La NBA REVOLUTION parte dal “basso”: i nuovi parquet di Cleveland, New Orleans e Charlotte fanno impazzire i tifosi!
“Si, ecco il mio Santuario. Fuori il vortice dei disordini, degli odi. Qui, sempre tutto uguale: lotta, sopravvivenza, vittoria, sconfitta… E’ soltanto un gioco. Ma io lo amo”. Queste parole furono utilizzate da coach Herman Boone, interpretato splendidamente da un superbo Denzel Washington nel film Remember the Titans (Il Sapore della vittoria, 2000), per dimostrare l’amore per il football. La scena è una di quelle che non dimentichi facilmente: i riflettori si accendono, si esce dal tunnel per poi arrivare finalmente sul campo da gioco, per ascoltare e percepire vibrazioni, sensazioni, odori che solo un coach con esperienza sa catturare. Trasportiamo il concetto di coach Boone nella sfera della pallacanestro. Sulla seconda parte della frase (vittoria, sconfitta, sopravvivenza e così via) non ci dovrebbero essere clamorose differenze, ma sulla prima parte siete proprio sicuri che il “Santuario” di cui parla Denzel Washington sia sempre lo stesso? Probabilmente nel football, nel soccer (come lo chiamano loro), nel nostro calcio, nel golf e in molti altri sport. NON nella pallacanestro, soprattutto quella americana. Un pensiero comune che deriva da analisi economiche e organizzative è quello di definire la National Basketball Association come una lega avanti anni luce rispetto alle altre, in grado di mobilitare le comunità di tutti gli Stati Uniti d’America, in grado di aiutare i più bisognosi, in grado di diventare la massima espressione sportiva della globalizzazione. Le innovazioni, i metodi sperimentali, i continui cambiamenti sono elementi che vanno ad appannaggio del lavoro quantomai faticoso dei commissioner, il CEO di una delle associazioni più ricche al mondo. Nelle ultime stagioni tanti sono stati gli esperimenti riusciti così come, in minor misura, quelli non riusciti: dalla distinzione tra i flagrant foul alla maggior attenzione dedicata ai famosi “passi sesquipedali” di molti giocatori, passando per il fallimento delle maglie a mezze maniche scaricate in primis dai giocatori stessi. Il concetto, dunque, di NBA REVOLUTION è in costante maturazione e probabilmente mai si fermerà, mai vedremo un ristagno di idee in una lega di geni, spesse volte incompresi.
Ritorniamo, però, al nostro punto di partenza, ovvero sia il campo di gioco, non tanto inteso come arena o palazzo che sia, ma più specificamente “the floor”, il parquet. C’è chi è legato alla tradizione, c’è chi invece è sempre pronto a rinnovarsi. Fanno parte della prima famiglia ormai la minoranza delle franchigie (Magic, Timberwolves, Nuggets) ma una su tutte va annoverata: quando parliamo di tradizione, di vecchi ma veri valori, non possiamo esimerci dal citare i BOSTON CELTICS.
Uno dei più famosi parquet NBA è quello utilizzato proprio dalla squadra dello Shamrock bianco. Il piano originale, che è stato installato alla Boston Arena nel 1946, casa originaria dei Celtics, è stato in seguito spostato intatto al Boston Garden nel 1952 e utilizzato fino a quando la squadra non si è trasferita in quello che all’epoca era conosciuto come FleetCenter nel 1995, ora più noto come TD Garden. Il parquet è rimasto intatto e in uso prima della demolizione dell’impianto, ma non è andato perduto: per conservare la solennità e la gloria di quel floor prima è stato tagliato e venduto in parte come souvenir nel 1999, e poi riutilizzato per la realizzazione dell’odierno parquet, che unisce sezioni vecchie e nuove. Tutto questo ad opera della Bona AB, partner ufficiale in termini di parquet dell’intera NBA. Ma possiamo considerare la storia dei Celtics come un’eccezione che conferma la regola? Probabilmente si, perché le innovazioni partono anche dal “basso”. Ci sono 30 franchigie nel campionato più affascinante del mondo e non tutte la pensano come i bianco-verdi. C’è chi unisce il vecchio e il nuovo, c’è chi sceglie la semplicità e la levigatura naturale del parquet (17/30) dimostrandosi legato al simbolo naturale del campo da gioco ma c’è anche chi tende ad uscire fuori dalle regole, dagli schemi classici, dalla primordiale semplice idea di parquet. Procediamo con ordine, alzando sempre di più il grado di evoluzione dei floor. Abbiamo visto chi decide di usare un legno che dia l’idea di