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Glory Road #8 - Wild Wild Westbrook

I playoff sono quasi arrivati alla conclusione del primo turno e l’attenzione di ogni fan della palla a spicchi è focalizzata su un unico argomento: chi diventerà il prossimo dominatore della lega? Giustamente, chi può biasimarli? I playoff sono uno degli spettacoli sportivi più belli che si possano ammirare e, non nascondiamoci, negli States tutto è costruito per essere reso più bello.
Ma non è che abbiamo dimenticato qualcuno?

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La gloria, anche a causa della divisione in Conference squilibrata che vive l’Nba, non è fatta per tutti e inevitabilmente qualche mostro sacro deve accomodarsi sul divano e l’unico buzzer-beater che può vivere è quello dell’ultima birra (analcolica, si intende). Questo è lo strano caso di Russel Westbrook, trascinatore e leader a sorpresa dei non troppo convincenti Thunder, rimasti a casa dopo un finale di stagione al cardiopalma. È inutile perdersi ancora sui discorsi della disparità tra le due metà degli USA, ma il fatto che se fossero stati ad Est gli ex ragazzi di Coach Brooks si starebbero giocando una serie avvincente con i Bulls, almeno un po’ di fastidio te lo lascia.

Esatto, ex, perché la stagione non proprio fortuna ha trovato il capro espiatorio proprio nell’allenatore che ha disputato 3 delle ultime 4 finali di Conference, prima di regredire nell’annata attuale. Ma nello sport è noto che quando perdi, tutto quello che hai fatto di buono viene immediatamente dimenticato. Eppure la stagione di Westbrook è stata mostruosa: 28.1 punti, 8.6 assist e 7.3 rimbalzi a partita, con una serie quasi infinita di triple doppie e una seconda parte di stagione che i pochi nella storia sono riusciti a realizzare.

Che fosse un anno particolare per RW, lo si era capito già nell’All Star Weekend, laddove il numero 0 ha sconvolto tutti sfiorando il record di punti di Chamberlain e prendendosi a mani basse l’MVP del match. Chi avrebbe detto però, che qualche mese dopo si sarebbe trovato a lottare con dignità per il vero titolo di Most Valuable Player, almeno per le prestazioni da singolo. La realtà però è che il far girare un intero roster intorno ad un solo giocatore è una lama a doppio taglio: tutti ti osannano se ti carichi la squadra sulle spalle, ma da solo non raggiungi certi palcoscenici.

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E allora qual è la soluzione migliore per il futuro? Probabilmente ripartire da un’altra parte per raggiungere finalmente il posto che gli spetta, magari creando una dinastia lontano da Oklahoma City, può rivelarsi la soluzione migliore. Ci sono tante franchigie storiche (e qui il nome Lakers romba come un tuono) che vogliono tornare a fare la voce grossa e Russel è uno dei tenori più ambiti della lega, se messo nelle condizioni di eccellere. Se a questo ci aggiungiamo che insieme a lui potrebbe arrivare qualche altro free agent di primo pelo, ecco che forse l’equazione si risolve da sola.

L’alternativa, quella di rimanere ad Oklahoma City, sta perdendo sempre più il suo appeal e l’essere considerato, nonostante tutto, un passo dietro all’ancora per poco Mr. MVP, di certo non aiuta. Certo sarà fondamentale l’approdo di Coach Donovan, traghettatore pronto a risollevare le sorti dei Thuder, che deve innanzitutto far ritrovare le giuste motivazioni alla coppia appena citata. Il destino ha già concesso tante, troppe occasioni al giovane team, ora c’è da capire se ne riserva altre.

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Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone