Milos Teodosic, il fascino letale dell'incompiutezza di un genio
L’insano fascino dell’incompiutezza. Il poter fare, il saper fare, e non fare mai. Il poter essere, il saper essere, e non essere mai. La faccia da ragazzo del coro e il look da quinto Beatle. Gli occhi che, prerogativa di ogni genio, sembrano sapere tutto di te e riescono a non farti capire nulla di lui. Un’infanzia passata tra il non troppo dolce suono delle bombe scagliate quotidianamente a Valjevo, città serba al confine con la Bosnia dove Milos è cresciuto. E’ un eterno paradosso la vita di Milos Teodosic. Avete presente gli eroi buoni dei cartoni animati? Quelli che vivono sempre all’ombra e poi alla fine si tirano fuori dai guai con una prodezza o una magia? Milos è sempre stato l’esatto contrario. Una vita da rockstar, nel pub la sera con gli amici e nel parquet. Sempre alla ricerca del colpo ad effetto, a prescindere dall’utilità. Un genio conosce solo un tipo di utilità, la bellezza. Il vero Dorian Gray dello sport moderno, se ce n’è uno. Con il suo quadro perennemente riposto nello spogliatoio, o dietro le quinte, lontano dalle luci della ribalta, con il quale fa i conti dopo ogni sconfitta, dopo ogni treno che passa ed inesorabilmente va via. Il suo Cristo personale disposto sempre a perdonarlo. Come l’Albatros di Baudelaire, le grandi ali del suo talento sono la sua forza quando si libra nel cielo del suo mondo parallelo, fatto di assist visionari, di canestri impossibili, di una fantasia al potere che sembra Matisse con un parquet a disposizione, ma quelle stesse ali del suo talento, così pesanti, sono per lui un fardello troppo grande da portare quando si torna nella cruda realtà, fatta di scelte, di responsabilità, di tiri decisivi con il gomito in faccia, di coppe da alzare, di numeri, così cinici e insopportabili. Milos Teodosic, parafrasando Dalì, la mattina guardandosi allo specchio ha sempre amato essere Milos Teodosic. Talmente affascinato, e forse annoiato, dalla sua immensa classe che una volta scelto dall’NBA chiese un contratto stratosferico a Memphis, che rifiutò e virò su un certo Mike Conley. Ma lui è così, preferisce essere re all’inferno che schiavo in paradiso, deve essere l’animale più uguale degli altri nella democratica fattoria che ogni squadra rappresenta. Milos è come quella ragazza bellissima che non ti promette ne amore ne fedeltà, ma che riesce ogni volta a sorprenderti e a regalarti emozioni. E per noi romantici che viviamo di emozioni, in un mondo così cinico, fatto di numeri e certezze, ci vorrebbe sempre un Milos Teodosic, capace di farci toccare quelle note altissime col rischio di stonare, capace di prenderci per mano e farci camminare su quel filo impercettibile chiamato rischio che divide trionfo e disfatta.