Cavaliers, i retroscena della mancata trade per DeAndre Jordan
La trade deadline è fatta spesso anche di affari che arrivano ad un passo dalla loro conclusione, per poi saltare. DeAndre Jordan è stato per giorni tra gli obiettivi di mercato di varie franchigie, in virtù della decisione dei Los Angeles Clippers, dopo la cessione di Blake Griffin, di provare a rifondare il roster.
I Cleveland Cavaliers hanno provato fino all’ultimo ad assicurarsi le prestazioni del 29enne di Houston, ma la trattativa si è risolta in un nulla di fatto. Ma procediamo con ordine, secondo la ricostruzione di Adrian Wojnarowski. La franchigia dell’Ohio aveva imbastito una trade comprendente Jae Crowder, Channing Frye, Iman Shumpert e la prima scelta, in modo da convincere i Clippers.
Di base, gli angeleni erano d’accordo, a patto di coinvolgere una terza squadra nella trade, disposta ad accollarsi i 21 milioni di stipendio rimanenti di Iman Shumpert e ad aiutare i Clippers nella ricerca di un nuovo centro titolare. Dopo vari tentativi a vuoto sia da parte del GM dei Cavs, Altman, che di quello dei Clippers, Winger, i californiani hanno proposto un buyout per Shumpert.
Altman, da parte sua, ha replicato chiedendo prima di portare più avanti la trattativa. A complicare ancora di più la situazione, c’è stato il fermo rifiuto dei Clippers di inserire nella trattativa altri giocatori di Cleveland, ovvero Tristan Thompson e J.R. Smith. Il tutto ha portato la trade ad un punto morto, con i Cavs che, alla fine, hanno imbastito la trade a tre con Jazz e Kings, che ha condotto Hood e Hill in Ohio.
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