L'EDITORIALE - Houston, adesso il problema ce l'hanno gli altri
Potranno essere un po’ troppo individualisti. Potranno sembrare poco quadrati in difesa, specialmente l’anno scorso quando Harden (attualmente primo per media punti) si rifiutava di difendere in stile Rondo ai playoff del 2012. Fatto sta che McHale, fresco di rinnovo per i prossimi tre anni, col tempo e il lavoro ha ridotto al minimo tutti questi difetti, rendendo i Rockets una seria contender almeno per le finali ad Ovest.
Il problema, infatti, era tutto nella post-season. La scorsa stagione è stata una débacle totale: uscire al primo turno contro Portland che ha espugnato il Toyota Center con troppa facilità, dopo aver concluso la regular season al quarto posto. Tutto troppo facile per i Blazers.
Quest’anno, tutta un’altra musica. Oltre ai difetti tecnico-tattici a cui è stata data una bella regolata, anche una trade ottima e un colpo di fortuna hanno spianato la via ai Rockets per ambire ancora più in alto.
L’ipotesi tanking che ha colpito i Timberwolves dopo l’addio di Love si è fatta ancora più consistente con gli infortuni di Martin e Rubio, pilastri della squadra. Quando la dirigenza texana ha sondato il terreno per Brewer, la risposta è stata affermativa. Così, con un paio di trasferimenti degni del miglior videogioco, a Houston è arrivato proprio Corey, che sarà con ogni probabilità il sesto uomo della franchigia.
Il vero colpo, però, è stato quella della vigilia di Natale. A Detroit si naviga nella melma e Van Gundy ha dovuto fare una scelta dolorosa (ma non troppo): tagliare Josh Smith. L’ala aveva ancora due anni di contratto per un totale di 26 milioni di dollari, ma grazie ai regolamenti NBA ai Pistons è stato concesso di spalmare la cifra in 5 anni così da alleggerire il libro paga: non più 13 ma poco più di 5 milioni all’anno. Questo ha permesso ai Rockets di proporre a Smith un biennale a cifre pressoché irrisorie e di formare un frontcourt elitario con Dwight Howard. La trade sembra che abbia soddisfatto tutti: Detroit è tornata a vincere (rispolverando Monroe) e Smith si è presentato con 20 punti. Una risposta eccellente a Dallas, che con l’arrivo di Rondo si era proposta come un’altra pretendente da tenere in serissima considerazione per l’anello.
Dunque, adesso il problema ce l’ha chi li affronta. Il tema “individualismo” torna ad essere d’attualità, ma un uomo di polso come McHale, che predica un basket di facile applicazione del pick&roll, sembra già aver trovato la giusta quadratura per una squadra che non fa altro che mettere tanto, ma tanto pepe sulla corsa alle Finals.
Il famoso quid per eccellere che sembrava mancare a questi Rockets, sulla carta appare ormai soppiantato dai nuovi innesti.
Avversari che partono vincitori, contro di loro, non ce ne sono. Anzi: hanno un problema. Un serissimo problema.