LEBRON JAMES – Una vita per il successo
Il 30 Dicembre di 30 anni fa, ad Akron, città dell’Ohio di poco più di 200.000 abitanti (che, tra gli altri, ha dato i natali anche ad un certo Stephen Curry), vedeva la luce LeBron James, destinato a diventare una delle icone di maggior successo della NBA degli anni 2010. Un cammino verso la Hall of Fame partito, possiamo dire, nel 1999, quando un giovane LeBron entra nella squadra di basket della St. Vincent-St. Mary High School, facendosi subito notare come giocatore dominante. Nell’anno da rookie, con 21 punti e 6.2 rimbalzi di media, trascina la sua squadra al titolo di Ohio State Division III, con un record di 23-1. Nel secondo anno, guida la squadra al bis, vincendo anche il titolo di Mr. Basketball for Ohio. Sempre all’high school, diventa il primo cestista, dopo la bellezza di 47 anni, a vincere il titolo di MVP per due anni di seguito. La sua fama è già talmente alta che le partite di LeBron sono seguite da così tanta gente che la sua scuola è costretta a chiedere di utilizzare il palazzetto dell’università più vicina. Non è tutto: anche la famosa rivista Sports Illustrated, nel numero del 18 Febbraio 2002, arriva a dedicargli la copertina, coniando quello che è poi diventato il suo nickname principale, ovvero “The Chosen One” (“Il Prescelto”). L’attenzione nei confronti del ragazzo 17enne cresce esponenzialmente pochi mesi dopo: James è deciso a dichiararsi eleggibile per il Draft 2002, ma la normativa prevede che bisogna quantomeno finire l’high school prima di dichiararsi eleggibili al Draft; per questo motivo, Lebron è sostenuto anche da una petizione per l’adeguamento di questi regolamenti. L’azione non va a buon fine, ma la sua popolarità è a livelli davvero elevati, come dimostra lo share pazzesco ottenuto ad inizio 2003 dalla partita tra Silicon Valley Scale Modelers e Oak Hill Academy: ESPN, la tv che ha trasmesso l’evento, fa sapere che la diretta dell’incontro ha avuto indici d’ascolto secondi solo al ritorno in campo di un certo Michael Jordan.
Dopo aver ottenuto il terzo titolo in quattro anni ed aver sostenuto alcuni allenamenti con i Cleveland Cavaliers (vicenda in seguito alla quale riceverà anche una multa), LeBron viene selezionato come prima scelta assoluta al Draft 2003, proprio dai Cavs. Vince il premio di Rookie of the Year, con una media di 20.5 punti, 5 rimbalzi e 5 assist nelle 79 partite giocate, divenendo il terzo giocatore (dopo Oscar Robertson e Michael Jordan; Tyreke Evans ci riuscirà nel 2009-10) ad ottenere questi numeri al primo anno nella Lega. Con lui in squadra, Cleveland migliora molto, anche se non arrivano i play-off, con un record di 35-47. James è ormai l’uomo franchigia dei Cavs. Partecipa, con la nazionale statunitense, alle Olimpiadi di Atene, dove però arriva solo il bronzo dietro Argentina ed Italia. La stagione 2004-05 vede il miglioramento, nelle statistiche, di LeBron (che diventa anche il più giovane a realizzare una tripla doppia), ma la squadra fallisce ancora l’accesso alla postseason (42-40). Le cose vanno decisamente meglio l’anno seguente, quando James, con una media punti di 31.5 a partita, guida i Cavs al 4° posto ad Est (50-32), realizzando anche quello che, fino alla partita del 3 Marzo 2014 con i Bobcats, risulterà il suo career-high, ovvero 56 punti nella trasferta di Toronto con i Raptors. Divenuto anche il più giovane ad ottenere l’All-Star Game MVP Award, ai Play-Off, la corsa di Cleveland si ferma al secondo turno, sconfitti 4-3 dai Pistons, dopo aver eliminato Washington (4-2). Ai Mondiali nipponici arriva nuovamente il bronzo, stavolta alle spalle di Spagna e Grecia.
