LA LAKERS - La lettera di Steve Nash: "La schiena mi ha presentato il conto. Impossibile ignorarlo"
Attraverso il proprio profilo Facebook Steve Nash ha pubblicato una lettera aperta ai tifosi in cui ha spiegato le effettive condizioni del proprio stato di salute. Righe cariche di delusione e rabbia per l’ultima parte di una carriera segata da una schiena che non gli da pace. Ma anche qualche risposta piccata a chi, tra gli addetti ai lavori, si è lasciato andare a qualche insinuazione poco carina sulla professionalità del play canades. Ecco il testo completo: “Non voglio essere una distrazione, ma penso sia meglio per tutti se sono io a dirlo. Ho un sacco di miglia sulla schiena. Tre ernie al disco, irritazione del nervo e spondilolistesi. Soffro di sciatica e dopo le partite spesso non riesco a rimanere seduto in macchina mentre guido verso casa, cosa che mi costringe a dare passaggi che spesso si rivelano interessanti. La maggior parte delle notti ho dolorosissimi crampi ai polpacci mentre dormo, risultato dell’irritazione al nervo, e la lista prosegue, a volte in modo comico. E’ quello che ti meriti per aver giocato 1300 partite Nba. Ma non lo dico per attirarmi le vostre simpatie – specialmente perché vedo tutti questi problemi come un meritato onore – però forse aiuta a portare un po’ di chiarezza.
Sono sempre stato uno di quelli che hanno lavorato più duro e lo dico sapendo quello che significa. Negli ultimi due anni ho lavorato come un cane, non solo per superare tutti questi problemi ma per trovare uno stato di forma che potesse ispirare tutti i tifosi di LA nel mio ultimo capitolo. Ovviamente è stato un disastro su entrambi i fronti, ma non ho mai lavorato più duro, non mi sono mai sacrificati di più né ho mai affrontato sfida più difficile, sia mentalmente che a livello di emozioni.
Capisco perché alcuni tifosi sono delusi. Non sono riuscito a giocare tante partite, non al livello che tutti volevamo. Sfortunatamente fa parte dello sport professionistico e succede ogni anno, in tutte le squadre. Vorrei disperatamente che fosse andata in modo diverso. Vorrei giocare, più di ogni altra cosa al mondo. Per la delusione ho perso un’incredibile quantità di ore di sonno.
Competitività, professionalità, ingenuità e speranza di riuscire a svoltare hanno mantenuto viva la mia lotta per tornare. Ma come dice il leggendario preparatore Gary Vitti, mio buon amico, “Sei l’ultimo a saperlo. E la mia schiena mi ha presentato il conto negli ultimi 18-20 mesi. Continuare ad ignorarlo è irresponsabile. Ma questo non significa che la vita finisce.Questo potrebbe essere difficile da capire per tutti quelli che non hanno giocato in Nba, ma c’è una differenza incredibile tra il basket pro’ e il golf, l’arrampicata, persino il tennis o il basket al campetto. Per fortuna tutte quelle attività non sono debilitanti, ma giocare una partita Nba di solito mi mette k.o. per un paio di settimane. Stare dietro a Steph Curry o Kyrie Irving è un compito decisamente diverso.
Sto facendo quello che ho sempre fatto sui social: condividere un po’ della mia vita fuori dal campo come fanno tutti gli altri. D’ora in avanti spero che le energie di tutti tornino a concentrarsi sul miglioramento dei Lakers. Questa squadra tornerà. E lo Staples Center esploderà di nuovo”.