Il Pagellone delle NBA Finals
Le Finals NBA sono state straordinarie, uniche per certi versi e in molti sognavano una gara 8, una gara 9, una gara 10. Per 7 lunghissime gare abbiamo assistito ad uno spettacolo incredibilmente bello ma come ogni contesa sportiva c’è chi vince e c’è chi perde. Cleveland raggiunge un traguardo storico dopo oltre 50 anni, portando il primo titolo della sua storia in Ohio, mentre i Warriors raccolgono i cocci di una sconfitta che brucia il doppio vista e considerata la magica cavalcata in stagione regolare. Queste sono le nostre pagelle.
CLEVELAND CAVALIERS
LeBron James: 292 minuti giocati (41.7 per game), 82/166 dal campo (49.4%), 13/35 da 3 punti (37.1%), 31/43 ai liberi (72.1%), 79 rimbalzi (43 difensivi, 17 offensivi, 11.3 per game), 62 assist (8.9 per game), 16 stoppate (2.3 per game), 31 palle perse (4.4 per game), 18 palle recuperate (2.6 per game), 208 punti segnati (29.7 per game).
All’MVP andrebbe il 10 ma non ha giocato una serie perfetta, nonostante i numeri siano da fantascienza. E’ primo in ogni categoria statistica che leggete sopra e da gara 4 in poi non ha voluto sentire ragione. Ha dato tutto per vincere e ha vinto a modo, trascinando i compagni e prendendosi le responsabilità più grandi nei momenti clou delle partite. Non arriva al 10 per via di un paio di partite giocate decisamente sottotono (vedi 7 palle perse in G4) ma ha avuto la forza di caricarsi tutti sulle spalle e di arrivare lì dove coleva arrivare, sul tetto del mondo con la città di Cleveland, passata in poche ore da “mistake on the lake” a “champions on the lake“. Unico, inarrivabile e semplicemente il più forte di tutti.
VOTO: 9
Kyrie Irving: 273 minuti giocati (39 per game), 72/154 dal campo (46.8%), 15/37 da 3 punti (40.5%), 31/33 ai liberi (93.9%), 27 rimbalzi (19 difensivi, 8 offensivi, 3.9 per game), 27 assist (3.9 per game), 15 palle recuperate (2.1 per game), 5 stoppate (0.7 per game), 18 palle perse (2.5 per game), 190 punti segnati (27.1 per game).
Se esiste un MVP romantico, stiamo tutti con Uncle Drew. Quello che ha dimostrato in questa serie finale è qualcosa che non avevamo ancora avuto il piacere di vedere. Sì, magari sono numeri che in RS si erano già visti ma giocare così, per LeBron, per Cleveland, a questi livelli è arte per pochi e Irving è a tutti gli effetti il giocatore che ha deciso questa serie. Più continuo di LeBron per larghi tratti della serie, ha sempre trovato un modo per far male alla difesa Warriors: in penetrazione, al ferro, in secondo tempo, col midrange jumper, da 3, in step-back e in fadeway. In ogni modo. E’ la serie della consacrazione, sia come giocatore sia come campione.
Voto: 9
JR Smith: 261 minuti giocati (37.3 per game), 26/65 dal campo (40%), 16/45 da 3 punti (35.6%), 6/9 ai liberi (66.7%), 19 rimbalzi (17 difensivi, 2 offensivi, 2.7 per game), 11 assist (1.6 per game), 10 palle recuperate (1.4 per game), 2 stoppate (0.3 per game), 5 palle perse (0.7 per game), 74 punti segnati (10.6 per game).
La discontinuità è il marchio di fabbrica e anche in questa serie non l’ha abbandonato neanche per un secondo. Ha giocato un’orrenda serie difensiva ma dall’altra parte del campo si è fatto trovare pronto, soprattutto quando serviva (vedi inizio III Q di gara 7 dopo aver chiuso sotto di 7 il primo tempo). In casa ha dato il meglio, esaltandosi con i suoi canestri e mandando più volte l’amico LeBron sopra il livello del ferro. Resta il miglioramento rispetto allo scorso anno e le lacrime in conferenza stampa dicono tutto sull’uomo che JR Smith ha scelto di essere in questa rocambolesca esistenza. Lo merita anche lui, perchè fare la spalla in una squadra con così tante stelle non è semplice.
