Fattore DeDe
Se riesci ad impararne il nome, poi risulta tutto più facile. Perché DeMar DeRozan del basket è un professore ed ha tutto il piacere a spiegartelo per bene: attaccante sempre, difensore spesso, uomo squadra da quando ha messo piede a Toronto. Ed ora pure recordman. In Canada c’è arrivato nel 2009 e questa appena cominciata è la sua ottava stagione con la foglia d’acero stampata sulla canotta. E che stagione: 9 gare alle sue spalle, in 8 delle quali ha superato quota 30. Solo Sacramento (23 punti, mica 2…) ha saputo arginarlo.
L’unico a riuscire in questi numeri per la prima volta dai tempi del signor Jordan, uno dei pochissimi ad entrare nel club ristrettissimo di quelli che possono vantare questo record: Wilt Chamberlain (tre volte), Jack Twyman, Elgin Baylor, Nate Archibald e World B. Free.
A sorprendere non sono le cifre, quanto la semplicità di gioco del ragazzo con la #10: non è appariscente, non veste stravagante, non è un fenomeno dei social. Il suo gioco non è cambiato rispetto a quello della scorsa stagione, ma la confidenza con la quale gestisce ogni possesso ed indica la via ai Raptors è un qualcosa di mai visto prima d’ora.
L’esperienza agli ultimi Playoffs deve aver fatto bene: uscire per mano dei poi campioni non fa sentire meno il dolore, ma ti indica che la strada da seguire è quella giusta. I Raptors non hanno cambiato tantissimo, per molti si erano addirittura indeboliti nell’ultimo mercato estivo, ma per il momento riescono a tenere testa alla Toronto vista un anno fa: il record di oggi recita 7-2 e gran parte del merito è nelle mani di DeMar.
A guardarlo bene non potrebbe essere altrimenti, e ancora una volta le sue cifre rispondono ad un processo di crescita che va avanti da ben otto stagioni: la scorsa era stata la stagione più prolifica della sua carriera, con 23.5 punti di media, ma da questo brillante avvio persino queste cifre sembrano superate.
Le sue statistiche non mentono: dentro l’area DeRozan è il killer perfetto e ciò spiega perché ogni compagno provi a passargliela col sorriso. E se coi piedi dietro l’arco non è ancora perfetto, non sembra essere un problema: altri grandi del suo ruolo hanno avuto lo stesso problema (ricordate DWade?) ma l’hanno saputo superare alla grande.
Cosa manca allora? Un LeBron in più, perché per il resto Toronto è la squadra perfetta per una pallacanestro semplice, gioiosa, veloce.
Consapevole di quello che porta in campo, DeMar non si preoccupa delle mancanze che i canadesi possono avvertire nei confronti di quelli dell’Ohio, ma sa bene quale deve essere l’obiettivo: una nuova finale di Conference. E stavolta con un finale migliore.
E poco importa se la critica ha visto davanti ai Raptors ben altre squadre solo poche settimane fa: i 40 punti a referto contro Detroit, nella prima sera dell’anno furono un avvertimento, i 33 dello scorso sabato con i Knicks una giusta continuazione. o
Ci avevano detto che in Canada non fossero arrivate stelle: una c’era già e si è fatta subito notare.