Cleveland @ Golden State, top&flop di Gara-1: Livingston e Iguodala da MVP, LBJ non basta. Splash Brothers con le polveri bagnate
Finalmente l’attesa è finita. Stanotte, alla Oracle Arena, hanno preso il via le NBA Finals 2016, remake dell’ultimo atto dello scorso anno, tra i Cavaliers di LeBron e i Warriors di Curry, campione in carica. E’ stato, a dir la verità, un primo atto abbastanza strano, con i padroni di casa che l’hanno spuntata nettamente (89-104) con l’aiuto decisivo non solo degli attori non primari del quintetto base (Bogut e Barnes), ma soprattutto di una panchina fenomenale, con i vari Livingston, Iguodala e Barbosa capaci di esaltarsi e di dare la spallata definitiva al match. Dall’altro lato, se nel 2015 LeBron era stato praticamente solo sull’isola, stavolta, oltre i Big Three, c’è stato poco o nulla (Thompson a parte).
TOP
Shaun Livingston: tutti aspettavano Stephen Curry, ma il vero protagonista assoluto è stato lui, il nativo di Peoria, Illinois. In uscita dalla panchina, il #34 è stato autore di una prestazione fantastica, mettendo a referto 20 punti (80% dal campo, 8/10), 4 reb e 3 ast in 27 minuti. Mai, nella sua avventura sulle rive della Baia, Livingston era risultato il più prolifico, e la sua è anche una prima volta nella storia delle Finals. Mortifero il suo palleggio-arresto-tiro, grandissima l’attenzione difensiva, cambiando su tutto e tutti. Per una notte, il buon Shaun si è preso il proscenio che, agli inizi della sua carriera, in molti gli andavano predicendo.
Andre Iguodala: Trovarsi di fronte LeBron e i Cavaliers lo trasforma in una forza della natura, pur uscendo dalla panchina (dal minutaggio, 36′, non si direbbe). L’MVP delle scorse Finals (a proposito, non è che, continuando così, ci possa scappare il bis?) si esibisce nel meglio del suo repertorio, confermandosi difensore formidabile e limitando alla grande i falli personali (appena uno). Sulle tracce di James come un segugio da tartufi, l’ex Sixers non si sottrae al continuo mescolarsi di accoppiamenti difensivi proprio di GSW, risultando efficace su qualunque Cavs gli capiti a tiro. Positivo anche il suo apporto nella metà campo offensiva (12 punti (5/9 dal campo), con 7 reb e 6 ast), mettendo a segno giocate decisive.
LeBron James: Una tipica prestazione “all around” del Prescelto. Tripla doppia sfiorata (23 punti (9/21 dal campo), 12 reb e 9 ast in 41′), solita sensazione di strapotere fisico-atletico, con una conoscenza/comprensione del gioco di livello superiore, anche se in qualche momento, soprattutto nel secondo tempo, è alquanto uscito dal gioco. Eppure tutto ciò non è bastato. Non sono bastati neanche un buon Irving e un Love più che discreto. A vincere, alla fine, sono stati sempre “quelli lì”.
FLOP
Splash Brothers: Possiamo dirlo tranquillamente? Stanotte, Curry e Thompson hanno assistito alla partita praticamente come spettatori non paganti. Una prestazione difficilmente comprensibile, con i nostri a mettere insieme la miseria (per i loro standard) di 20 punti (11 Steph e 9 Klay), con un deficitario 8/27 dal campo (4/13 dall’arco). Vero, sono riusciti lo stesso a mettere il marchio su Gara-1, infilando le due triple consecutive che hanno chiuso la partita a doppia mandata. Ma per larghi tratti della stessa, gli Splash Brothers sono stati l’ombra di loro stessi, dei cugini alla lontana, in particolar modo Curry, apparso a tratti timido, rinunciatario. Alla vigilia, Cleveland avrebbe messo ovunque la firma per una prestazione simile del dynamic duo di Golden State; peccato che, nello sviluppo di una partita, spesso c’è molto altro.
Panchina Cavaliers: Una valle di lacrime, se è concessa la similitudine. La panchina di Cleveland è stata letteralmente surclassata dalla controparte di Golden State. Senza appello, senza pietà. I numeri sono quasi imbarazzanti: 45-10 per le “riserve” di casa, che hanno dato quell’apporto vitale alla causa, mancando le stelle di prima grandezza. Finora, in questi Playoff, i vari Frye, Dellavedova, Shumpert e Jefferson avevano spesso fatto la differenza, grazie ad un’intensità difensiva notevole e ad una grande capacità di colpire dal perimetro (Frye su tutti). Contro i Warriors tutto ciò è mancato clamorosamente, con un impatto devastante sulle velleità di Cleveland.
J.R. Smith: Un altro che si è preso una serata di vacanza nel momento meno opportuno. Prestazione che definire rivedibile è dir poco, quella dell’ex Knicks, completamente avulso dal gioco, distratto in difesa e assolutamente timido (1/3 dal campo in ben 36′). A LeBron, per la sua rincorsa al terzo anello, serve tutto un altro J.R., ovvero sia quello visto fino alle Eastern Finals.