Glory Road #1 - All hail The King
Glory Road. Perché Glory Road? Spero che chi mi legga possegga una cultura cinematografica che contenga un pezzo importantissimo, una pietra miliare dei film sullo sport che narra le imprese dei Texas Western Miners del 1966, introdotti anche nella Basket Hall of Fame. E di Don Haskins, soprattutto di Don Haskins. Oltre ad aver dato una possibilità ad un etnia che ha capovolto la sorte di questo sport, Coach Haskins distrutto, mortificato, ricomposto e plagiato i suoi talenti per portarli a un risultato che entra nei libri di storia. Questo è quello che mi ripropongo di fare, nel mio piccolo: distruggere i pilastri dell’Nba, essendo spesso sopra le righe e esprimendo le mie personalissime critiche. Senza altri fronzoli l’ospite della prima edizione della Glory Road: The Chosen One, LeBron James.
You’ll play basketball my way. My way is hard.
Perché se inizi una rubrica polemica sul basket Nba degli ultimi anni, non puoi non parlare di lui. Premessa: non sono mai stato un fan di LeBron, mi era leggermente simpatico nel suo primo periodo a Cleveland, ma da lì è stato una parabola discendente che viene condivisa da una grande fetta di chi il basket americano lo vive quotidianamente, laddove l’ala si è trasformato nel nemico pubblico numero 1, l’uomo da battere per vincere l’anello e il catalizzatore delle simpatie dei fan, a favore dei suoi avversari. Insomma, nel 2014 LeBron o si odia o si ama, dimostrandosi una delle figure più discusse dell’ultimo decennio.
In un epoca in cui si preme per abbattere i titani del passato, James si è cimentato nell’unico sport in cui c’è un dio intoccabile e immortale.
Per gli americani Jordan, forse anche perché il ricordo delle sue imprese è un eco ancora troppo opprimente, è un mostro sacro che non solo non può essere spodestato, ma spesso e volentieri nemmeno infastidito.
È così che James, presentato già a tutti come Il Prescelto, viene presto visto come quella che è la rappresentazione moderna dell’Anticristo, soprattutto perché era impossibile opporre contrasto a un amore nostalgico fondamentalmente ai suoi albori (basti pensare che l’ultimo anno di MJ e quello da rookie di LeBron coincidono).
Per il ragazzo, parliamoci chiaro, non risulta essenziale essere simpatico e proprio quando l’alone del perdente (che più di tutto cambia la tua immagine agli occhi dei tifosi neutrali) lo aveva quasi ricoperto, ecco che svela la decisione più discussa del nuovo millennio: Il cestista maggiormente dominante della lega si affianca a Bosh per raggiungere Wade in quel di Miami.
E Cleveland va in fiamme. Letteralmente.
Ora, sinceramente, c’è qualche tifoso (non amante di LBJ ovviamente) che non ha goduto oltre ogni limite quando Nowitzki e i Mavericks hanno reso le Nba Finals del 2011 nella Waterloo di quelli che erano i campioni annunciati? Non preoccupatevi, siete perfettamente normali, forse vittime inconsapevoli della sindrome di Davide e Golia, forse.
(S)fortunatamente non si può cambiare il destino, chi è tecnicamente superiore agli altri e viene inserito in un contesto che, per quanto se ne voglia dire è di eccelsa qualità, prima o poi al titolo ci arriva.
E quando non ci arriva?
Quando non ci arriva è il momento di cambiare aria, e se quella squadretta che non era al tuo livello, nel frattempo ha avuto l’inimmaginabile fortuna di ottenere 3 prime scelte al draft, allora forse il lago Erie non era così male.
Cosa ci sarà di male? Un nativo e amante di Cleveland che torna al nido per provare a vincere quello che aveva solo sfiorato nella sua prima esperienza. Addirittura Carmelo Anthony, anch’egli tornato nella New York dov’era nato e cresciuto, ha concluso che il motivo del suo ritorno ha influenzato quello del King (quella barca di soldi che i Knicks “donano” a lui e a Stoudemire?). Se non fosse che questa scelta l’ha identificato come uno dei più grandi approfittatori del nuovo millennio del basket, per il resto sarebbe stata anche a tratti romantica.
È facile tornare in un posto che avevi ripudiato perché la prima scelta che non ti sembrava funzionale al tuo diventare campione si è rivelato uno dei playmaker più dominanti della lega e perché l’arrivo di Wiggins gli garantiva possibilità di trade quasi illimitate. Ecco che tornano allora, i Big Three di Cleveland, potenzialmente di gran lunga superiori a quelli che si erano formati in Florida e destinati a instaurare un regno del terrore in un futuro prossimo. Sinceramente non è esente da critiche nemmeno la dirigenza, tanto meno i tifosi dei Cavs, sedotti e abbandonati, ma così insicuri da accettare i fiori e i cioccolatini che il bravo ragazzo LeBron porta come scusa, vittima di un errore di vita nel momento in cui ha scelto la ragazza con la vasca idromassaggio. Perché vincere è l’unica cosa che conta, no?
You wanna quit? You quit right now, you’ll quit every day the rest of your life.