Glory Road #7 - Mio Fratello è Figlio Unico
Qualcuno, senza controllare, saprebbe dirmi seduta stante come sono relazionate New York e Newark? E se vi dicessi che sono due città essenziali nel percorso dell’attuale dominio della lega? Vuoto totale? Molto semplicemente sono le due città dove la signora Splash (cognome da sposata, ovviamente) ha partorito i suoi figli più famosi, Steph e Klay, prontamente riportati nello Stato Dorato. L’ospite d’onore della odierna Glory Road è il più giovane e meno idolatrato dei due: Klay Thompson.
You’ll play basketball my way. My way is hard
Nella Oakland attuale il clima è dei migliori possibili per i fan della franchigia, che quasi inaspettatamente si ritrovano ad essere i mattatori indiscussi della lega e si avvicinano a grandi falcate a quella che potrebbe rivelarsi la stagione in cui i Warriors tornano al titolo, ben quarant’anni dopo. Il merito va dato alla costanza delle prestazioni, all’alchimia quasi perfetta di un roster che viene da tante stagioni insieme e dall’arrivo di un piccolo (si fa per dire, 185 centimetri eh!) uomo che quest’anno ha preso il suo posto in panchina. Steve Kerr ha donato un’identita rinvigorita ai suoi ragazzi, evolvendo quello che era lui come cestista e riproponendolo in modo esponenzialmente migliorato sul parquet. Ad oggi è palese che un uomo come Kerr sarebbe calzato a pennello in un team che fa del gioco perimetrale la sua arma principale, ma quanti erano così spavaldi nel dirlo ad inizio stagione? Io due persone che magari ne erano convinti le posso immaginare, due che hanno compreso sin da subito che il nuovo gioco li avrebbe resi i pezzi pregiati dell’Nba.
Per i meno informati, cioè per chi non ha visto nemmeno una partita negli ultimi 4 anni: chi saranno mai gli Splash Brothers? Gli Splash Brothers sono una coppia di guardie che da qualche anno ha deciso di dare un nuovo significato alle parole “tiro da 3”, frantumando qualsiasi record presente nella disciplina e guadagnandosi il suddetto soprannome grazie al suono emesso dalla palla a spicchi, che raramente trova il ferro del canestro nella sua traiettoria. Già lo scorso anno avevano fatto intravedere di essere pronti a vincere, venendo fermati in una sfida infernale solo dai Clippers, che lo scorso anno si sono dimostrati superiori. Quest’anno la musica si è rivelata molto diversa.
45.7 punti a partita (secondi solo a LeBron e Irving, ma con più partite giocate) sono il chiaro segno di come due guardie, se messe nelle giuste condizioni, possono far pesare su ogni tiro quel punto in più che premia l’azzardo. Ma, diciamoci la verità, tra i Warriors i riflettori sono ancora divisi a metà? Probabilmente per Thompson non è più così. Klay sta vivendo in tutto e per tutto la storia del tipico fratello minore, coccolato durante l’infanzia in maniera quasi fastidiosa, ma che vive l’adolescenza nell’ombra dei successi del più grande, mito forse irraggiungibile. E’ così che Steph è diventato ad un tratto l’unico leader della franchigia, l’uomo copertina e il principale candidato MVP, nonchè il più votato dai fan per gli All-Star Game, mentre inevitabilmente Thompson è stato un po’ defilato dalle attenzioni globali, quasi a cancellare il mito degli Splash Brothers.
Insinuare che ci siano delle effettive discrepanze nello stupendo rapporto tra i due è ovviamente eccessivo, ma l’essere diventato il secondo violino quasi in modo inaspettato potrebbe diventare fastidioso col tempo. Soprattutto se si considera che, a soli 24 anni d’età, sarebbe plausibile per Klay ambire ad un posto da stella assoluta, cosa che gli verrebbe garantita in davvero moltissime compagini in Nba. Ed è ovvio che per uscire dall’ombra l’ultima arma è quella del capriccio, il pianto dell’infante che nel nostro caso corrisponde a Sacramento-Golden State, giocata il 23 Gennaio 2015. Tenete a mente le cifre, perchè difficilmente potrete dimenticarle: 52 punti, di cui 11 triple (73,3% dall’arco) e il 64% dal campo, mettendone 37 nel terzo quarto con 9 triple con il 100% dal campo (13 tiri). Numeri da capogiro che forse le lacrime le hanno fatte venire solo ai Kings.
A fine anno probabilmente si parlerà ancora dell’annata di Curry, del suo essere MVP e dell’aver portato al titolo i suoi Warriors, ma i tifosi sapranno benissimo che la mano più importante gliel’ha data suo fratello minore. E’ toccato a Pippen, a Stockton, a Kobe; la storia prima o poi si ricorda sempre dei secondi, quelli che vincono le partite e lasciano gli allori agli altri.
You wanna quit? You quit right now, you’ll quit every day for the rest of your life.