Voto: 7
Tristan Thompson: 226 minuti giocati (32.3 per game), 28/44 dal campo (63.6%), 0/0 da 3 punti (0%), 16/30 ai liberi (53.3%), 71 rimbalzi (44 difensivi, 27 offensivi, 10.1 per game), 5 assist (0.7 assist per game), 2 palle recuperate (0.3 per game), 6 stoppate (0.9 per game), 3 palle perse (0.4 per game), 72 punti (10.3 per game).
MVP LeBbron James, MVP romantico Kyrie Irving e ora bisogna trovare un terzo tipo di premio per il gladiatore dei Cavs. Alzi la mano chi avrebbe detto, dopo le serie passate, di veder scritto una doppia doppia di media dopo 7 partite contro i Warriors. Noi di sicuro no. Litiga con i liberi ma quando contano (G7) fa canestro. E’ diventato maggiormente un fattore dopo l’infortunio di Bogut ma ha difeso come meglio non poteva e soprattutto è stato il miglior giocatore di contenimento quando GS decideva di far cambiare la difesa e di mettere Curry contro un lungo. Tutte le sue piccole vittorie in quegli 1vs1 si sono tradotte in una vittoria enorme per lui, così preso di mira dopo i tanti zeri sul suo nuovo contratto. Grande rivincita, grande energia, grande cuore. Semplicemente un fattore fondamentale.
Voto: 8
Kevin Love: 6 gare disputate, 158 minuti giocati /26.3 per game), 17/47 dal campo (36.2%), 5/19 da 3 punti (26.3%), 12/17 ai liberi (70.6%), 41 rimbalzi (33 difensivi, 8 offensivi, 6.8 per game), 8 assist (1.3 per game), 4 palle recuperate (0.7 per game), 2 stoppate (0.3 per game), 9 palle perse (1.2 per game), 51 punti segnati (8.5 per game).
Complesso decifrare le serie del californiano. I numeri dicono di un impatto molto relativo, quasi modesto. Non ha segnato canestri decisivi ma la difesa sull’1vs1 di Curry nelle battute finali gli vale un posto nell’Olimpo dei campioni NBA (ricordando sinistramente Bosh che stoppa Danny Green). Le sue prestazioni sono andate decrescendo, soprattutto dopo la lieve commozione cerebrale ma in gara 7 fa il vuoto a rimbalzo, catturandone ben 14. Per essere una star, o presunta tale, arriva ad una sufficienza solo grazie ad una gara 7 di sostanza più che di qualità.
Voto: 6
Richard Jefferson: 168 minuti giocati (24 per game), 16/31 dal campo (51.6%), 1/6 da 3 punti (16.7%), 7/11 ai liberi (63.6%), 37 rimbalzi (25 difensivi, 12 offensivi, 5.3 per game), 3 assist (0.4 per game), 9 palle recuperate (1.3 per game), 1 stoppata (0.1 per game), 8 palle perse (1.1 per game), 40 punti (5.7 per game).
Dopo TT, Richard Jefferson è il giocatore Cavs che ha più inciso difensivamente su questa serie. Lue lo getta nella mischia per rimpiazzare Love e il lavoro che fa sia sui lunghi sia sugli esterni di Golden State è qualcosa di incredibile. Riesce ad essere utile anche offensivamente, andando forte a rimbalzo e tagliando spesso dal lato debole aiutando i palleggiatori. Solo lui sa che è l’ultimo viaggio (ha annunciato il ritiro) e lascia la pallacanestro giocata da vincente, da campione. C’era andato vicino con i suoi New Jersey Nets e ha coronato un sogno solo all’ultimo giro di valzer. Incisivo e funzionale alla squadra come nessun altro.
