Los Angeles Lakers, comincia oggi la vera ricostruzione?
Anno I di Luke Walton come capo allenatore. Il che significa ennesima ripartenza da zero di una squadra che, dal 2010, di Lakers ha solo il nome. Il resto è stato azzerato da un progetto tecnico scadente, che ha portato ad un bailamme di allenatori (Brown, D’Antoni, Scott) senza soluzione di continuità. La scelta dell’ex delfino di Steve Kerr, però, potrrebbe essere un significativo turning point nella storia recente della franchigia: per la prima volta sembra si punti su un progetto a medio-lungo termine piuttosto che sulla navigazione a vista che, in Nba, non paga mai dividendi significativi.
DOVE L’ABBIAMO LASCIATA – Ad un 17-65 che ha visto lo zenit nell’ultima gara allo Staples Center contro i Jazz, con Kobe Bryant che ha sessantelleggiato nel giorno dell’addio. Il restante disastro è stato solo parzialmente oscurato dal farewell tour del Mamba, il cui contrattone da 40 e passa milioni per gli ultimi due anni è stato visto da qualcuno come la causa principale di una mancata svolta sul piano progettuale. Vero, ma fino a un certo punto.
IL MERCATO ESTIVO – Dal Draft è arrivato Ingram (il meglio da poter prendere dopo Simmons) e in free agency il colpo principale è stato rappresentato da Mozgov. Il resto sono state pure operazioni di contorno, talune logiche (Calderon), altre in puro Lakers style (Yi Jianlian), altre ancora in totale prospettiva (Ivica Zubac). Il rientro di Metta World Peace potrà garantire minuti (quanti?) di esperienza e qualità in fase difensiva, così come resta da vedere quanto e come sarà impiegato Luol Deng, bravo sì ma non più di primissimo pelo.
L’UOMO FRANCHIGIA – Per la prima volta negli ultimi vent’anni manca un vero e proprio go to guy. Il roster dei Lakers è un mix (non si sa ancora quanto giusto) tra talento (giovane) ed esperienza, pur brillando per assenza di qualcuno che abbia potenzialmente 30 o più punti nelle mani. Per questo l’uomo in più, per una volta, potrebbe essere quello seduto in panchina. A patto che gli venga dato tempo per provare, sperimentare e, eventualmente, sbagliare. E, in tal senso, la preseason ha già fornito segnali incoraggianti: rotazioni difensive nei tempi giusti, spaziature corrette, p&r eseguiti alla perfezione, con i giocatori non coinvolti nelle giuste posizioni. I tempi della side-line triangle saranno pur lontani ma è sempre piacevole vedere una squadra che si mette a giocare come tale.
A COSA PUNTARE – I playoff non sono realisticamente alla portata, tanto più che nel Wild Wild West alle volte non basta nemmeno un 50% di vittorie. Quindi tanto vale settarsi in modalità patience ed aspettare la crescita di un gruppo che ha potenzialità ma non nell’immediato e, soprattutto, non tali da poter immaginare fin da subito oltre 40 W stagionali.
IL PRONOSTICO – Un onesto 35-47 costituisce la visione ottimistica. Il lato oscuro è prodromico a un 30-52 che non sarebbe comunque da disprezzare, tanto più alla luce del 38-126 sotto Byron Scott.