L'EDITORIALE - Tra Harden, Howard e una mentalità da cambiare: il caso Houston
Stessa serie, stesso risultato, ma esito e posta in palio differenti. E’ stato ancora 4-1, contro gli indomabili Golden State Warriors, ma stavolta per Houston la sconfitta li ha fermati al primo turno dei Playoff, e non alle finali di conference com’era successo lo scorso anno. Un epilogo tutto sommato meritato, per i Rockets, che già durante l’anno non hanno legittimato appieno, per quanto fatto vedere la propria candidatura in post-season.
Interrogarsi sulle cause è il primo passo per capire da cosa ripartire e, poi, in che direzione muoversi. In cima alla lista, c’è quella umana. I dissidi parzialmente attenuati, scoppiati tra Harden e Howard nel corso dell’anno, hanno disunito una squadra senza guida. In campo, il Barba non ha ancora trovato la mentalità giusta per affrontare le partite: le cifre contano relativamente, perché essere la principale e più efficace soluzione offensiva non vuol dire esserne l’unica. A lungo andare, contro organici che hanno un’identità tattica consolidata e collaudata, come i Warriors, non ci potrà mai essere un confronto equilibrato. Inoltre, l’aver compreso di essere in un anno di transizione, ha contribuito a fargli scemare un’attitudine difensiva già di per sé subalterna, che costituisce, ad oggi, il più grande limite del giocatore ex Thunder. Un atteggiamento del genere, proposto dal leader della squadra, non può di certo giovare sui compagni. Il resto del roster, peraltro, non è esente da appunti. Beverley si è ripreso il posto di titolare per la manifesta incompatibilità di Lawson, Smith resta sempre più un’incognita, Motiejunas è stato martoriato dagli infortuni. E poi c’è Howard.
Ciò che è emerso dalle sue ultime apparizioni va in direzioni opposte. Da un lato, è chiaro che non può essere più testata d’angolo in una squadra, per cui il tempo del massimo salariale sembra essere giunto al termine, anche per le condizioni di salute non troppo stabili. Resta, tuttavia, un ottimo secondo-terzo violino e nel pitturato sa dire ancora la sua. Il problema annoso dei tiri liberi fa parte del pacchetto. Il ritorno a Orlando, la scommessa Milwaukee e la rivelazione Portland restano le tre vie che al momento si sono delineate per lui, nel momento in cui decidesse di uscire dal contratto che lo legherebbe ai Rockets anche per la prossima stagione. Delle citate, i Blazers sembrano avere la base migliore su cui lavorare anche per il futuro; anche se, nel caso in cui fosse disposto a ridursi lo stipendio, i Dallas Mavericks avrebbero un disperato bisogno di un centro come lui e potrebbero offrirgli l’opportunità di un altro tango in primavera.
Tornando alla franchigia, la ricostruzione totale va esclusa. Il roster dà l’impressione di dover essere puntellato con acquisti mirati, che possano ridare stabilità ed equilibrio, e non che sia totalmente da rifondare. Daryl Morey, gm dei Rockets, dovrà lavorare meglio delle precedenti stagioni; ha già detto, negli scorsi giorni, che si riparte da Harden. E fin qui ci siamo. Ma, in primis, alla squadra occorre un playmaker di ruolo. Beverley non ha la visione di gioco necessaria per poter dare alla squadra un’opzione differente da un penetra-scarica. In questo senso, però, i nomi in free agency non sono molti; forse, il solo DJ Augustin, che potrebbe facilmente non rinnovare con i Nuggets, sembra essere il profilo giusto. Per quanto riguarda il centro, che dovrà rimpiazzare Howard, finché non ci sarà l’insediamento del nuovo head coach, sarà davvero complicato poter trovare qualche serio indiziato. Ammesso che si avrà il romantico ritorno di Jeff Van Gundy, di certo non ci sarà quello di Yao. Trovare un giocatore difensivamente efficace, mortifero sotto canestro ed educato dalla lunetta, come il cinese, è piuttosto complesso. E tra i nomi in free agency, dove nel ruolo spicca quello di Horford, non sembra esserci nessun candidato con queste caratteristiche. Quindi, questo, resta un punto interrogativo.
Qualche innesto di una certa esperienza, capace di poter tracciare la strada da seguire mantenendo la squadra unita, servirebbe forse più di tanti altri. La maturazione di Harden tarda ad arrivare e sarebbe miope sperarci ancora. Pertanto, il lavoro di Morey si prospetta decisamente complicato, ma i Rockets, perlomeno, restano padroni del proprio destino.