C per vendetta
Se non avete mai letto la parola triscaidecafobia prima di oggi in vita vostra, non fatevi problemi. Ma sappiate che è una cosa a cui potrete rimediare.
Testualmente, e secondo la ricostruzione morfosintattica che il greco ci ha lasciato in eredità, la triscaidecafobia non è altro che la paura del numero 13.
Perchè questo numero sia molto osteggiato la storia non ce lo dice, ma almeno prova a spiegarcelo: ragioni religiose (quanti erano i commensali a tavola nella famosa ultima cena?) o mitologiche (Loki, che forse avrete conosciuto nei film Marvel, era il tredicesimo Dio della tradizione e non ne è venuta fuori una gran cosa) che siano, c’è sicuramente un uomo a non essersene mai fregato. Almeno non stanotte.
Stephen Curry era atteso da tutti al varco. Perché, diciamocelo, quando vinci cominci a stare su quelli lì un po’ a tutti. Così, dopo la sconfitta alle ultime Finals, la critica si è fatta sentire dura, feroce, quasi spropositata. Una stagione da urlo, la seconda consecutiva da MVP, non era bastata per ammaliare i critici, né ci era riuscito il fatto che la sconfitta di Steph passasse da una ragione molto più semplice: LeBron James e i Cavaliers erano stati più bravi di lui e dei Warriors. Tutto qui.
Non si è quasi mai fatto vedere durante l’estate, se non per alcuni eventi pubblicitari irrinunciabili, e ai media non ha mai parlato. Ha preferito il lavoro in palestra alle troppe chiacchiere e non ha avuto gelosia quando sulla Baia è arrivato Durant, che anzi ha contribuito a convincere nelle concitate ore della ‘Decision II’ estiva.
KD ha dovuto scegliere e per farlo ha guardato al progetto migliore: Golden State è stata scelta quasi automatica.
Testimoni riferiscono di un Curry dilaniato dalla sconfitta, ma mentre Green non perde occasione per mostrarlo al mondo, lui prova a non darlo a vedere più di tanto.
Ha fatto aspettare la nazionale nell’anno delle Olimpiadi, consapevole che per ripartire ci volesse una nuova scossa, dopo un bel po’ di riposo.
L’avvio di stagione non è stato perfetto, ma i Warriors (e si nota) sono un cantiere apertissimo; lasciar andare Barnes e Bogut ti mette a dura prova da un lato del campo, integrare anche Durant nei disegni offensivi deve per forza togliere spazio a qualcuno.
Il talento c’è e le vittorie sono già arrivate, ma le due sconfitte potevano regalare qualche insoddisfazione in più. Soprattutto quella di Los Angeles, lo scorso venerdi, dev’essere stata un brutto colpo per Steph: 0/10 da tre non è un dato da lui, così da interrompere la striscia di gare con almeno una tripla a segno dopo ben 157 episodi regalati agli appassionati.
Ci ha pensato, ha messo in saccoccia le sue cose tra un paradenti e l’altro, come spesso fa, e si è vendicato alla prima occasione disponibile.
Nell’ultima notte, lo show contro i Pelicans resterà nella storia: 13 triple su 17 tentativi, un record per la Lega, cancellando quello precedente di 12 triple in un singolo match messo a segno dal leggendario Bryant (nel 2003) e da Donyell Marshall (nel 2005).
Stanotte al varco non c’era più nessuno. Alcuni torneranno, ma Steph sa già quale dev’essere il suo obiettivo: allungare la nuova striscia fino all’ultima gara di questa stagione, e stavolta sorridere alla fine.