Nel 2006-07, i Cavs ottengono, in regular season, lo stesso record dell’anno precedente (52-30), ma in postseason arrivano a sfiorare il sogno di vincere l’anello. Dopo aver messo ko, nell’ordine, Wizards (4-0), Nets (4-2) e Pistons (4-2), i Cavs arrivano a giocarsi il Titolo contro i San Antonio Spurs. Non c’è partita contro i più esperti texani, che trionfano per la 4° volta nella loro storia (4-0). L’annata successiva vede il ragazzo di Akron fregiarsi del titolo di miglior realizzatore della stagione regolare (unico sopra i 30 di media), conclusa dai Cavs al 4° posto nella Eastern (45-37); ai Play-Off, la franchigia dell’Ohio elimina nuovamente i Wizards (4-2), con LeBron che continua a mantenere medie realizzative elevatissime. Al secondo turno, però, Cleveland si trova di fronte i Celtics, dominatori della regular season con un record di 66-16: LeBron tiene a galla praticamente da solo i suoi, trascinando la serie fino a Gara7, nella quale il #23 ne mette a referto, inutilmente, 45, con la vittoria che arride (97-92), ai futuri campioni. La consolazione arriva ai Giochi Olimpici di Pechino, dove c’è la medaglia d’oro. Mentre l’anello continua a sfuggirgli, non altrettanto succede con i riconoscimenti personali: la stagione 2008-09 lo vede conquistare, per la prima volta, il titolo di MVP della regular season, spingendo i suoi Cavs al miglior record della Lega (66-16); nonostante le premesse e due nette vittorie contro Pistons e Hawks (entrambe per 4-0), il cammino dei Cavs si ferma in Finale di Conference, estromessi dai sorprendenti Magic di Dwight Howard (2-4) e nonostante James realizzi, nella serie, una media di 38.5 punti.
Come con Michael Jordan un ventennio prima, fino al Titolo del 1991, LeBron non convince totalmente la critica, dividendo gli appassionati tra chi lo idolatra e chi lo taccia di essere troppo solista per diventare un campione vero; in molti, inoltre, cominciano ad etichettarlo come perdente di successo. Dopo aver subito un intervento chirurgico per l’asportazione di un tumore benigno alla bocca scoperto qualche mese prima della serie con Orlando, l’ormai 25enne LeBron si presenta più agguerrito che mai ai nastri di partenza della stagione 2009-10, annunciando anche, nel corso della stessa, che l’anno successivo, in onore di MJ, lascerà il #23 per il #6. Per il secondo anno di fila, i Cavs ottengono il miglior record della NBA (61-21) e James il premio di MVP. Ancora una volta, però, il sogno di vincere il Larry Bird Trophy resta tale: dopo aver eliminato i Bulls al primo turno (4-1), Cleveland viene eliminata da Boston (2-4). Sin dal ko con i Celtics, infuriano le voci di mercato sulla possibile scelta di James, il quale è diventato free agent. L’intenzione di Dan Gilbert, proprietario dei Cavs, è ovviamente quella di tenere il campione, il quale, però, deciso a diventare finalmente un vincente, ha tutt’altre intenzioni. Dopo esser stato segnalato molto vicino ai Knicks, l’annuncio della sua scelta viene dato in diretta su ESPN l’8 Luglio 2010, durante uno speciale di un’ora, nel quale il giocatore si esprime così: “This fall I will take my talents to South Beach and I will join the Miami Heat” (“Quest’autunno porterò il mio talento a South Beach e giocherò per i Miami Heat”). Questa decisione provoca molte reazioni contrastanti: mentre in Florida si festeggia, per le strade di Cleveland (e di altre città dell’Ohio) tante magliette di LeBron vengono bruciate; campioni del calibro di MJ e Barkley criticano pesantemente il giocatore. Fatto sta che James approda a Miami, andando a formare, con Dwayne Wade e Chris Bosh, i Big Three.
