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Michael Jordan e il 1997/98: "Sapevamo tutti che sarebbe stato l'ultimo anno assieme"

Gli appassionati di tutto il mondo fremono nell’attesa di ‘The Last Dance‘, il serie di documentari (cinque in totale) di ESPN sulla stagione 1997/98 dei Chicago Bulls e di Michael Jordan, che andrà in onda per la prima volta a partire da domenica sera. Nella giornata di ieri, ospite di Robin Roberts su Good Morning America, Jordan ha parlato proprio di quella sua ultima annata in maglia Bulls.

È stata una stagione molto difficile” – esordisce MJ – “Tutti sapevamo che sarebbe stato l’ultimo anno assieme ed abbiamo provato a godercelo. Tutto era chiaro fin dall’inizio della stagione, quando Jerry Krause (GM di quei Bulls) disse a Phil (Jackson, ndr) che, anche concludendo la stagione con un record di 82-0, non sarebbe mai e poi mai confermato per l’annata successiva“.

Sapendo tutto ciò, sposai totalmente la sua causa e, se lui non sarebbe stato più l’allenatore, allora ovviamente io non avrei più giocato” – continua – “Fu proprio Phil a chiamare quella stagione ‘The Last Dance’, e noi la vivemmo proprio in quel modo, consapevoli che sarebbe stata l’ultima volta. Certo, questo può anche spingerti a mollare un pò… Al contrario, questa certezza ci ha aiutato a focalizzarci sul nostro obiettivo, ovvero chiudere in bellezza“.

In ‘The Last Dance’ ci sarà molto spazio anche per la vita ‘universitaria’ di Michael Jordan a UNC. A tal proposito, e parlando della finale NCAA del 1982 vinta a New Orleans dai suoi Tar Heels, contro gli Hoyas di Georgetown e di Patrick Ewing, grazie ad un suo tiro vincente, MJ sottolinea che quello fu il momento in cui Mike Jordan passò ad essere Michael Jordan.

Prima di quel momento nessuno sapeva chi fossi” – racconta Jordan – “Al di fuori dell’università ero conosciuto solo come ‘Mike Jordan’. Dopo aver realizzato quel tiro nella finale del 1982, però, tutti di colpo impararono il mio nome completo, ‘Michael Jordan’. Tanti negli States impararono il mio nome“.

Determinazione e perseveranza sono stati due lati del carattere sempre presenti durante la sua carriera. L’esempio dei genitori, sostiene Jordan, è stato fondamentale in tal senso: “Mio papà lavorò per anni alla General Electric, girando in lungo e in largo il sud del North Carolina e cercando di provvedere al sostentamento della sua famiglia. Mia mamma lavorava in banca ed anche per Corning Glass. Erano persone che lavoravano duramente e hanno trasmesso tutto ciò non solo a me, ma anche ai miei fratelli e sorelle“.

Ho imparato tanto dal loro modo di vivere, al punto che è diventato parte integrante del mio essere. Di fronte ad una cosa negativa, io la guardo sempre con l’intento di trasformarla in una positiva” – conclude Jordan – “E ai miei figli provo ad insegnare lo stesso: prendi quell’aspetto negativo, impara da esso e trasformalo in uno positivo. Devo tutto ciò ai miei genitori“.

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Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone