Clash of MVPs: l'eterna sfida tra Harden e Westbrook
Si è concluso solo il primo turno di questi playoff 2017 e giocoforza vanno immediatamente tirate le prime somme: non poteva essere diversamente in una serie così particolare, al termine di una stagione individuale più unica che rara. Come nei migliori thriller del maestro del brivido Alfred Hitchcock, conclusa una regular season semplicemente folle, gli accoppiamenti ci hanno giocato lo scherzo peggiore (o migliore, a seconda dei punti di vista) che si potesse immaginare, laddove i due principali candidati al titolo di miglior giocatore dell’anno si sono ritrovati faccia a faccia alla prima occasione possibile. Merito di una Houston al di sopra di ogni pronostico iniziale, con il terzo record assoluto della lega più che meritato ed un’imposizione tra le superpotenze NBA grazie ad un gioco sfrontato intuibile dal nome del suo allenatore ma sorprendentemente cinica nei momenti decisivi dell’anno. Allo stesso tempo merito di uno straordinario Russell Westbrook, che nel mentre riscriveva la storia di questo sport ha anche portato i suoi Thunder (dati per spacciati dopo l’addio di Durant) ad un insperato sesto posto nella Western Conference.
Senza girarci troppo intorno e soprattutto senza nulla togliere al roster delle due franchigie, l’attenzione una volta delineato il tabellone si è palesemente incentrata sulla sfida interna tra il numero 0 e James Harden, che a sua volta, ma in modo completamente diverso, ha imposto la sua leadership su questa stagione 2016/17. Il Barba si è evoluto rispetto allo status di stella solitaria che gli era stato ritagliato addosso nell’esperienza vissuta fino ad ora in Texas, diventando praticamente dal nulla il miglior assistman della lega, capace di dominare sì in termini di efficienza offensiva ma abbinando una capacità di migliorare esponenzialmente il gioco espresso dai compagni di quintetto. Il tutto si è riflesso ugualmente anche nella serie appena (stra)vinta contro OKC, in cui Harden ha messo in scena la sua migliore prestazione individuale (44 punti conditi con 6 rimbalzi e 6 assist) proprio nell’unica sconfitta dei suoi Rockets, mantenendo comunque medie altissime in ogni singola vittoria antecedente e successiva, mettendo però meglio in ritmo i compagni e facendo risplendere un giocatore come Nenê, troppo spesso fuori dai momenti che contano durante la regular season. Il secondo turno che si profila contro una tra San Antonio (particolarmente in difficoltà nonostante l’attuale vantaggio di 3-2) e la sorpresa Memphis rappresenterà l’ennesimo punto cruciale della carriera di James, chiamato a guidare i suoi verso una finale di Conference che quasi nessun esperto del settore avrebbe ritenuto possibile alle griglie di partenza. Menzione d’onore, oltre al lungo brasiliano, anche per un Patrick Beverley in versione Defensive Player of the Year, premio che probabilmente gli sfuggirà solo per l’ennesima clamorosa annata della coppia Leonard/Green. Beverley, anche se le fredde statistiche potrebbero raccontare il contrario, ha a suo modo limitato quel fenomeno inarrestabile chiamato Russell Westbrook, costringendolo a prendere tanti tiri discutibili in momenti decisivi della partita, forzandolo spesso all’errore pur non riuscendo ad annullarlo. Ma è ormai chiaro a tutti che in questa lega, nel 2017, nessuno può annullare Russell Westbrook.
E proprio di Russ bisogna discutere se si vuole analizzare in chiave fortemente positiva la stagione dei Thunder, ripartiti dall’anno zero (neanche tanto velata l’ironia sul numero) dopo che il cestista più rappresentativo del primo decennio della franchigia ha deciso di fare le valigie, destinazione Oakland. Della storica stagione disputata da Westbrook si è detto praticamente tutto, partendo dalla tripla doppia di media ottenuta sia in regular che in postseason fino ad arrivare al record di triple doppie conseguite, spazzando via un primato che sembrava inarrivabile come quello di Oscar Robertson. L’opinione pubblica si è letteralmente spaccata in due davanti al One Man Show rappresentato ad Oklahoma City, dividendosi tra chi ne elogia giustamente l’impresa e chi altrettanto giustamente critica un atteggiamento che in uno sport di squadra non dovrebbe essere assunto. Addirittura His Airness in persona è sceso in campo nel dibattito paragonando quello che sta facendo Russell al suo primo periodo in maglia Bulls, quando Jordan sembrava davvero andare ad un altro passo rispetto ad ogni altro collega ma puntualmente veniva eliminato da sistemi di squadra meglio oliati come quello dei Pistons e dei Celtics. Proprio il paragone con MJ potrebbe rincuorare il leader indiscusso dei Thunder in vista di un possibile premio di MVP stagionale, visto che anche il più grande esponente di questo sport aveva conseguito il massimo riconoscimento individuale anni prima di arrivare ai suoi sei anelli vinti in carriera. In conclusione bisogna spendere comunque delle parole di elogio anche al supporting cast di OKC, troppo bistrattato durante l’anno e ridotto quasi ad una serie di cestisti mediocri dalla schiera di esperti del settore, nonostante i vari Oladipo, Adams e Roberson meritino più di quanto gli viene accreditato, soprattutto in una situazione in cui il loro ruolo si è spesso ridotto a quello di comparse. Westbrook non gioca da solo, e se lo fa non è certo per un roster scadente che lo circonda.
Insomma, l’appassionante sfida che ha visto rivali prima a distanza e poi sul parquet due fenomeni assoluti come Westbrook e Harden non è ancora arrivata al suo epilogo. L’eterna sfida tra lo strapotere individuale e la capacità di migliorare i compagni avrà un primo verdetto solo il prossimo 26 Giugno, quando la superstar mondiale Drake ci darà finalmente il nome di chi diventerà il nostro miglior giocatore dell’anno, ma la sensazione è che quella tra i due sia una storia di cui la parola “Fine” è ancora lontana dall’essere scritta. Con tutta probabilità i due ragazzi che insieme a Durant cinque anni fa contendevano il titolo ai Big 3 di Miami, continueranno a darsi battaglia ancora a lungo e solo quando appenderanno le scarpette al chiodo potrà finalmente dirsi chi sarà il vero MVP.