Lakers, dall'entusiasmo alla mancanza di stelle: tutti i pro e i contro della scelta Walton
Da alcune ore, ormai, Luke Walton è il nuovo allenatore dei Los Angeles Lakers e sederà sulla panchina gialloviola come head coach già a partire dalla fine di questa annata, ormai avviata alla conclusione. La scelta di Walton è una scelta importante per i Lakers, chiamati alla risalita nella graduatoria della Lega dopo un biennio assolutamente insoddisfacente ed esperienze in panchina che non hanno assolutamente entusiasmato tifosi e dirigenza. Luke, ex Lakers per un decennio al fianco di Kobe Bryant e per un biennio accanto a Steve Kerr sulla panchina di Golden State, diventa così il più giovane allenatore capo di sempre avuto nella Lega.Quali sono gli aspetti positivi e, a contrario, meno positivi di questa scelta?
PRO
1 – La giovane età, e quindi l’esuberanza di Walton alla sua prima e vera esperienza da capo allenatore in tutto e per tutto responsabilizzato. A 36 anni e a soli tre anni dall’aver attaccato le scarpette al chiodo, una occasione come quella offerta dai Lakers potrebbe essere “il treno da prendere al volo”, come dichiarato dallo stesso Walton.
2 – La conoscenza dell’ambiente. Il Walton giocatore ha assaggiato il gusto di LA per poco meno di un decennio, dal 2003 al 2012. Certo, i suoi mezzi tecnici ed atletici non gli hanno concesso di diventare una superstar ad Hollywood, ma si sa per certo che era molto apprezzato dalla franchigia e dallo spogliatoio gialloviola, oltre ad essere un discreto elemento quando gli veniva richiesto.
3 – I maestri. Chi ha allenato Walton nella sua carriera? Aver avuto la possibilità di frequentare da vicino Phil Jackson e Lute Olson ai tempi di Arizona ha sicuramente caratterizzato la vita del giovane Luke. Uno che ha assaporato la pallacanestro fin da bambino, visto il papà che si ritrovava. Bill, hall of famer con due anelli al dito, non ha mai fatto l’allenatore, ma siamo certi che qualcosina al figlio deve averla insegnata. Poi, l’ultimo capitolo prima di LA, quella panchina divisa con Kerr che quest’anno è diventato il miglior coach di sempre con il record di 73-9 in stagione regolare. Insomma, meglio di così?
CONTRO
1 – L’inesperienza. Cosa fa pensare che le belle figure fatte a Golden State possano essere ripetute ad Hollywood? In fondo ai Warriors Walton non ha dovuto fare altro che guidare una macchina già ben collaudata per brevi tratti, con un roster che fa registrare gente come Curry, Green, Thompson, Iguodala; stelle giovani e meno giovani che hanno saputo accompagnarlo nel 24-0 di apertura di questa stagione. Ai Lakers del dopo-Kobe non troverà stelle, ma solo qualche buon giocatore e qualche giovane da svezzare nella Lega. Una missione ardua da compiere sotto quei riflettori.
2 – La meglio gioventù. Si, perché se i Lakers vogliono provare a costruire qualcosa di importante nei prossimi anni dovranno ripartire dal nucleo di giovani che si ritrova. Russell, ma anche Randle e Clarkson. Ottimi mezzi tecnici, ma tanto ancora da imparare. Riuscirà Walton a formare innanzitutto un gruppo capace sin da subito a giocare di squadra e a mascherare le manche e viste quest’anno con Scott?
3 – Il fallimento. A bocce ferme, tutto pare possibile. Quella di Walton in California potrebbe essere una sorpresa in positivo, ma anche in negativo. E se andasse male? Sarebbe usato dalla franchigia come capro espiatorio? In fondo nelle ultime stagioni la dirigenza dei Lakers non si è fatta sentire così tanto nei disastri combinati da Scott e, in precedenza, D’Antoni o Brown. Come si ritroverebbe a gestire la sua carriera ancora giovane dopo un passo falso importante, visto che la panchina dei Lakers è sotto gli occhi vigili di tutta la nazione?