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Kobe Bryant: "Se Shaq avesse avuto la mia etica, sarebbe diventato il GOAT"

I Los Angeles Lakers di Kobe Bryant e Shaquille O’Neal sono stati una delle più formidabili macchine da basket degli ultimi 30 anni della NBA. La coppia, formatasi nell’estate del 1996 con gli arrivi dagli Orlando Magic di The Diesel e del futuro Black Mamba dagli Charlotte Hornets, che l’avevano appena scelto alla #13 del Draft di quell’anno, arrivò a conquistare il Three-Peat tra il 2000 ed il 2002, guidati dalla panchina da Phil Jackson.

Le strade dei due simboli dei purple-and-gold di allora si separarono nell’estate del 2004, con il passaggio di Shaq ai Miami Heat. In una recente intervista, rilasciata durante una convention a Las Vegas, Kobe è tornato su quegli anni di convivenza con il centro nativo di Newark, New Jersey.

Shaq era una forza della natura come non ne ho mai viste in vita mia” – ha spiegato Bryant – “Se avesse avuto la mia stessa etica lavorativa sarebbe diventato il GOAT. Era una cosa incredibile, dato che i giocatori di quella taglia, di solito, non vogliono fare i duri; al contrario, sembrano quasi timidi. Lui no. Shaq era il cattivo e competitivo, era vendicativo quasi… Ripeto, avesse avuto la mia etica lavorativa adesso avrei vinto almeno 12 anelli“.

Parlando proprio di etica del lavoro, una cosa che proprio non sopporto sono le persone che non si impegnano come potrebbero e che, invece, si comportano come se lo facessero. Io e lui litigavamo di continuo. Mi diceva cose del tipo ‘Non mi hai dato la palla’, ed io rispondevo ‘Se nel tempo in cui io ho fatto avanti e indietro per il campo, attacco-difesa tutto il tempo, tu sei ancora a metà campo, cosa dovrei fare io?‘ Molti dei nostri scontri venivano da questo suo modo di allenarsi“, aggiunge Kobe.

C’era comunque un livello minimo di rispetto tra di noi. Shaq era abituato a stuzzicare tutti e nessuno aveva il coraggio di affrontarlo” – continua ancora l’ex stella dei Lakers – “Quando però vide che c’era qualcuno che non aveva paura, che gli rispondeva, credo abbia pensato anche lui ‘questo ragazzino è un pazzo’. Posso dire che la nostra relazione è iniziata più o meno così“.

A tal riguardo, infine, Kobe tira fuori un aneddoto risalente proprio al suo anno da rookie, il 1996/97, e nello specifico ad una partita a Phoenix contro i Suns: “In attacco davamo sempre la palla a lui, perché nessuno poteva marcarlo; gli facevano sempre fallo ma lui non segnava un libero nemmeno per sbaglio. Nel corso di un’azione, Shaq mi ridà il pallone per un re-post ed io decido di non passargliela, cominciando a tirare azione dopo azione“.

Durante un time out, mi si avvicina e mi dice ‘guarda che sono libero’, ed io annuisco. Una volta tornati in campo, io tiro e lui mi chiede ancora di dargli il pallone. Ad un certo punto gli dico ‘Vuoi la palla? Prendi il rimbalzo quando sbaglio!’. Avevo 18 anni all’epoca“, conclude Kobe.

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Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone