L'All Star Game degli esclusi
Quando di mezzo ci sono scelte importanti, le polemiche non mancano mai. Ed in fondo è anche giusto così. All’All Star Game, poi, succede sempre. Figurarsi nella stagione in cui restano fuori grandi nomi e si cambiano le modalità di voto, attirando a sé una marea di critiche e qualche mugugno.
Se escludiamo le scelte più ovvie, è stato così anche quest’anno; fin dai quintetti, è vero (l’esclusione di Russell Westbrook dai primi cinque, quando il play di OKC è lanciato verso il titolo di MVP, ha fatto e fa ancora discutere), ma anche dopo le scelte delle riserve che saranno all’AS weekend tra qualche settimana.
Nell’attesa di conoscere chi sederà in panchina per la selezione della Eastern Conference (il coach verrà scelto il prossimo 5 febbraio), tanti sono i nomi rimasti esclusi da un lato e dall’altro; due veri e propri quintetti con giocatori che avrebbero potuto ‘sognare’ una chiamata, per la prima o per l’ennesima volta, aiutati anche dei numeri che, in alcuni casi, non sono di certo meno nobili di chi, invece, all’ASG ci sarà.
LA PRIMA VOLTA SENZA MELO E FLASH
E partiamo proprio da Est, la Conference più battagliata e quindi, se vogliamo, quella che dietro si porta i maggiori dubbi.
In rapida sequenza, potremmo analizzare così chi a questo All Star Game ci poteva stare e invece resterà a casa a guardare:
– Carmelo Anthony: il numero 7 di NY è da alcuni giorni al centro di mille voci di mercato. Che se ne vada o meno dalla sua città, Melo resta in questa stagione uno dei giocatori più determinanti, uno che in questa gara delle stelle poteva anche starci. 22.6 punti e 6.2 rimbalzi di media sarebbero abbastanza per rilanciare la sua candidatura, la qualità dell’ex Syracuse farebbe il resto.
– Dwyane Wade: il suo primo anno nella ‘sua’ Chicago non gli porta bene. Discorso simile a quello fatto per Melo; per la prima volta dal 2004, un ASG non vede la loro partecipazione. A Sacramento ci ha mandato il compagno di squadra Butler, con il quale sta costruendo quel po’ di fortune che i Bulls si portano dietro.
– Kristaps Porzingis: forse il meno accreditato per rilanciare la sua candidatura, eppure il ragazzetto dei Knicks, spulciando tra i numeri, resta uno dei migliori nel suo ruolo. Un infortunio ne ha complicato la prima parte di stagione, ma i 18.7 punti di media, con anche 7.1 rimbalzi, non sarebbero abbastanza per farlo rientrare nelle papabili riserve? Dal suo lato c’è concorrenza, ma siamo sicuri che si rifarà con gli interessi nei prossimi anni.
– Joel Embiid: ma dai? Siamo seri? Come si fa a lasciare fuori Gioele? Non fosse altro che per la possibilità di vederlo uscire con Rihanna. Ok, lui ci sarà nel weekend delle stelle, ma solo al venerdi; eppure i numeri e le prestazioni che sta macinando con i 76ers sono da traghettatore. 20.2 punti, 7.8 rimbalzi e più di due assist a gara per uno che, nel 2017, si è messo Phila sulle spalle. Perdona coloro che non sanno quel che fanno, Gioele.
– Tristan Thompson: i suoi numeri non faranno impazzire, ma è comunque il centro campione in carica ed il più autoritario oggi ad Est. Ed uno che risolve parecchi problemi alla squadra di Irving e LbJ. Vedrà i compagni di squadra divertirsi (c’è anche Love tra le scelte) e come sempre sarà quello sottovalutato. Povero Tristan.
DATE A DAMIANO QUEL CHE È DI DAMIANO
Ancora più indicativa la situazione ad Ovest. Dove la bagarre è maggiore e quindi maggiori sono le critiche.
Le scelte hanno fatto discutere fin da subito: ma se l’esclusione di Westbrook dal quintetto può essere compresa (ha davanti Curry e Harden, probabilmente i migliori al mondo in quel ruolo), meno comprensibili sono altre mosse.
– Damian Lillard: ok, quando c’è da dare a Damiano quel che è di Damiano, tutti si tirano indietro. Ma perché? Vero, la concorrenza è tanta, ma il ragazzo di Portland, con 26.3 punti, 4.8 rimbalzi e 5.8 assist di media, non poteva ambire almeno ad un posto in panca? Qui, più che in altri casi, la distinzione al voto tra ‘Guardie’ e ‘Lunghi’ ha fatto la differenza. Povero Damiano, però.
– Chris Paul: ok l’infortunio, ok l’età, ok tutto, ma uno così come si fa a tenerlo fuori se è disponibile a stare in campo? Probabilmente il migliore con quelle caratteristiche, senza probabilmente l’unica chance che i Clippers hanno di non uscire al primo turno ai Playoffs. In estate sarà Free Agent e faranno carte false per averlo: anche quelli che non l’hanno votato.
– Nikola Jokic: il serbo dei Nuggets sarebbe stato una delle più grandi sorprese di questo All Star Game, ma non sarebbe stato un’eresia pensarlo tra le stelle. Perché le sue medie sono invidiabili (15 – 8,5 – 4 a gara), perché Denver con lui diventa una squadra quasi affidabile, perché nel suo domani le stelle sono scontate. Tra i grandi nomi esclusi, quindi, ci entra anche lui di diritto. Meno degli altri, ma con più probabilità di tutti gli altri di guardare dall’alto in basso domani.
– LaMarcus Aldridge: altra scelta difficile, ma altro probabile errore. Quanti ce ne sono ad Ovest di giocatori come LaMarcus? Pochi: lo sa bene il Texas, lo sa San Antonio, lo sa coach Pop che, con Duncan, hanno deciso di lasciargli l’eredità dei neroargento. Non è primo violino come a Portland, ma i suoi 17,5 punti di media con anche 7,2 rimbalzi non sono numeri da sottovalutare; e che la seconda squadra in graduatoria abbia mandato a Sacramento solo Leonard fa un po’ strano…
– Karl-Anthony Towns: se siete conservatori, vi capiamo. Ma, se non lo siete, come avete fatto a lasciar fuori questo qui? Trascinatore a Minnesota, secondo anno ormai da veterano, 23 punti di media e quasi 12 rimbalzi per gara. Cosa deve fare più il povero KAT per farsi mandare tra le stelle? Forse cominciare a vincere qualcosa, o almeno stazionare a livelli più alti. Comprendetelo, però; con questi Twolves qui non è facile superare il 12° posto ad Ovest. Verranno tempi migliori, KAT.