Voto: 7
Iman Shumpert: 128 minuti giocati (18.3 per game), 7/23 dal campo (30.4%), 4/15 da 3 punti (26.7%), 3/3 ai liberi (100%), 11 rimbalzi (8 difensivi, 3 offensivi, 1.6 per game), 1 assist (0.1 per game), 1 palla recuperata (0.1 per game), 2 stoppate (0.3 per game), 7 palle perse (1 per game), 21 punti (3 per game).
Le scorse Finals lo avevano visto fallire miseramente, non riuscendo praticamente mai a far canestro. Lue gli riserva un posto di specialista difensivo e l’ex Knicks riesce ad eseguire come meglio può gli ordini di scuderia ma resta un rebus offensivamente parlando: sempre le scelte sbagliate, poca presenza a rimbalzo e sfasamento con i ritmi dei compagni (va a 100 quando gli altri vanno a 20, va a 20 quando la squadra va a 100).
Voto: 5
Mo Williams: 6 gare disputate, 29 minuti giocati (4.8 per game), 4/12 dal campo (33.3%), 1/5 da 3 punti (29%), 0/0 ai liberi (0%), 3 rimbalzi (3 difensivi, 0 offensivi, 0.5 per game), 1 assist (0.2 per game), 3 palle recuperata (0.5 per game), 0 stoppate, 5 palle perse (0.8 per game), 9 punti (1.5 per game).
Prende il post di Delly in rotazione e concede qualche minuto in più di riposo a Kyrie. Lue non se la sente di schierarlo più di 5 minuti a gara (dopo aver visto le prime 4 dalla panca) per via della sua pessima attitudine difensiva. Corona comunque il sogno di vincere a Cleveland insieme all’amico LeBron.
Voto: S.V.
Matthew Dellavedova: 6 gare disputate, 46 minuti giocati (7.6 per game), 5/19 dal campo (26.3%), 1/6 da 3 punti (16.7%), 5/6 ai liberi (83.3%), 3 rimbalzi (1 difensivo, 2 offensivi, 0.5 per game), 6 assist (1 per game), 0 palle recuperate, 0 stoppate, 3 palle perse (0.5 per game), 16 punti (2.7 per game).
Nota decisamente stonata, soprattutto dopo le ultime NBA Finals disputate da vero eroe. Non ci si aspettava lo stesso rendimento ma neanche un così poco impatto all’interno di una serie in cui le seconde linee sono state così chiamate in causa. La fotografia migliore delle sue finali sono quei 3 falli in 1:38 di gioco. Mai in ritmo, mai nella serie mentalmente e le cifre in netto calo lo portano ad uscire completamente dalle rotazione dei Cavaliers.
Voto: 4
Dahntay Jones: 6 gare disputate, 18 minuti giocati (3 per game), 2/4 dal campo (50%), 0/0 da 3 punti (0%), 4/5 ai liberi (80%), 2 rimbalzi (2 difensivi, 0 offensivi, 0.3 per game), 0 assist, 0 palle recuperate, 1 stoppata (0.2 per game), 0 palle perse, 8 punti (1.3 per game).
Ha sicuramente una storia da raccontare ai suoi nipotini, perchè anche chi parte dal basso può farcela ad arrivare sul tetto del mondo. Riserva in D-League, titolare in D-League, call up in NBA, girovago senza casa per molto, poi Cleveland e l’anello. Ricorderemo i suoi 5 punti (pesanti anziché no) e forse nulla più ma chi lo conosce bene sa quanto un giocatore del genere è importante all’interno di uno spogliatoio comunque difficile da gestire.
Voto: S.V.
Timofey Mozgov: 5 gare disputate, 25 minuti giocati (5 per game), 2/6 dal campo (33.3%), 0/0 da 3 punti (0%), 3/4 ai liberi (75%), 8 rimbalzi (5 difensivi, 3 offensivi, per game), 0 assist, 3 palle recuperate (0.6 per game), 1 stoppate (0.2 per game), 4 palle perse (0.8 per game), 7 punti (1.4 per game).
Vale sostanzialmente lo stesso discorso fatto con Dellavedova, solo che per il russo non ci sono praticamente mai state chance di mettersi in mostra. Non lo condanniamo, né premiamo, perchè ai margini della rotazione di coach Lue, vivendo sostanzialmente solo di garbage time.
Voto: S.V.
Jordan McRae: 1 gara disputata, 3 minuti giocati (3 per game), 2/2 dal campo (100%), 0/0 da 3 punti (0%), 0/0 ai liberi (0%), 1 rimbalzo (1 difensivo, 0 offensivi, per game), 0 assist, 0 palle recuperate, 0 stoppate, 0 palle perse, 4 punti (4 per game).
Voto: S.V.
Channing Frye: 4 gare disputate, 33 minuti giocati (8.3 per game), 0/3 dal campo (0%), 0/1 da 3 punti (0%), 2/2 ai liberi (100%), 3 rimbalzi (3 difensivi, 0 offensivi, 0.8 per game), 0 assist, 0 palle recuperate, 2 stoppate (0.5 per game), 0 palle perse, 2 punti (0.5 per game).
Il giocatore che più ha bucato le aspettative dei Cavs e forse anche dei Warriors. Arrivava con delle cifre straordinarie a queste Finals ma non ha saputo minimamente replicare le prestazioni fatte registrare contro Raptors, Pistons e Hawks. Il problema, un po’ come Smith, è l’aspetto difensivo del suo gioco, perchè sostanzialmente troppo poco intelligente per marcare lunghi atipici come quelli dei Warriors. Coach Lue gli concede anche delle chance in gara 1 e gara 2 ma pian piano sparisce dai suoi piani e da gara 5 in poi non vedrà più il campo. Una delusione.
Voto: 4
James Jones: 5 gare disputate, 20 minuti giocati (4 per game), 0/1 dal campo (0%), 0/1 da 3 punti (0%), 1/4 ai liberi (25%), 2 rimbalzi (2 difensivi, 0 offensivi, 0.4 per game), 2 assist (0.4 per game), 0 palle recuperate, 0 stoppate, 0 palle perse, 1 punto (0.2 per game).
“Ridendo e scherzando, fate spazio sul terzo dito che arrivo” sarebbe l’intro per parlare di JJ. Non ha praticamente mai partecipato a queste Finals (ancor meno rispetto a quelle con i Miami Heat) ma ha comunque vinto, ha comunque l’anello e sarà il terzo della sua carriera.
Voto: S.V.
GOLDEN STATE WARRIORS
Stephen Curry: 246 minuti giocati (35.1 per game), 50/124 dal campo (40.3%), 32/80 da 3 punti (40%), 26/28 ai liberi (92.9%), 34 rimbalzi (26 difensivi, 8 offensivi, 4.9 per game), 26 assist (3.7 per game), 6 palle recuperate (0.9 per game), 5 stoppate (0.7 per game), 30 palle perse (4.3 per game), 158 punti (22.6 per game).
Il più discusso, ovviamente. Il primo capro espiatorio, ovviamente. Il primo artefice della sconfitta, ovviamente. Queste idee, appartenenti per fortuna alla minoranza dell’opinione pubblica, le lasciamo da parte perchè Stephen Curry va oltre la sconfitta in gara 7. Di certo non ha giocato la sua miglior pallacanestro (per via delle condizioni fisiche precarie che ben conosciamo) ma non gli fa affibbiata nemmeno tutta la croce, non gli vanno addossate tutte le colpe della sconfitta. Il suo livello di gioco è sceso non solo per le sue condizioni fisiche però: non ha mai scelto la soluzione giusta, spesso forzando sia tiri che situazioni, come quelle dei falli. A tratti superficiale, a tratti troppo leggero, a tratti dominante. Ha comunque disputato una prima parte di serie eccellente e i numeri parlano abbastanza chiaro. Da un alieno ci si aspetta sempre di più ma in queste Finals ci siamo accorti che Curry può ANCHE essere umano.
Voto: 7
Klay Thompson: 247 minuti giocati (35.3 per game), 47/110 dal campo (42.7%), 21/60 da 3 punti (35%), 22/28 ai liberi (78.6%), 21 rimbalzi (17 difensivi, 4 offensivi, 3 per game), 13 assist (1.9 per game), 7 palle recuperate (1 per game), 4 stoppate (0.6 per game), 15 palle perse (2.1 per game), 137 punti (19.6 per game).
Decisivo e incisivo, quasi sempre. Se Golden State avesse portato a casa quest’anello, per continuità, l’MVP sarebbe andato a lui. Non si mai scomposto, giocando allo stesso modo sull’89 pari a 3′ dalla fine e sul -30. Ha una lucidità fuori dal normale e in queste Finals l’abbiamo vista tutta, come abbiamo ammirato il suo talento sconfinato che spesso lo porta a realizzare giocate assurde. Lavora tanto e bene anche in difesa e non gli si può recriminare davvero nulla. Ha dato tutto ma quel tutto non è bastato.
Voto: 8
Draymond Green: 6 partite disputate, 240 minuti giocati (40 per game), 34/70 dal campo (48.6%), 13/32 da 3 punti (40.6%), 18/23 ai liberi (78.3%), 62 rimbalzi (57 difensivi, 5 offensivi, 10.3 per game), 38 assist (6.3 per game), 10 palle recuperate (1.7 per game), 6 stoppate (1 per game), 12 palle perse (2 per game), 99 punti (16.5 per game).
Difficile inquadrare la serie di Green. E’ uno dei migliori giocatori di questa lega ma gli manca quella componente per il salto di qualità definitivo: la continuità. Lontano dalla Oracle ha giocato decisamente male, rifacendosi con le prestazioni casalinghe da go-to-guy. Resta il leader emotivo della squadra, resta il giocatore più difficile da marcare dagli avversari ma non ha ancora compiuto quel salto, soprattutto mentale, per definirsi uno dei primi 10 di questa lega. La sua performance in gara 7 resterà nei libri della storia dei Warriors per intensità e forza dimostrata. L’esclusione per somma di flagrant gli fa perdere una gara e il suo rientro in campo quasi non si sente. Deve migliorare ancora e ha tempo per farlo. In difesa resta un giocatore più che temibile se in giornata, più che vulnerabile se in giornata no.
Voto: 7
Harrison Barnes: 222 minuti giocati (31.7 per game), 25/71 dal campo (35.2%), 9/29 da 3 punti (31%), 6/10 ai liberi (60%), 31 rimbalzi (25 difensivi, 6 offensivi, 4.4 per game), 10 assist (1.4 per game), 5 palle recuperate (0.7 per game), 3 stoppate (0.4 per game), 4 palle perse (0.5 per game), 65 punti (9.3 per game).
Ha giocato come se sapesse che la sua permanenza nella Baia sarebbe dipesa dalle sue prestazioni, con quella stessa paura mista a voglia di dimostrare che ha un po’ bloccato il suo talento. L’ex UNC non è riuscito ad essere incisivo come nelle scorse finali e non è riuscito ad essere un pericolo per la difesa dei Cavs (che spesso battezzava lui per non lasciare liberi gli altri). Non ha sfruttato queste occasioni e il suo 31% dall’arco parla chiaro. Kerr gli dà comunque fiducia ma viene in parte ripagata. Il suo futuro è lontano da Oakland?
Voto: 6
Andre Iguodala: 239 minuti giocati (34.1 per game), 27/58 dal campo (46.6%), 7/23 da 3 punti (30.4%), 3/9 ai liberi (33.3%), 44 rimbalzi (28 difensivi, 16 offensivi, 6.3 per game), 29 assist (4.1 per game), 6 palle recuperate (0.9 per game), 5 stoppate (0.7 per game), 8 palle perse (1.1 per game), 64 punti (9.1 per game).
