ICYMI - La lega degli Hombre Vertical
La nostra riflessione parte da molto lontano e, per una volta, non dal gioco più bello del mondo. Facciamo una passeggiata non troppo lontana dal cuore dell’Argentina e utilizziamo due estremi: il primo è Chàbas, non distante da Santa Fe, il secondo è Bahia Blanca, in provincia di Buenos Aires. Perchè partiamo proprio da qui? Perchè i nostri personaggi di riferimenti sono nati in quelle zone. Dalla quasi microscopica Chàbas arriva tale Héctor Raúl Cúper, prima giocatore del Ferro Carril Oeste, dell’Independiente Rivadavia e del Club Atlético Huracán, poi allenatore di Maiorca, Valencia, Inter, Betis, Parma e attualmente CT della nazionale egiziana di calcio. Il soprannome, che più o meno tutti hanno in quella particolare zona del mondo, va al di là del semplice nickname, al di là del mero vezzeggiativo per individuare una caratteristica particolare. Viene definito, soprattutto dopo la sua carriera da allenatore, un Hombre Vertical, concetto piuttosto complesso nella filosofia albiceleste. Sommariamente potremmo tradurlo con “un uomo tutto d’un pezzo” ma non basta per inquadrare il personaggio. E’ una persona che non scende a compromessi, capace di sostenere le sue opinioni senza intaccare quelle degli altri e, soprattutto, in modo tale da uscirne sempre come esempio. Non è il momento e non è la sede per parlare della carriera di Cuper ma dal suo nomignolo ci spostiamo a circa 1000 km più su rispetto a Santa Fe, fino ad arrivare a Bahia Blanca. Parliamo di un posto orrendo, seguendo le testimonianze di chi c’è stato, ma poco importa. Parliamo di Bahia Blanca perchè qui nacque tale Emanuel David Ginóbili Maccari, meglio noto come Manu. All’ex virtussino non fu mai affibbiato il soprannome che tanto rende celebre il tecnico argentino, perchè fin da piccolo, nei campetti di una zona non troppo florida dell’Argentina, insieme ai fratelli Leandro e Sebastian, Manu viene chiamato El Narigon, ovvero sia Il nasone. Il suo pronunciato setto nasale da lì a poco perderà al sua centralità, facendo spazio a nuove caratteristiche, quelle che rendono l’anguilla di Bahia Blanca (definizione di Flavio Tranquillo) una leggenda anche al di fuori dei confini argentini. E qui veniamo al dunque. Federico Buffa, lontano anni luce dal concetto di banale, in occasione della presentazione del suo primo libro “Black Jesus” definisce Ginobili come un Hombre Vertical, aggiungendo altri dettagli al concetto: “E’ uno che ha una linea, una coerenza, un forza e quella è“. La voce più istituzionale del basket americano in Italia ancora una volta coglie nel segno e ad anni e anni di distanza ne percepiamo ancora l’attualità delle sue parole.
Da Chàbas a Bahia Blaca, da Bahia Blanca a San Antonio, TX. Il viaggio è lungo ma a qualsiasi latitudine si può riconoscere un Hombre Vertical. Stanotte si è aperto uno spaccato dei playoff che non farà certo sorridere ad Adam Silver…o forse sì? Andiamo con ordine. Siamo all’AT&T Cneter e il tabellone recita Thunder 98, Spurs 97 con 13.5 secondi sul cronometro di gara 2. Rimessa per gli ospiti. Se ne incarica Waiters e i giocatori in campo prendono gli uomini per pressare e cercare di recuperar palla. Da qui in poi, quasi un inferno. Ci sono state almeno 8 (OTTO) violazioni negli ultimi e convulsi minuti gioco: Manu Ginobili che nel tentativo di pressare Waiters invade lo spazio dell’esterno di OKC, superando la linea; Leonard si aggrappa letteralmente alla maglia di Westbrook; Waiters salta per passare la palla; il cronometro della partita parte con 0.3 secondi di anticipo; Danny Green probabilmente subisce da KD; Serge Ibaka trattiene simultaneamente sotto canestro Leonard e Aldridge per evitare un rimbalzo offensivo; un tifoso seduto a bordo campo tocca Steven Adams; Waiters nel tentativo di guadagnare spazio per passare la palla dà una vistosa gomitata a Manu Ginobili. La sintesi potrebbe essere quella di una partita intera ed invece questa serie di “errori” arbitrali sono accaduti solo negli ultimi 13.5 secondi. Non abbiamo intenzione di prendere le parti dei Thunder o le parti degli Spurs. Gli arbitri sono esseri umani, possono sbagliare e in un sistema sofisticato come quello NBA spesso questi errori vengono corretti da una avanzatissima tecnologia. Il nostro punto è proprio questo: il sistema. Dire che gli americani sono 20/30 anni avanti a noi come mentalità corrisponde a cadere in un concetto che troppo spesso si è definito come un luogo comune. Ma la realtà qual’è?
Waiters foul on Ginobili was the worst missed call in playoff history.
— Earvin Magic Johnson (@MagicJohnson) May 3, 2016
Alla fine della gara coach Pop si è rivolto a muso duro con gli arbitri come è solito fare, specie dopo un finale molto agitato. Le immagini scorrevano copiose, così come i tweet polemici. C’è chi ci va giù duro e non è un nome a caso. Magic Johnson, ad esempio, scrive nei minuti immediatamente dopo l’accaduto scrive “Waiters foul on Ginobili was the worst missed call in playoff history“. Insomma, non roba da poco. I media non aspettano altro che sentire le opinioni dei protagonisti in campo ed è qui che la Spurs Culture e il sistema NBA sconvolge il nostro modo di pensare, di vivere determinate situazioni. Il primo a parlare è il più coinvolto, Manu Ginobili, che spiazza tutti. Ci si aspetterebbe, essendo italiani, un attacco d’ira per un fischio facile e fin troppo evidente ed invece l’Hombre Vertical per eccellenza dice: “Qualcosa è successo ma non abbiamo sicuramente perso per colpa di quel mancato fischio. Abbiamo avuto il tiro per vincere la partita e l’abbiamo persa“. E non c’è cosa più bella della mentalità che va oltre i problemi, gli errori degli altri. Lo stesso Ken Mauer, capoterna e arbitro di assoluto rispetto, ha ammesso: “In campo non abbiamo visto il fallo ma dopo ci siamo accorti che avremmo dovuto fischiare fallo in attacco. E’ una giocata mai vista prima e avremmo dovuto chiamare fallo contro Waiters. Gli Spurs avrebbero dovuto avere il possesso“. Potrebbero essere dichiarazioni che al nostro orecchio suonano male ed invece la grandezza di una lega intera fatti da Hombre Vertical ci stupisce ancora e ancora e ancora. Negli USA la polemica continua ma c’è più attenzione al prosieguo della serie che all’errore (o errori) in sé. Alle parole di Manu fanno eco quelle di tutti gli altri giocatori in maglia Spurs che recriminano più sugli errori di gioco che su quelli derivanti da altro. Essere uomini tutto d’un pezzo non è una qualità che tutti hanno e in questa lega questa caratteristica sembra quasi contagiosa, creando una mentalità che il mondo dovrebbe invidiare. Ammettere i propri errori e guardare avanti per non commetterne più. Vedere e rivedere l’accaduto ma con la mente già a gara 3 per cercare di non ripetere quanto visto.
Dunque, Adam Silver non ha sorriso dopo aver rivisto i fatti? No, sicuramente no. Ma la sua lega ha ancora una volta dimostrato di essere la miglior cosa al mondo.