Marco Calvani: "L'Italia ha le carte in regole per arrivare fino in fondo, ma la favorita è la Serbia"
Finita la fase a gironi, giusto un giorno di riposo e domani, per la gioia degli appassionati, si riparte con gli ottavi di finale. Per l’Italia, un giorno in più di sosta: domenica 13, alle ore 18:30, gli azzurri si giocheranno l’accesso ai quarti di finale contro Israele. Così, per fare un bilancio di queste prime cinque partite, ci siamo rivolti a Marco Calvani (coach di Roma e di Datome nelle finali scudetto del 2013, ndr) e ai suoi 36 anni di esperienza in panchina.
Coach, l’Italia chiude il girone con tre vittorie e due sconfitte. Per le aspettative di tutti su questo gruppo, possiamo ritenerci soddisfatti?
“Assolutamente sì, il girone dell’Italia era quello più complesso di tutto l’Europeo e il risultato è stato positivo. La partita contro la Serbia, poi, non va considerata: non potevamo mai essere al loro livello dal momento che, correttamente, si è deciso di risparmiare Belinelli e tenere più a riposo Gallinari e Bargnani. E comunque siamo riusciti ad essere in partita per due tempi e mezzo.”
In vista della fase finale, cos’è che non va ancora in questa Nazionale?
“Credo che nessuno di noi, che guardiamo l’Europeo dalla poltrona, seppur con occhio critico, sia nelle condizioni di poter dare sentenze. Non sappiamo le scelte né abbiamo seguito il tipo di lavoro svolto da Pianigiani, per cui saremmo solo presuntuosi.”
Allora parliamo delle cose buone che hanno fatto vedere gli azzurri.
“Innanzitutto, abbiamo mostrato tantissima qualità e soprattutto maturità: nella nostra squadra convivono diversi leader, che hanno saputo creare un’ottima sinergia anche con giocatori più giovani, ma pronti a questo tipo di partite, come Gentile. La squadra ha risorse importanti in tutti i reparti, anche se forse soffriamo la mancanza di un centro puro e di livello, senza nulla togliere a Cusin che sta giocando ad alti livelli.”
Per la fase finale, siamo stati accoppiati con Israele. Oltre al classico “non sottovalutiamo l’avversario”, cos’altro possiamo dire?
“Bisogna cominciare subito ad una certa intensità, perché Israele è una squadra tosta e l’ha fatto vedere. Ha un organico collaudato, con soluzioni perimetrali e sotto canestro. L’esempio migliore è D’or Fischer, giocatore atipico per il gioco che ha, visto che preferisce essere fronte a canestro, e al tempo stesso è anche un tiratore.”
Possiamo essere fiduciosi, quindi.
“Sì, è tutto nella nostra testa. Essendo una partita da dentro o fuori ci servirà solidità mentale e convinzione. Sono due fattori determinanti. Di qualità ne abbiamo tanta, dobbiamo solo saperci gestire.”
Germania e Islanda sono due volti differenti di movimenti cestistici che forse non avranno futuro, ma che ci hanno fatto divertire parecchio.
“Già, anche se non nascondo che la Germania mi ha deluso molto. Non tutte le squadre possono puntare su un asse play-pivot come Schroeder e Nowitzki, con giocatori come Benzing e Schaffartzik. L’Islanda ha incantato tutti con il suo entusiasmo e con un gioco così estremo e diverso ha dimostrato di poter competere ad altissimo livello anche senza lunghi. La conseguenza è che hanno fatto un uso esasperato del tiro da tre, ma è il loro tratto distintivo e, pur volendo, non avrebbero potuto farne a meno. Per il futuro, chi può dirlo, molto dipende dalle annate giuste, come quella attuale dell’Italia. Germania e Islanda dovranno trovare nuovi Nowitzki e Stefansson, ma le idee sono buone, specialmente per gli islandesi, che possono migliorarsi e fare davvero bene.”
Tutte le pretendenti per la vittoria finale hanno guadagnato il pass per la fase finale. Volendo restringere il campo a Italia, Francia, Spagna, Serbia e Lituania, ci serve una favorita.
“E’ molto difficile individuarne una, perché ci sono troppi fattori che possono determinare una partita, specialmente a questi livelli. La Francia non mi ha ancora convinto; le qualità non mancano, ma ancora non mi pare che abbiano raggiunto una totale compattezza come gruppo, e questo è fondamentale. Cosa che invece ha la Serbia, che rispetto alle altre squadre ha proprio una mentalità differente. Partono con un gruppo, comprensivo di allenatore, che è molto coeso. Basti pensare a quanto è successo nel raduno con Teodosic (allontanato nel corso di un allenamento, ndr) o l’anno scorso con Micov, che fu lasciato a casa prima dei Mondiali di Spagna. Parlai con Djordjevic, gli dissi che aveva fatto la scelta giusta e lui mi rispose che era stata una decisione difficile, ma inevitabile. Per cui, se avessi un euro da puntare, lo metterei sulla Serbia.”