Un eroe, questa è l’unica definizione che si può dare di Iggy. Eroiche sono le sue prestazioni difensive contro un androide come James, eroiche sono le sue scelte offensive aiutate da un IQ cestistico elevatissimo, eroico è lo sforzo che fa per restare in campo nonostante i dolori alla schiena. Le cifre non dicono nulla del suo gioco, non dicono nulla quelle 6 palle recuperate nella serie perchè anche quest’anno il lavoro fatto sugli avversari più forti è stato incolmabile. E’ stato il primo a congratularsi con loro perché non c’è cosa più sportivamente corretta dell’ammettere una sconfitta e di levarsi il capello davanti a chi ti ha battuto.
Voto: 7.5
Shaun Livingston: 148 minuti giocati (21.1 per game), 23/45 dal campo (51.1%), 0/1 da 3 punti (0%), 12/14 ai liberi (85.7%), 24 rimbalzi (19 difensivi, 5 offensivi, 3.4 per game), 20 assist (2.9 per game), 2 palle recuperate (0.3 per game), 2 stoppate (0.3 per game), 9 palle perse (1.2 per game), 58 punti (8.3 per game).
Una riserva di lusso, senza se e senza ma. La sua storia mette i brividi ma le sue giocate ancora di più. Gioca una prima parte di serie entusiasmante, prima di un calo quasi inaspettato. Mantiene cifre più che interessanti e punisce quasi sempre i mismatch che la difesa decide di accettare. Le istantanee più belle restano quelle due schiacciate (la prima su Jefferson, al seconda in contropiede in gara 7) e l’ennesima conferma che si può rinascere anche dalle ceneri. Un esempio di vita, prima che di sport.
Voto: 6.5
Leandro Barbosa: 6 partite disputate, 79 minuti giocati (13.1 per game), 18/28 dal campo (64.3%), 5/10 da 3 punti (50%), 8/11 ai liberi (72.7%), 6 rimbalzi (4 difensivi, 2 offensivi, 1 per game), 5 assist (0.8 per game), 3 palle recuperate (0.5 per game), 1 stoppata (0.2 per game), 3 palle perse (0.5 per game), 49 punti (8.2 per game).
Vive di due fasi: una prima in cui sembrava non sbagliare mai (realizza i primi 10 canestri della serie su altrettanti tentativi), di dominio generale, un’altra in cui non viene utilizzato da coach Kerr (una addirittura non convocato). In generale, il brasiliano gioca una signora serie, realizzando in poco più di 13 minuti più di 8 punti, un rapporto minuti giocati/punti segnati che fa invidia a tutti. Anche in gara 7 porta il suo mattoncino, segnando una tripla pesantissima al suo primo tentativo dal campo. E’ un’altra storia di queste Finals ma non sempre si conclude il tutto con un lieto fine.
Voto: 6.5
Andrew Bogut: 5 partite giocate, 60 minuti giocati (12 per game), 8/17 dal campo (47.1%), 0/1 da 3 punti (0%), 0/0 ai liberi (0%), 15 rimbalzi (6 difensivi, 9 offensivi, 3 per game), 3 assist (0.6 per game), 2 palle recuperate (0.4 per game), 10 stoppate (2 per game), 5 palle perse (1 per game), 16 punti (3.2 per game).
Il più sfortunato. Poteva essere la chiave per non permettere a Cleveland – soprattutto a James e Irving – di dominare l’area e così non è stato. Dal momento del suo infortunio LeBron ha banchettato nel pitturato (41, 41 e 27 nelle 3 senza l’australiano) e lo stesso impatto ha avuto anche Uncle Drew. Un pezzo importante dello scacchiere di Kerr che ha disputato una buona serie finale, nonostante gli si preferisca il quintetto small nel finale e nelle parti importanti del match.