alcuni “cassettoni” ed è il caso del TD Garden di Boston e l’Amway Center di Orlando, mantenendo all’interno dell’arena dei pezzi storici che, in qualche modo, hanno contribuito alla grandezza di quella franchigia. Abbiamo poi dei casi singoli, come ad esempio il nuovo parquet del Barclays Center dei Brooklyn Nets, inaugurato appena 2 anni fa: le porzioni di legno nello specifico sono incastonate in modo da sembrare come delle frecce unidirezionali che rendono l’intero rettangolo da gioco una vera delizia per gli occhi. Casi leggermente più comuni sono quelli del Verizon Center di Washington, del BMO Harris Bradley Center di Milwaukee, del Toyota Center di Houston, dell’EnergySolutions Arena di Salt Lake City, del Target Center di Minneapolis, dell’US Airways Center di Phoenix ed infine della Sleep Train Arena di Sacramento. In questa particolare accezione, è stato scelto un modello più comune a livello mondiale ma non per questo meno attraente; in pratica il parquet assume due diverse tonalità: una riguarda la porzione di campo all’interno dell’arco dei 3 punti mentre l’altra la zona più centrale del campo e le rimanenti parti. Questa rottura della monocromia crea un effetto particolare e piacevole allo sguardo tanto da, come detto, essere utilizzato anche al di fuori della NBA. Siamo saliti pian piano di livello e siamo arrivati in cima a questa particolarissima classifica. Sul podio ci sono: al terzo posto i nuovi Charlotte Hornets con la loro Time Warner Cable Arena; la medaglia d’argento va ai New Orleans Pelicans e allo Smoothie King Center; il primato lo detengono in Ohio, a Cleveland, dove i Cavaliers hanno reso straordinariamente unico il parquet della Quicken Loans Arena.
TIME WARNER CABLE ARENA, 333 E Trade St, Charlotte, NC, USA: la rivoluzione qui è totale. Nuovo brand, nuovo marchio, nuovo nome e naturalmente nuovo parquet. Nella Buzz City (logo riportato anche sul campo da gioco) si è dato sfogo alla più vivace libertà d’espressione, lasciando andar via tutto ciò che l’immaginazione potesse creare. Oltre alla storica e risaputa bellezza dello stemma dei “calabroni” il design si adatta alla perfezione con il resto dell’arena, creando un vero e proprio mosaico di esagoni con un’alternanza di tonalità (chiara e scura) davvero bellissima. I colori sempre molto vivaci rendono l’ambiente già carico di adrenalina. Sarà una spinta in più per far risalire gli Hornets di MJ dal baratro nel quale stagnano da diverse stagioni?
SMOOTHIE KING CENTER, 1501 Dave Dixon Dr, New Orleans, LA, USA: qui il lavoro diventa meno geometrico e più artistico, meno schematico e ancor più fantasioso. Il nuovo parquet dei Pelicans brilla di una luce particolare, di un chiarore che lo rende unico nel suo genere. La particolarità è tutta concentrata all’interno dell’area delimitata dalla linea dei 3 punti. Come possiamo ben notare dall’immagine, il “pellicano” è ben visibile all’interno dell’area, con la testa che rientra perfettamente nel cerchio della linea della carità, le ali toccano l’arco dei 7,25 metri e il pecco termina proprio nella perpendicolare del canestro. Insomma, un’opera da non sottovalutare per precisione, bellezza e design innovativo. Straordinario.
QUICK LOANS ARENA, 1 Center Ct, Cleveland, OH, USA: il primato che attribuiamo a Cleveland deriva da una serie di fattori, sempre legati all’ambito del rettangolo di gioco. Iniziamo dalla meno recente: a tutti i veri appassionati NBA non è potuto sfuggire quel video in cui si illustra la prima presentazione tridimensionale della squadra. Un qualcosa che va ben oltre l’immaginario collettivo dell’uomo, un insieme di innovazione che danno vita ad uno degli spettacoli sportivi più incredibili dell’ultimo decennio. La novità più attuale invece è un mix tra due tipologie di parquet. Sì, perché la modifica scelta per il ritorno del Re nel suo regno mixa due componenti: la prima è la sopracitata differenza di tonalità del legno in area e fuori area e la seconda è l’inserimento della skyline di Cleveland sulla porzione di campo opposta alle panchine (in proiezione dell’inquadratura televisiva). Una sorpresa gradita da LeBron James che, nella sua lettera rilasciata in estate a SI, ha sottolineato l’importante valore da attribuire a questa terra. Se uniamo le due innovazioni, non può che esserci una medaglia d’oro.