NBA FINALS MATCHUPS - Curry vs Irving
Golden State Warriors-Cleveland Cavaliers sarà anche, se non soprattutto, Stephen Curry contro LeBron James. E siamo tutti d’accordo. Tuttavia si tratterà di un duello a distanza. Atteso, stimolante spettacoloso finché si vuole, ma pur sempre a distanza. Perché, guardando al campo, giudice supremo, l’avversario diretto dell’attuale Mvp non sarà il conterraneo di Akron, bensì qualcuno nato giusto qualche miglio più in là. In Australia per essere precisi.
Toccherà a Kyrie Irving, infatti, provare a contenere (fermare è un verbo non coniugabile quando si parla del numero 30) le iniziative del figlio di Dell. Provando, al contempo, a fargli spendere qualche goccia di sudore in più in fase difensiva in modo da togliergli lucidità nell’altra metà campo. Più facile a dirsi che a farsi, soprattutto per un giocatore che in questi playoff, complice qualche problema fisico di troppo, ha visto le sue cifre abbassarsi rispetto alla regular season. Non solo in termini di punti (18.5 contro 21.7) e assist (3.7/5.2), ma anche in termini di palle rubate (1.1/1.5, nonostante, nelle ultime dieci partite giocate, la media si sia alzata a 2.6). Vale a dire lo strumento principale per armare un contropiede che, poi, LeBron dovrà esser bravo a gestire da par suo. E lo dimostrano proprio le due gare stagionali contro Golden State, quando parte delle 2.5 steals di Irving si tradussero, almeno per quanto riguarda la gara del 26 febbraio, in un quarantello facile facile del 23. Se a ciò aggiungiamo i 23.5 punti (pur con il 37.5 % dal campo) e i 3 assist di media (sempre contro i gialloblù) ci sarebbero tutti gli ingredienti per assistere a una grande prova del prodotto di Duke sui due lati del campo. Condizionale quanto mai d’obbligo, soprattutto perché Kyrie ha dimostrato di soffrire, paradossalmente, quei giocatori che gli sono simili per ball handling e visione periferica del gioco. La perfetta descrizione di Curry, con in più un tiro perimetrale attualmente senza eguali e le pressoché infinite possibilità di crearsi dal nulla un tiro dal palleggio. Senza contare l’impossibilità di far valere qualsivoglia missmatch a livello fisico, trattandosi di due equipollenti sul piano dell’altezza e del peso.
E per quanto riguarda Curry? Detto che il livello del suo gioco, se possibile, si è ulteriormente alzato rispetto alla stagione regolare (29.2 punti a partita contro i 23.8 fatti registrare da novembre ad aprile), va fatto notare come contro i Cavs il fenomeno dei Warriros abbia faticato non poco, considerando i 20.5 punti a partita tirando con poco più del 40% dal campo. E, in entrambi i precedenti stagionali, l’avversario diretto era proprio Kyrie Irving. Che, quindi, da qualche parte ha nascosta la valigetta con i codici segreti per dare filo da torcere al prodotto di Davidson. Eppure, se la serie contro i Rockets ha insegnato qualcosa (a noi e a lui), non si può non concordare sul fatto che Curry abbia progressivamente imparato a non farsi depistare sul crossover dal dirimpettaio di turno. Vale per Harden (sebbene con la fattiva e decisiva collaborazione di Klay Thompson) come per il numero 2 di Cleveland che, tra l’altro, non sembra amare particolarmente la soluzione che prevede la conclusione dietro l’arco, nonostante l’ottimo 48.1% fatto registrare in post season.
Difensivamente parlando, quindi, la chiave per entrambi i contendenti sarà quella di anticipare le mosse dell’avversario, costringendolo alle scelte offensive che predilige di meno: quindi tiro da fuori per Irving, conclsioni forzate (magari in penetrazione, portandolo sul lato di LeBron) per Curry.
Ma, come detto all’inizio, il talento non si può fermare, ma soltanto ingabbiare per un tempo brevissimo. E questi due, di talento, ne hanno da vendere.