CAVS@HAWKS, Top&Flop della serie: Cleveland di gruppo, Atlanta si sgretola sul più bello
Era da 12 anni che non si assisteva ad uno sweep in una finale di conference. Gli ultimi furono i New Jersey Nets di Jason Kidd, Richard Jefferson e Kenyon Martin, capaci di infliggere un perentorio 4-0 ai temuti Detroit Pistons. La stessa impresa, con l’aggiunta del fattore campo a sfavore, l’hanno eseguita i Cleveland Cavaliers, rifilando un 4-0 ai primi della classe della Eastern Conference, gli Atlanta Hawks. Una serie apparentemente senza storia come dimostra anche il risultato finale ma in più di un’occasione la franchigia della Georgia ha saputo mettere in difficoltà la squadra di LeBron James. Trovare i migliori e i peggiori di una serie conclusasi con un risultato così netto non semplice ma ci proviamo ugualmente.
TOP
– LeBron Raymone James: questa volta non inseriamo nessuna cifra perchè non direbbero tutta la verità. I punti, i rimbalzi, gli assist, i record che ha messo a segno in queste ECF sono da capogiro, superando anche le leggende di questo Gioco. Ma ciò che le cifre non dicono è il controllo emotivo e mentale su tutte le gare giocate contro gli Hawks: sempre sotto controllo, sempre libero di sprigionare la sua potenza (anche ad intermittenza) e sempre nelle condizioni di far male ad una delle difese più organizzate della Lega. Scende una volta al di sotto dei 30 punti, in gara 4 quando i giochi sono ormai fatti, ma la sua abilità di riuscire a mettere sempre in ritmo i compagni, che siano Mozgov e Thompson o Shumpert, Smith e Dellavedova, è disarmante per qualsiasi avversario si trovi davanti. A tratti spavaldo (ricorderete il “C’mon man, that’s too easy!“) ma anche decisivo, come in gara 3, quando dall’angolo infila la tripla all’overtime che regala praticamente il 3-0 ai suoi Cavaliers. Un sol uomo al comando, e per giunta in missione per conto di Dio.
– Tristan Thompson: Double T, come lo chiama il suo assistman preferito, è stata l’arma più vincente della serie. Efficace in difesa e insolitamente anche in attacco, rimbalzista di razza e uomo di intensità come pochi. La doppia doppia è ormai un’abitudine e il muoversi quasi in simbiosi con il miglior passatore della squadra gli facilita il compito ulteriormente. Questa perfetta chimica non l’ha trovata solo con LBJ ma ha consolidata quella con Matthew Dellavedova, puntualmente autore di precisi lob che il centro dei Cavs scaraventa con rabbia a canestro. Cleveland, in un momento di particolare emergenza, fa ancora una volta di necessità virtù: senza l’infortunio di Kevin Love probabilmente coach Blatt non avrebbe mai provato Thompson da 4 ma lo avrebbe utilizzato semplicemente come rimpiazzo di Mozgov. Ottima intuizione dell’ex coach del Maccabi Tel Aviv ma anche tanta fortuna. La vera chiave della serie è Tristan Thompson.
– Earl Joseph “J.R.” Smith: chi può concedersi il lusso di far uscire dalla panchina un giocatore che conclude la serie con 18 punti di media? Probabilmente solo i Cleveland Cavaliers con la nuova versione (solo mentale, non di gioco per fortuna) di JR Smith. Più il tiro è complesso, più tende a metterlo dentro. Più è comodo, più sono le possibilità di vederlo lontano dal ferro. Il paradosso di JR lo ha sempre accompagnato durante la sua lunga e tortuosa carriera ma per essere un debuttante e livello di Concerence Finals se l’è cavata discretamente. Molti i tiri importanti mandati a bersaglio insieme all’amico di merende nella Grande Mela Iman Shumpert e in più il gran merito di aver spaccato da subito la serie in due con una gara 1 da 28 punti. Grande colpo di David Griffin.
– Jeffrey Dearco “Jeff” Teague: l’unica nota positiva per gli Hawks porta il #0 e viene da Indianapolis. Il velocissimo playmaker in ogni partita ha infastidito la difesa dei Cavs con le incursioni a centro area e le solite conclusioni di tabella. Anche numericamente parlando la serie di Teague è stata molto positiva ma, si sa, una sola noce non fa rumore in un sacco.
FLOP
Paul Millsap: attribuire ad un unico giocatore la croce dell’eliminazione è una cosa sbagliata e non corrisponderebbe al vero. La colpa è egualmente divisa tra i giocatori, così come sono innegabili i meriti degli avversari. Il giocatore che forse più è mancato a coach Budenholzer quello è Paul Millsap e non solo per le cifre (che restano discrete all’interno della serie e dei Playoff in generale) ma anche se non soprattutto in termini di leadership. Il trascinatore della regular season ha giocato sottotono da punto di vista mentale, facendosi troppe volte attrarre da un nervosismo che inevitabilmente lo porta a compiere scelte sbagliate e continue distrazioni in difesa. Coach Bud non sa bene da principio su chi smistarlo in difesa perchè troppo basso per Thompson da 4 e troppo lento per un LeBron da ala piccola. La sua forza maggior in RS, ovvero sia quella di essere un lungo atipico, si è rivelata una debolezza in un contesto del genere, risultando quasi inadatto difensivamente parlando. Non è di certo io vero capo espiatorio ma essere “abbandonati” da leader di un’intera stagione nel momento decisivo non è un problema da poco.
Dennis Shroeder: dopo una straordinaria RS, il playmaker tedesco degli Hawks è scomparso in una serie che poteva vederlo protagonista viste le defezioni in cabina di regia Cavaliers. Eppure dopo le prime due gare, giocate ben al di sotto delle aspettative, Shroeder è completamente uscito dalle rotazioni dell’ex spalla di Greg Popovich, lasciando il posto ad un positivo Shelvin Mack. La fiducia, crollata in due partita, non ripagata dal tedesco lo fa entrare di diritto nella black list di questa serie. Il cambio di marcia, il cambio di passo che ci si aspettava da lui non arriva quasi mai all’interno dei periodi in cui è in campo e l’esclusione dalle rotazioni sembra una punizione pesante ma sacrosanta.