LA LAVAGNA - La rimessa "Winner" dei Celtics e il sangue freddo di Bradley
Prendete un cavaliere e un suo fido scudiero. Il primo sempre sulle sue idee ma disposto ad ascoltare l’opinione altrui, quasi a voler intavolare un rapporto di reciprocità per far crescere qualcosa di più importante: il secondo, invece, sempre accondiscendente alle richieste degli altri: si sacrifica, suda, lavora sodo e, quando c’è l’opportunità, viene premiato dagli dei che hanno sempre a cuore le vicende di personaggi come questi. La fiducia che i due personaggi ripongono l’uno nell’altro è la vera essenza della loro forza, della loro imbattibilità, della loro coesione senza eguali. E Non importa se ci sono cavalieri/scudieri più forti o più pronti, perchè è sempre l’unione che fa la forza.
Questa piccola “parabola” è in un certo senso traducibile empiricamente parlando in due nomi: coach Bradley Kent “Brad” Stevens – il cavaliere – e Avery Antonio Bradley Jr. – il fido scudiero. Come i Boston Celtics siano rinati in un amen, con un progetto cosi giovane e con idee così radicali meriterebbe una serie di saggi delle migliori penne cestistiche del momento ma la grandezza di una squadra, come detto, sta nella sua coesione, nella sua perfetta organizzazione e divisione dei ruoli: senza super star, o top player se preferite, ogni giocatore sa cosa deve e cosa non deve fare quando è chiamato in casa, fatta eccezione per l’unico talento smisurato della squadra. Non si tratta semplicemente di avere degli specialisti ma di sentirsi parte di un sistema accettandone le conseguenze e i risultati. Il bagno di umiltà che ha imposto coach Stevens, prima alla maglia e poi ai giocatori, è il segno di un miglioramento graduale, costante ma allo stesso tempo vincente.
In questa nuova puntata della Lavagna di NBA24.it vogliamo portarvi all’interno di questa precisa spartizione di ruoli per notare come si traduce quanto detto in termini di esecuzione di gioco. Vi portiamo dentro la rimessa ribattezzata Winner, quella che tante volte ha regalato gioie ai Celtics e tante volte ha dimezzato svantaggi in men che non si dica. Il primo concetto che va tenuto sempre presente: muoversi anche quando la palla non si muove. La situazione di partenza, che vediamo nell’immagine accanto, vede la guardia come incaricato alla rimessa e, mentre il 2 (Bradley) e il 4 (Olynyk/Sullinger) sono vicini sul lato della rimessa, il play (Thomas) e il 5 (Johnson) sono sul lato debole con molta più distanza rispetto agli altri due. Non appena l’arbitro consegna la palla nelle mani di Turner/Crowder, ecco che cominciano i movimenti senza palla, tutti coordinati e tutti eseguiti con i tempi giusti per evitare di incappare in smarcature non funzionali e falli in attacco. Il primo a muoversi è proprio Bradley, il quale sfrutta un blocco di solito cieco (ovvero sia bloccando l’avversario alle spalle) e sale in punta. La nostra X in rossa indicherà, come sempre, il punto d’arrivo del giocatore in considerazione. Intanto, sul lato debole, tutto tace ma sarà proprio quella porzione di campo a fare la differenza. Mentre chi è incaricato alla rimessa finge il passaggio al 2 in uscita dal blocco, la difesa si aspetta ovviamente una nuova uscita, magari di Thomas (1) sul fronte opposto. Se in questi anni abbiamo imparato a conoscere coach Stevens, sappiamo che non ci sarà nulla di scontato. Il playmaker, quindi, fingerà di salire sul blocco del centro per poi spostarsi nella direzione opposta. Vedere un giocatore come Thomas (1.75m trattabili per 85kg) portare un blocco sul difensore di un 4 (almeno 2m per 100kg) sembra assurdo ma non lo è. Dunque, altro blocco cieco, con la point guard che blocca l’ala forte, spiazzando in un certo qual senso anche il difensore del lungo coinvolto.
La difesa è obbligata ad una scelta quasi estrema: o cambiare sul blocco, scegliendo di accettare il mismatch che si crea su entrambi i fronti, oppure inseguire il più rapidamente possibile, per concedere il minor vantaggio. La scelta di Stevens non mai, come detto banale, ma a volte richiede dei rischi calcolati: alla rimessa va sempre un discreto passatore in modo da eseguire un passaggio preciso e forte, perchè l’intento dell’ex coach dei Bulldogs è quello di effettuare un passaggio, quasi lob, al lungo (4) in uscita dai blocchi. Il rischio, come detto calcolato, è anche l’arma più pericolosa, stando alle scelte difensive: se la difesa, infatti, ha scelto di cambiare si avrà una situazione di post basso con un lungo marcato da un playmaker. Questa situazione permetterebbe, se eseguita con timing e spacing adeguati, una conclusione a canestro rapidissima e piuttosto comoda. Una volta eseguito il passaggio, anche in base al punteggio e alla situazione di gara, si decide sul da farsi. Si avrà, come soluzione di base, una conclusione da 3 punti e la sua costruzione è tanto semplice quanto efficace. Come vediamo dall’immagine, abbiamo in post il 4 con palla, il playmaker che si allunga in angolo, mentre il 3 rimette i piedi in campo, costringendo la difesa a restare attenta ad un eventuale scarico. Il fulcro del prossimo step avviene tra il 2 (Bradley) e il 5 (Johnson). In una situazione di emergenza, la difesa è costretta a non perdere d’occhio la palla per eventuali aiuti e rotazioni e, così facendo, perde di vista ciò che succede sul perimetro. Il blocco, granitico anzichè no, di Amir Johnson il più delle volte trova impreparata la difesa e lo smarcamento di Bradley è fatto. La capacità dell’esterno dei Celtics di muoversi senza palla è straordinaria, così come la qualità del suo catch-and-shot, ovvero sia della ricezione e del tiro immediato, senza l’utilizzo del palleggio. Quelli di Stevens sono sempre dei giochi semplici, che prevedono una serie innumerevole di varianti: la soluzione principale, come detto, è il tiro da 3 di Bbradley, anche perchè l’utilizzo di questo schema si traduce con pochi secondi sul cronometro; la seconda prevede una penetrazione; la terza un eventuale ribaltamento di lato per Thomas/Turner. Per tutto il resto, i Celtics, i tifosi di Boston, Stevens e gli altri si affidano al sangue freddo di uno scudiero fidato (da 35.6% da 3, 139/390).