L'EDITORIALE - Bucks e Clippers, ci avevamo creduto. Ma facciamo dietrofront, per il momento
E’ sempre molto gratificante azzeccare un pronostico. Dire “avevo ragione”, quando si riesce a trovare una lettura incomprensibile ai più, ma che poi si rivela inesorabilmente corretta. C’è chi lo chiama carro dei vincitori, tuttavia il significato rimane lo stesso. Ben più complicato, invece, è ammettere di aver preso un clamoroso abbaglio. Specialmente quando magari si fa parte dell’opinionismo, che inevitabilmente finisce per influenzare anche le idee altrui.
Per i motivi appena elencati, dunque, dopo quasi un quarto di stagione, almeno per il momento, siamo costretti a fare dietrofront su un paio di cavalli su cui avevamo puntato con molta convinzione. Il primo, e qui siamo caduti un po’ tutti, sono i Los Angeles Clippers. Una squadra che veramente a volte fa pensare che il problema vero e proprio sia il loro nome. Perché, diciamocelo, stavolta quale sarebbe il problema? L’anno scorso, dopo averli visti ai playoff, il principale nodo da sciogliere era la profondità del roster. Contro i Rockets, le rotazioni di Rivers infatti si fermavano a massimo 8 giocatori. Pochini, dopo una stagione estenuante. Ma Wohl, gm dei californiani, non si è perso d’animo e ha messo su una signora squadra, che ha mantenuto per intero il quintetto e ne ha formato uno secondario per la panchina di tutto rispetto. Più qualche altro elemento di esperienza, come Prigioni, che può ancora prendere qualche minuto.
Solo che quest’avvio di stagione dei Clippers è stato raccapricciante. Diverse buone cose fatte vedere all’inizio, come una bella partita con i Warriors tirata fino alla fine come la maggior parte delle volte quando si affrontano le due squadre. Poi, vuoto totale. E adesso, addirittura, gli angeleni hanno un record vicino al 50%; francamente, era lecito aspettarsi ben più di così, dal momento che era stata presentata nell’Olimpo delle contender a San Antonio e Golden State (e volendo anche i Cavs) che sembrano ancora avere qualcosa in più rispetto a tutte le altre.
Ma chi ci ha lasciato francamente interdetti è Milwaukee. L’anno scorso, complice magari l’enorme numero di infortuni che aveva colpito le rivali (Bosh, Jennings, George sono solamente i più pregiudicanti), si erano resi protagonisti di una grande stagione, nonostante il grave infortunio di Parker. Lui, insieme ad Antetokounmpo e Middleton, formava il trio giovane e promettente, che quest’anno avrebbe dovuto appunto consacrarsi e permettere ai Bucks di affermarsi ad Est. Non solo: l’innesto di Monroe avrebbe anche dovuto fornire quella presenza sotto canestro che prima non era pervenuta con Pachulia. Ciò che principalmente manca alla squadra di Kidd è un’intensità difensiva adeguata. In 10 occasioni su 17, infatti, gli avversari sono riusciti a mettere a referto oltre 100 punti e non sempre questi sono macchine da canestri (vedasi i 122 punti concessi a Washington, i 129 di Sacramento o i 123 di Indiana).
Ovviamente, va fatta la solita premessa: siamo ad inizio stagione, tutto può succedere, è ancora presto per dare giudizi, ecc. Di fatto, però, ci sentivamo di dover rimettere in discussione quanto di buono pensavamo che fossero capaci di fare queste due squadre. Almeno, ribadiamo, per il momento.