Messina: "Spurs come una famiglia, Popovich è il numero uno. Un piacere ritrovare Marco"
A poche ore dalla prima palla a due della stagione regolare, Ettore Messina, nuovo primo assistente tutto europeo degli Spurs campioni in carica, si racconta a La Stampa in vista della sua seconda ed emozionante stagione in NBA, passato dalla sempre festante Los Angeles al Texas della San Antonio operaia e lavoratrice, protagonista di uno dei progetti più vincenti dello sport moderno.
GLI SPURS – “Gli Spurs rappresentano San Antonio, per vedere un’altra squadra bisogna andare all’università di Austin.
C’è enorme senso di appartenenza qui: all’inaugurazione del precampionato, con un match esibizione, sono venute a vederci 10 mila persone.
La grande curiosità è vedere come un gruppo così forte può ricominciare dopo aver vinto il titolo; non c’è nulla di automatico tra un anno e l’altro, perché c’è chi pensa di essere più indispensabile, chi più contento, chi ha bisogno di essere sfidato, chi lasciato più tranquillo. Popovich è il numero uno in questo tipo di analisi.
È una persona di grande cultura che non ama prendersi sul serio; è molto esigente, attento ai minimi dettagli tecnici e umani: ti fa sentire la sua presenza come pressione ma anche come stimolo partita dopo partita”.
IL PASSATO A L.A. – “Ai Lakers eravamo uno staff completamente nuovo, qui c’è gente che sta insieme da anni e il capo allenatore è da diciannove anni qui.
È come entrare in una grande università dove i giocatori simbolo sono come quelli al 4° anno che insegnano la strada a chi viene dopo. San Antonio è una macchina che va già a pieno regime, bisogna entrarci dentro soprattutto per imparare le relazioni interne, sia tecniche sia umane e politiche”.
ETTORE E MARCO – “Ritrovare Belinelli qui è un grande piacere: Marco è un ragazzo in gamba, che a livello Nba si è fatto da solo e non deve ringraziare nessuno per quello che ha saputo conquistarsi.
In questa squadra ci sono 9 giocatori stranieri, il che mi aiuta non poco; con alcuni è stato come riallacciare un filo.
Popovich, Ginobili, Belinelli e Splitter mi hanno aiutato molto ad integrarmi col gruppo, mostrandomi davanti a tutti una forma di rispetto che induce i suoi compagni a seguire il suo esempio”.
Fonte: La Stampa