne alle Finals per poi essere strapazzata dai Bad Boys di Detroit (4-0 netto e titolo ai Pistons), mentre il percorso vissuto per inaugurare il nuovo millennio è culminato con una trionfante vittoria ai danni di Iverson e dei 76ers, con la sconfitta clamorosa in gara-1 che venne completamente ribaltata nelle quattro sfide successive. L’errore fatale potrebbe essere crogiolarsi troppo in questi record sicuramente importanti ma che restano legati a nulla di concreto, sia perché gli avversari provenienti dall’est hanno il proprio record appesantito da una sola sconfitta, sia perché è passato poco più di un anno dallo storico 73-9 di regular season (altro record da iscrivere negli annali) che è tuttavia naufragato di fronte all’onnipotenza di King LeBron.

LA RIVALSA DEL WEST – Dopo anni di supremazia per quanto riguarda la competitività, la Western Conference si ritrova di fronte ad una situazione delicata: i Warriors hanno annichilito le migliori squadre del tabellone senza dare possibilità di controbattere. Eppure le premesse per questi playoff erano completamente diverse, laddove nonostante il primato di Golden State si trovavano a poca distanza almeno le texane Rockets e Spurs, senza considerare la sorpresa assoluta di Utah ed i sempre competitivi Clippers. Il team guidato da Harden e D’Antoni (medaglia di bronzo per la regular season ad ovest) forte delle sue 55 vittorie stagionali precede in un’ipotetica classifica globale addirittura Boston e Cleveland, ferme rispettivamente a 53 e 51 vittorie. La risposta che un trionfo schiacciante dei Warriors deve dare è che la franchigia sia davvero superiore al livello medio della lega e che più di avere un cammino facile, semplicemente siano una squadra al momento inarrestabile per chiunque. In caso contrario sarebbe una vera e propria disfatta per la media qualitativa della Conference, soprattutto tenuto conto del differenziale con cui le due finaliste arrivano alla gara di stanotte, per il quale gli uomini della baia non hanno praticamente mai avuto un risultato finale in discussione (198 punti di vantaggio guadagnati nelle 12 gare disputate) al contrario di una Cleveland in alcune occasioni vittoriosa in gare in bilico durante i playoff e con un +177 arricchito dal massacro perpetuato a Boston in gara-2.

Curry accetterà uno stipendio minore per i Warriors? (Foto: warriors Instagram)
Curry accetterà uno stipendio minore per i Warriors? (Foto: warriors Instagram)

ORA O MAI PIÙ – Il voler creare un roster pieno zeppo di materiale da All-Star comporta parecchi rischi dal punto di vista principalmente economico e quando questa decisione è stata presa, la franchigia aveva sicuramente valutato che l’obiettivo doveva essere vincere nell’immediato. L’attuale situazione del roster permette ancora di poter rientrare nei parametri del salary cap (che aumenterà ulteriormente dalla prossima stagione), seppur la scorsa estate per concretizzare il tutto sia stata smantellata buona parte della panchina, ma una volta concluse le Finals una vera e propria tempesta contrattuale si abbatterà sulla Baia di San Francisco. Saranno infatti solo in 5 quelli ad avere ancora un contratto valido (Thompson, Green, Jones, Looney e McCaw), a cui si potrebbe aggiungere Durant forte della sua player option, ma tutto il resto è semplicemente un’incognita. Il primo con cui ci si dovrà sedere al tavolo delle trattative è Steph Curry, volto principale della franchigia ma con ancora un contratto da 12 milioni a stagione che dovrà essere quantomeno raddoppiato se non più e seppure fino ad oggi ci sia sempre stata forte sicurezza di continuare il rapporto, le cifre che la dirigenza Golden State arriverebbe ad offrire potrebbero anche deludere le aspettative del due volte MVP. Molto probabile è invece l’addio di Andre Iguodala, attualmente sullo stesso livello contrattuale di Curry e difficilmente pronto a decurtare ulteriormente l’ingaggio nella seconda parte della sua carriera, mentre non ci sono certezze sulla conferma di Zaza Pachulia, che potrebbe avanzare serie richieste dopo l’ottima stagione disputata. A tranquillizzare i fan ci ha pensato nelle ultime ore proprio Kevin Durant, confessando di star valutando una rinegoziazione del contratto votata al ribasso per dare la possibilità ai Warriors di far quadrare i conti, ma i punti di domanda sul loro futuro sono troppi per permettersi di fallire l’assalto al titolo NBA.

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Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone