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La crisi di New York: la città in cui non vince nessuno

Così vicini, così lontani. Tutti così tristi. Il destino in comune, a poche miglia di distanza, di New York Knicks e Brooklyn Nets, sembra così magro da non accontentare nessuno. E con risultati così scadenti, persino una delle rivalità storiche della Lega più importante del mondo resta rivalità solo per gli storici tifosi che hanno dovuto negli ultimi anni catarsi a tanti cambiamenti, troppe novità e nessun risultato.
Un’abitudine che i tifosi dei Knicks si portano dietro ormai da oltre quarant’anni, un’abitudine che i supporters dei Nets hanno cominciato a trattare con indifferenza, ormai lontani dai fasti che furono ben oltre un decennio fa.
Una situazione simile, ma non uguale: di uguale ci sono solo le vittorie (nessuna) e le soddisfazioni (nessuna) a fine anno, così come gli stravolgimenti di stagione in stagione, di squadra in squadra, di allenatore in allenatore.
La situazione che oggi hanno tra le mani Hornacek e Atkinson non sono rosee; divisi solo da un ponte, ai due Head Coach è stato forse chiesto di fare tanto con poco, ma sono solo gli ultimi destinatari di scelte scellerate e progetti con basi poco solide.

LE FIGURINE DEI KNICKS E I SOGNI INFRANTI

In casa Knicks, almeno attenendoci alle classifiche, si viaggia un tantino meglio.
Ma il 2017 non è cominciato alla grande: 10 gare giocate, 7 perse e solo 3 vinte. Il successo di stanotte contro Boston è un piccolo successo nella caterva di voci e controvoci che arrivano da Manatthan, altrimenti le cifre sarebbero state inclementi per Rose e compagni.
Il lungo calo dei bluarancio ha diverse origini, ma una di queste fa sicuramente rima con il play arrivato da Chicago.
Stavolta a far parlare di Rose, però, non sono i suoi problemi fisici, quanto l’adattabilità ad una squadra e ad una città che probabilmente non aveva bisogno di lui.
Tutti – critica, tifoserie avversarie, opinionisti, media – l’avevano capito già ad inizio stagione, ma qualcuno ha voluto illudersi che il nativo di Chicago potesse essere l’arma giusta.
Le sue medie non sono neanche cattive (oltre 17 punti e 3 rimbalzi per partita ad ora) e i 30 punti iscritti a referto al Boston Garden sono l’ennesima prova della sua qulità, ma cattiva è stata la sua integrazione ed un gioco che non ne ha fatto di certo un protagonista. L’alternanza con Jennings (un altro dei tanti punti interrogativi di NY in questa stagione, capace di alternare serate da All star a serate, come l’ultima, in cui riesce persino a palleggiarsi sui piedi gestendo malissimo le operazioni della second unit) è stata un’arma a doppio taglio per Hornacek e lo stesso HC non sembra aver plasmato su di lui le armi tattiche dei Knicks.
Ma perché avrebbe dovuto farlo, se può contare in rosa anche su gente come Porzingis o, ancor di più, Melo?
Ecco, appunto, un’altra grande domanda del Madison: chi è il vero leader?
Tutti o, ancor meglio, probabilmente nessuno. I Knicks si appoggiano a chi, momento per momento, riesce a dare di più senza pretendere troppo in campo.
Anthony ha provato ad adattarsi agli ultimi arrivati, Porzingis – al netto dei problemi fisici che lo tengono fuori nell’ultimo periodo – sembra avere il potenziale di uno che sta per esplodere, ma non esplode mai perché intorno l’humus non è perfetto per germogliare, lo stesso DRose vorrebbe averne le redini ma poi scompare poco prima di una partita casalinga e nessuno sa che fine abbia fatto.
NY è sotto i riflettori in ogni momento dell’anno ed ogni minima notizia può trasformarsi in una catastrofe; ma il progetto cominciato quasi un triennio fa con Phil Jackson sembrava dovesse avere basi ben più solide di quelle evidenziate oggi.
I Knicks mancano di un’organizzazione offensiva utile agli interpreti che ha, spesso perdendosi in una circolazione di palla lunga ed inconcludente, così come di un assetto difensivo che possa garantire attenzioni e transizioni affidabili.
Nello scorso mercato serviva ben altro, perché con i nomi e le figurine ci puoi solo riempire l’album: e le voci di una trade per Melo in uscita, ora, fanno sorridere.
Ah, i Knicks possono ancora aspirare ai Playoffs (a due W dall’ottavo posto), nonostante tutto, ma da qui alla trade deadline ne vedremo delle belle…

IL ‘PROGETTO PROKHOROV’ ALZA BANDIERA BIANCA

Se Sparta piange, però, Atene si dispera.
Dall’altra parte del più famoso ponte del mondo, le cose vanno ancora peggio. Il record di 8-33 dovrebbe dirla lunga sulle difficoltà che la franchigia sta incontrando, un calo drastico che però era annunciato.
La squadra affidata ad Atkinson non poteva arrivare lontano: colpi errati, poca qualità, amalgamata male. E nel 2017 il ruolino di marcia fa paura, al contrario: 0-9 nelle prime uscite di gennaio.
Dal 2012 ad oggi, la storia dei Nets è stata chiara: il grande progetto annunciato da Prokhorov è fallito con le sue stesse mani, in un lungo ma inesorabile declino: prima il quarto posto, poi il sesto ma con secondo turno ai Playoffs, l’ultimo posto disponibile al terzo anno, quindi l’esclusione dalla post-season. E dei giocatori passati dal Barclays fino a qualche stagione fa, ora nemmeno l’ombra.
Anche ieri notte, contro Toronto, una sconfitta pesante. Per i Nets, però, i fattori sono diversi: qui l’amalgama c’è (o sembra esserci), mentre i problemi arrivano dall’organizzazione difensiva e dalla poca qualità complessiva del roster.
Sempre per limitarci alla gara di stanotte contro i Rockets, è stato il solito DeRozan a far saltare il banco. E nonostante l’assenza di Lowry, i Nets sono stati incapaci di leggere la partita e bloccare il suo modo di giocare, e forse troppo concentrati per un solo giocatore concedendo a Joseph di metterne 33 in 37 minuti sul parquet..
Atkinson ci prova ad implementare il tasso di qualità, ma con i giocatori a disposizione si deve puntare a non raggiungere record in negativo della Lega: qui però l’intento è chiaro, perché la franchigia ha deciso (scelta che paga o meno) di puntare fOrte su un gruppo di giocatori da lanciare – Whitehead, Hollis-Jefferson, Dinwiddie – ed alcuni veterani che probabilmente finiranno a Brooklyn la loro carriera, come Scola e Foye.
Da lavorare c’è ben poco, perché il mercato che si chiude tra un mese non sembra poter regalare grosse soddisfazioni ai tifosi bianconeri. E i problemi fisici di Lopez, ieri notte ha comunque portato via 28 punti, o Lin hanno fatto il resto.
Insomma, chi in città sperava in una “Linsanity II” non è stato di certo accontentato e se qualcosa di buono su cui puntare c’è, per il momento non è ancora spuntata galla; per Brooklyn il futuro è tutto tranne che roseo.
E della rivalità coi Knicks resta solo la speranza che i cugini non riescano ad accedere ai Playoffs. Altrimenti il 2017 potrebbe essere davvero l’anno peggiore dell’ultimo decennio.

 

 

 

 

 

 

 

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Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone