L'EDITORIALE - Durant or not Durant? That is the question
Siamo sinceri, avere una squadra da All-Star con cui fare la regular season fa venire l’acquolina. Se poi nella stessa squadra ci giocassero l’MVP 2014 e quello probabile del 2015, allora, quasi quasi viene da prendere la calcolatrice alla mano per far quadrare i conti. Anche se, con la squadra attuale, hai fatto 67-15. Insomma, fresco di riconoscimento come Executive of the Year, Bob Myers (gm dei Warriors) sta facendo un pensierino per vincerlo anche nel 2017.
Un’intervista rilasciata da Mychal Thompson, papà di Klay, a ESPN parla di un interessamento dei Warriors per firmare Kevin Durant nel 2016. Ed effettivamente le prerogative per creare un dream team ci sono.
I Thunder, infatti, hanno licenziato Scott Brooks e assunto Billy Donovan (ex coach dei Gators, ndr) come nuovo capo-allenatore. Se Donovan non riuscisse a instaurare una buona relazione con Durant o se comunque i Thunder continuassero a fare fatica durante la regular season, l’ala nativa di Washington potrebbe fare un serio pensierino a sondare la free agency del 2016, quando gli scadrà il contratto che lo porterà a guadagnare 21 milioni nella prossima (e ultima) stagione.
(La questione l’abbiamo approfondita qui: https://www.nba24.it/wordpress/2015/05/02/okc-thunder-donovan-per-spiccare-il-volo-ma-senza-durant-2/)
In cima alla lista delle pretendenti, ci sono i Wizards, che possono fare leva sul patriottismo mai nascosto di KD (anche perché questa è una cosa che ultimamente va di moda, vedere LBJ) e i Lakers, alla disperata ricerca di un nuovo volto da dipingere in gialloviola per provare a uscire da quel barile ormai sfondato, a furia di averne raschiato il fondo. E a questo punto, anche i Warriors. Dal punto di vista salariale, il tutto è possibile perché con ogni probabilità Golden State non rinnoverà David Lee, che nel 2016 vedrà scadere il suo contrattino da 15 milioni. Il vuoto lasciato dal lungo, oltre all’innalzamento del tetto stipendi, consentirebbe ai Warriors di avere lo spazio necessario per offrire un contratto degno di nota a KD, magari provando ad infilare Bogut in qualche trade per accontentare le pretese dell’MVP in carica.
Ovviamente, il rovescio della medaglia c’è, ed è significativo. Infatti, oltre a dover trovare un sostituto decente di Bogut, perché Ezeli tutto sommato è una buona riserva e nulla più, per il 2016 Golden State potrebbe perdere due tasselli fondamentali, la cui crescita è probabilmente il vero x-factor che li ha accompagnati per la stagione da 67 vittorie. Parliamo, ovviamente, di Draymond Green e Harrison Barnes. Un supporting cast migliore, per gli Splash Brothers, non poteva esserci. Ma che, con giusto motivo, vorranno vedere un ottimo assegno ogni fine mese, migliore sicuramente di quello attuale. Green guadagna meno di un milione all’anno e al termine di questa stagione sarà free agent; per Barnes (che prende poco più di 3 milioni), invece, Golden State dovrà pareggiare l’offerta più alta nel 2016. Tenerli vuol dire rinunciare al sogno di veder giocare insieme i due col rilascio di palla più bello del pianeta, ma probabilmente significherebbe anche mantenere vivo un assetto di squadra che, per un progetto a lungo termine, potrebbe essere la scelta migliore.
Dunque, la squadra o i fenomeni? Chi può dirlo. Di fatto, però, prendere Durant vuol dire smantellare tutto. Non prenderlo vuol dire provare a migliorare la solidissima e preesistente base, il cui fenomeno non accentra il gioco ma è l’ingranaggio più prezioso di questo. Ne dovranno tenere conto, Myers e Kerr. Infatti, dopo le dovute elucubrazioni, il quadro è chiaro: va trovato un contesto dove la squadra non viene stravolta, dove il prodotto attuale già funziona bene e che può assecondare le pretese economiche del giocatore. Per farla breve, nel 2016 sarebbe bene vedere KD a DC, in quella rara volta dove ambizioni, soldi e affetto coincidono.