Voto: 6
Festus Ezeli: 61 minuti giocati (8.6 per game), 6/20 dal campo (30%), 0/0 da 3 punti (0%), 2/4 ai liberi (50%), 13 rimbalzi (6 difensivi, 7 offensivi, 1.9 per game), 3 assist (0.4 per game), 1 palla recuperata (0.1 per game), 1 stoppate (0.1 per game), 2 palle perse (0.3 per game), 14 punti (2 per game).
Decisamente male e sicuramente non quello che sperava Steve Kerr. Non è incisivo, non riesce a chiudere l’area come aveva fatto Bogut nelle prime due gare, è spesso “un cervo in tangenziale” in difesa sui cambi, tanto per un usare un’espressione di Flavio Tranquillo. Le cifre dicono chiaramente che non è mai stato presente in questa serie.
Voto: 4
Marreese Speights: 33 minuti giocati (4.7 per game), 4/18 dal campo (22%), 4/10 da 3 punti (40%), 2/2 ai liberi (100%), 9 rimbalzi (6 difensivi, 3 offensivi, 1.3 per game), 2 assist (0.3 per game), 1 palle recuperate (0.1 per game), 2 stoppate (0.3 per game), 2 palle perse (0.3 per game), 14 punti (2 per game).
Gioca pochissimo, segna pochissimo (strano) ed è un fattore limitato nella serie. Così come Frye sul versante opposto, anche Speights paga una pessima reputazione difensiva e in una serie così accorta ai dettagli difensivi non c’è spazio per chi fa più giri a vuoto che difese come si deve.
Voto: 5
Ian Clark: 4 partite disputate, 19 minuti giocati (4.8 per game), 5/8 dal campo (62.5%), 3/5 da 3 punti (60%), 0/0 ai liberi (0%), 3 rimbalzi (2 difensivi, 1 offensivi, 0.8 per game), 2 assist (0.5 per game), 0 palle recuperate, 0 stoppate, 3 palle perse (0.8 per game), 13 punti (3.3 per game).
Voto: S.V.
Anderson Varejao: 6 partite disputate, 41 minuti giocati (6.9 per game), 0/4 dal campo (0%), 0/0 da 3 punti (0%), 7/14 ai liberi (50%), 8 rimbalzi (2 difensivi, 6 offensivi, 1.3 per game), 6 assist (1 per game), 1 palle recuperate (0.2 per game), 0 stoppate, 2 palle perse (0.3 per game), 7 punti (1.2 per game).
Sembra essere un talismano ma con gli effetti opposti. Dove va lui, non si vince. Viene scaricato da Cleveland e approda ai Warriors, credendo di accrescere le sue chance di vittoria. In campo non fa altro che fare la guerra a tutti, avversari e arbitri, pensando poco, ma davvero poco alla pallacanestro giocata. Vince Cleveland, quella per la quale aveva giocato la bellezza di 12 stagioni senza mai vincere niente. Gli scherzi della sorte.
Voto: 4
James Michael McAdoo: 3 partite disputate, 18 minuti giocati (6.1 per game), 2/2 dal campo (100%), 0/0 da 3 punti (0%), 0/0 ai liberi (0%), 4 rimbalzi (4 difensivi, 0 offensivi, 1.3 per game), 1 assist (0.3 per game), 0 palle recuperate, 0 stoppate, 0 palle perse, 4 punti (1.3 per game).
Kerr gli affida momenti importanti della gara dopo averlo scongelato (nei primi due atti della serie non mette piede in campo) e fa il suo compito discretamente. Si limita a quello senza uscire dagli schemi. Serie nel complesso non valutabile.
Voto: S.V.
Brandon Rush: 5 partite disputate, 28 minuti giocati (5.5 per game), 0/3 dal campo (0%), 0/1 da 3 punti (0%), 1/2 ai liberi (50%), 5 rimbalzi (5 difensivi, 0 offensivi, 1 per game), 0 assist, 2 palle recuperate (0.4 per game), 1 stoppate (0.2 per game), 1 palla persa (0.2 per game), 1 punti (0.2 per game).
Voto: S.V.