Dopo un avvio altalenante, gli Heat prendono il ritmo e chiudono al 2° posto la Eastern Conference (58-24); all’All-Star Game, James realizza 29 punti, 12 rimbalzi e 10 assist, secondo dopo MJ a realizzare una tripla doppia in tale partita. Un altro primato di LBJ arriva al termine della stagione regolare, che lo vede diventare il settimo (e più giovane di sempre) a non scendere mai al di sotto dei 2.000 punti per sette stagioni di fila. Ancora una volta, però, l’anello resta un tabù: dopo aver sconfitto con un triplo 4-1 Sixers, Celtics e Bulls, Miami si ferma sul più bello, battuta dai Dallas Mavericks per 4-2. Il 2011-12 (stagione resa più breve dal lockout) vede James conquistare per la terza volta il titolo di MVP della regular season, con una media molto simile all’anno precedente (27.1 punti, 7.9 rimbalzi e 6.2 assist); gli Heat concludono nuovamente al 2° posto ad Est (46-20). Ai Play-Off, la franchigia della Florida avanza nuovamente fino alle Finals, eliminando Knicks (4-1), Pacers (4-2) e Celtics (4-3). Di fronte, i Big Three si trovano gli Oklahoma City Thunder del duo Durant-Westbrook: non c’è partita, con gli Heat che si impongono con un netto 4-1 e con LBJ che mette a referto una tripla doppia nella decisiva Gara5, ottenendo, oltre al tanto agognato primo titolo NBA, anche il riconoscimento di MVP delle Finals. A tutto ciò, si aggiunge il secondo oro olimpico, ottenuto ai Giochi di Londra. L’anno seguente, James e Miami vanno a caccia del back-to-back (o repeat), mettendo le cose in chiaro sin dalla stagione regolare (66-16 e 1° posto assoluto). Il 3 Gennaio 2013, James viene premiato come Miglior giocatore statunitense dell’anno ed il 16 Gennaio 2013, contro Golden State, James diviene il più giovane a raggiungere 20.000 punti e 5.000 assist in carriera; al termine della regular season, per la quarta volta, arriva il titolo di MVP. Ai Play-Off, Miami avanza per la terza volta di seguito alle Finals, dopo aver asfaltato Bucks (4-0) e Bulls (4-1) ed aver sofferto tanto, nella Finale di Conference, contro i Pacers (4-3); a contendergli l’anello, troviamo gli Spurs di un altro famoso trio, ovvero Parker-Duncan-Ginobili. Ne esce fuori una serie tiratissima, che si protrae, grazie ad una tripla pazzesca di Allen, fino a Gara7, in programma all’AAA di Miami, nella quale il Prescelto ne mette 37, conditi da 12 rimbalzi e 4 assist; il bis è servito, così come il titolo di MVP delle Finals. L’obiettivo del 2013-14 è il three-peat, impresa che non riesce dal triennio 2000-02 (Los Angeles Lakers). Il 3 Marzo di quest’anno, contro i Charlotte Bobcats, LBJ ritocca il suo record di punti in un singolo incontro, toccando quota 61 punti; altri record vengono battuti ai Play-Off, ai quali Miami si qualifica con il secondo record ad Est (54-28). Dopo aver sconfitto i Bobcats 4-0, contro i Nets (4-1) LeBron diventa il più giovane a superare quota 4.000 punti in postseason ed il terzo di sempre (dopo MJ e Bryant) a toccare quota 4.000 punti, 900 rimbalzi e 900 assist; in più, sempre contro Brooklyn (Gara4) totalizza 49 punti, record di franchigia ai Play Off. Non è finita qui: nella Finale di Conference contro i Pacers (4-2), in Gara4 James supera Jordan, realizzando, per la 75° volta nei Play Off, almeno 25 punti, 5 rimbalzi e 5 assist. Le Finals mettono nuovamente di fronte Heat e Spurs, che si vendicano della bruciante sconfitta dell’anno precedente con un perentorio 4-1 (per LBJ 28.2 di media).
L’11 Luglio 2014, James si rende protagonista di una nuova “decision”, annunciando, tramite una lettera inviata a Sports Illustrated, di tornare a Cleveland. Il 29enne ha firmato un triennale, non esercitando la “player option” di fine contratto, che gli avrebbe permesso di prolungare con gli Heat ancora per un anno, al massimo salariale. Tornato a casa, James punta a far vincere finalmente l’anello ai Cavs, forte anche della collaborazione di gente come Irving e Love, con i quali può formare un terzetto all’altezza di quello che ha fatto grande Miami. Com’è ovvio che sia, l’inizio di stagione di Cleveland è stato caratterizzato, finora, da molti alti e bassi (vedasi il ko interno di stanotte con i Pistons per 103-80), il record, attualmente, parla di 18 W e 12 L, che valgono ai Cavs il 5° posto ad Est (11° globale). LeBron (25.2 punti, 5.3 rimbalzi e 7.6 assist in 37.5 minuti di utilizzo medio a partita) è consapevole che sperare di vincere subito è quasi un’utopia. Ciò non toglie che, come sempre fatto nella sua carriera, spingerà forte verso il conseguimento del suo obiettivo.