ACCADE OGGI, 19/3/1995: Michael Jordan is back!
Cerchiamo sempre di metterlo alla fine il supporto video, in modo tale da completare il nostro racconto. Stavolta procediamo a ritroso, partendo proprio dalle testimonianze di quella sera di 20 anni fa ad Indianapolis. La vera notizia, per dover di cronaca, risale al giorno prima, al 18 marzo 1995, quando la FAME (Falk Assicuates Managmente Enterprises), capeggiata ovviamente da David B. Falk, rilasciava la seguente lettera: “Washington, DC. (March 18, 1995) – The following statement was released today by Michael Jordan, through his personal attorney and business managaer David B. Falk, Chairman of Falk Associates Management Enterprises, Inc. (“FAME”) located in Washington, D.C., in response to questions about his future career plans: I’M BACK.”
Perchè iniziare dal video? Il motivo è prettamente legato alla questione che vogliamo sottolineare, perchè spiegare la storia di Michael Jeffrey Jordan sarebbe banale o quantomeno superfluo, vista la grandezza del mito. Siamo ad Indianapolis, IN, al’Indiana’s Market Square Arena, ovviamente tutto esaurito (capienza 16.530). Vengono presentati i roster delle squadre: si inizia da Scottie Pippen, poi Toni Kukoc, ed infine Will Perdue e B.J. Armstrong. Il pubblico di Indiana, mai noto per la sua ospitalità, fischia i primi 4 giocatori del quintetto. Ma non appena lo speaker inizia con “and another guard, 6.6 from North Carolina, with number 45 Michael Jordan” il pubblico va in delirio e passa dai “boo” agli applausi, alle urla di gioia nel rivedere il più grande esempio di pallacanestro su un parquet da basket e non sulla sabbia dei campi da baseball. Di nuovo quelle scarpette, di nuovo le sue mani dolcissime, di nuovo il suo statuario fisico al servizio dello spettacolo più bello del mondo. Sono passati 17 mesi, 637 giorni per l’esattezza, dall’ultima partita di MJ in maglia Bulls. Era una domenica calda di giugno, eravamo tutti idealmente in Arizona, a Phoenix, e si disputava gara 6 delle Finals 1993. Quel 20 giugno 1993 Michael lo ricorda con evidente emozione, perchè fu il giorno in cui i suoi Chicago Bulls raggiunsero lo storico “Threpeat”. Se non avete mai visto le gesta di MJ in quella domenica, rimediate il prima possibile, non tanto per i 33 punti + 7 assist di Jordan, ma per il dominio emotivo su quella partita. Dopo quella partita, però, troppe vicende attanagliarono la vita di Michael e il prosieguo lo conosciamo tutti. La morte del padre James, le critiche con il narcotrafficante Espimas, una grandezza ormai debordante e il ritiro che fulminò tutto il mondo, non solo quello cestistico.
Dopo 17 mesi e dopo un tira e molla con coach Phil Jackson di “Mike torna, ma non torna” il 19 marzo 1995 solca il parquet di Indianapolis. Gli avversari sono più che ostici. Gli Indiana Pacers di quegli anni hanno a roster giocatori come Derrick Mckey, Rik Smits, Antonio Davis, Vern Fleming, Sam Mitchell, Duane Ferrell, Haywoode Workman ma soprattutto Mark Jackson, Byron Scott, Dale Davis e Reggie Miller, vera spina nel fianco di MJ. Dopo le presentazioni di rito che, ripetiamo, esaltano e non poco i presenti a palazzo, si inizia a giocare. Da lì in poi seguono le immagini video e il riassunto della partita per MJ non è poi così esaltante: 19 punti in 43 minuti, con un raro 7/28 dal campo, ancora un po’ acerbo, ma siamo ai nuovi inizi. La partita termina male per i Bulls, che cadono 96-103 dopo un overtime.
I migliori realizzatori della serata sono stati da un lato i 28 di Reggie Miller e dall’altro i 31 di Scottie Pippen. Mentre i Bulls viaggiano su un non felicissimo 34-32 stagionale, i Pacers volano sul 40-24. L’impatto mediatico del ritorno di MJ è incredibile, stabilendo un nuovo record: 10.9% di share nazionale e ben 35 milioni di telespettatori, oltre ai 16 mila e rotti presenti all’arena. Ovviamente, è la partita di regular season più vista della storia dello sport. Un’altra peculiarità del suo ritorno è legata al numero di maglia che indossò quella sera del 19 marzo di 20 anni fa. Non troviamo la solita canotta col #23 ma quella col #45. I motivi sono due: il primo è che ora, e solo ora, si ritiene allo stesso livello del fratello; il secondo, molto più importante, è che vuole che l’ultima partita col #23 l’abbia vista papà James, lasciando questo ricordo come indelebile. No, non sarà indelebile, perchè per i playoff ritornerà a vestire la #23, perchè a Nick Anderson, ala degli Orlando Magic, rivali in quella stagione dei Bulls, è venuta in mente la bizzarra idea di dire “Il 23 era Superman, il 45 è solo forte”. Ecco, i risultati negli anni successivi tendono a svelare il contrario, perfettamente il contrario. Gli inizi saranno, come detto, acerbi ma la cosa più importante è che Michael sia tornato, sia di nuovo tra i migliori a dimostrare di essere il migliore.