Glory Road #6 - Slam Duncan
Che la North Carolina non fosse un posto qualunque per i fan del basket mondiale lo sanno tutti, ma quanti ricordano cosa andò in scena il 25 Giugno del 1997 a Charlotte? Basta dire che l’intera storia di una franchigia cambiò radicalmente.
You’ll play basketball my way. My way is hard
Gli Spurs, guidati da David Robinson, stentavano ad Ovest, dove alternavano stagioni fallimentari a mancate conferme. Serviva un nuovo condottiero e come Spartaco si alleò a Crisso, ecco che l’Ammiraglio trovò il suo fratello di sangue diverso al Draft di quell’anno: Tim Duncan. Per chi, come me, era troppo piccolo per vedere le gesta di Jordan a Chicago, le Torri Gemelle di San Antonio sono i primi grandi miti che ti fanno avvicinare a questo sport. Una di quelle coppie che quando si formano hanno già ritagliato un posto della storia, una di quelle coppie che hanno il segno sul dito prima ancora di vincere l’anello.
E poi c’è lui, il padre cestistico di Tim (senza offesa per il signore e la signora Duncan, ovviamente), in due parole c’è Greg Popovich. Senza rivali il più grande allenatore del nuovo millennio, Pop ha saputo prima vincere secondo gli standard dell’epoca, dominando con il gioco sotto canestro, poi ha creato un nuovo modo di intendere la disciplina, integrando il basket europeo e migliorandolo, facendolo diventare degno dell’NBA. Non è un caso infatti che quando l’Ammiraglio stava per andare in pensione, ecco che a raggiungere il gigante buono sono due piccoletti, uno francese e l’altro argentino, ma proveniente dal Bel Paese (quello della pizza, delle macchine da corsa e delle belle donne, per intenderci).
Con Ginobili e Parker si vince, e l’universo Nba se ne accorge abbastanza in fretta. Anello nel 2003, 2005 e 2007, perché vincerli tutti di seguito era troppo mainstream all’epoca. Quasi come se fosse troppo ovvio confermarsi, loro dovevano trionfare a sorpresa e col grande gioco: infondo era quello che Duncan non sapeva di volere. Gli anni però passano troppo in fretta e dall’essere campioni mai riconfermati, gli Spurs passano improvvisamente ad essere dei vecchietti troppo stanchi per infastidire i titani. “Ora ve lo do io il vecchietto” Avrà pensato Tim lo scorso anno, quando i suoi Spurs avevano appena subito una cocente sconfitta all’ultimo istante contro i Big Three di Miami.
Duncan aveva fatto una scelta di vita, quella di sacrificare i soldi che per il suo talento gli spettavano di diritto pur di risalire la montagna ancora una volta, guardare dall’alto verso il basso gli avversari per un ultimo istante. In Texas arrivano tra gli altri Leonard, Green e Belinelli, carne fresca da affiancare a quella di grande qualità che già c’era, ma che andava mangiata subito per non perderne l’essenza. Dominatori tra mille emozioni dell’Ovest, i nuovi Spurs hanno polverizzato i rivali dell’anno prima, umiliando il King e i suoi sudditi con un cocente 4-1, di quelli che uno come LeBron si ricorda a vita.
Anno nuovo, vita vecchia. Dovrebbero dare il loro nome ad una sindrome, quella di Popovich e dei suoi Spurs, quella dei campioni che non riescono mai a riconfermarsi. Anche quest’anno infatti, Duncan e compagni stanno vacillando sotto i colpi di una Western Conference sempre più competitiva e vedono il loro posto ai playoff sempre più in bilico. Dovessero resistere ed avere la meglio su contendenti come Phoenix e New Orleans devono essere pronti ad una post season dove ogni serie ha il livello di una finale. Lasciar spesso riposare i pezzi pregiati è un rischio molto alto, dal quale Pop non si è mai tirato indietro, pur di preservarli per gli incontri che contano. La domanda da porre è: sono nuovamente troppo vecchi per vincere?
You wanna quit? You quit right now, you’ll quit every day for the rest of your life.