ACCADE OGGI, 16/11/1957: Bill Russell, i 32 rimbalzi in un tempo e il vuoto all’ombra dei cristalli
Titoli NBA da giocatore: 11. Titoli NCAA: 2. Convocazioni all’All-Star Game: 12. Titoli NBA da allenatore: 2. Ori olimpici: 1. MVP della regular season: 5. MVP dell’All-Star Game: 1. MVP delle Final Four: 1. Membro del Naismith Memorial Basketball Hall of Fame dal 1975 e incluso tra i 50 migliori giocatori del cinquantenario della NBA. L’identikit è di quelli facili da indovinare. Il palmares è invece impossibile da eguagliare. Stiamo parlando di William Felton Russell, più conosciuto con il nome di Bill. L’eredità che ci ha lasciato il più vincente della storia di questo sport è grande, tanto grande: dal nome del trofeo che si consegna ai migliori giocatori delle Finals NBA al numero più elevato di anelli collezionati. A quel palmares manca un’ennesima tacca da aggiungere alla sua gloriosa carriera: è stato il miglior rimbalzista NBA per 4 volte (1958, 1959, 1964, 1965). Un dato non trascurabile nella nostra specifica storia. Considerato da molti il “greatest defender of all-time”, Bill ha sempre curato meno la parte offensiva per lasciar spazio alle sue doti di incredibile atleta nella metà campo difensiva. Solo a fine carriera, consci dei limiti ma anche dei miglioramenti fatti durante la dinastia dei Celtics, coach Red Auerbach lo premia disegnando uno schema tutto per lui. Una cosa che lascia allibito lo stesso Russell, non abituato ad avere così tanti attenzioni in attacco. Da qui vogliamo ricollegarci ad un’altra grande eredità che unisce 3 caratteristiche in un sol uomo: saggezza, intelligenza e determinazione. 3 caratteristiche per descrivere un grande uomo, come 3 sono le citazioni per racchiudere in un unico discorso la leggenda dei Celtics. Iniziamo dalla cosa che gli piace di più: “To me, the most important part of winning is joy. You can win without joy, but winning that’s joyless is like eating in a four-star restaurant when you’re not hungry. Joy is a current of energy in your body, like chlorophyll or sunlight, that fills you up and makes you naturally want to do your best” (Per me, la parte più importante della vittoria è la gioia. Si può vincere senza gioia, ma un vincente che è senza gioia è come se mangiasse in un ristorante a quattro stelle quando e non avesse fame. La gioia è una corrente di energia nel corpo, come la clorofilla o la luce del sole, che ti riempie e ti fa venir voglia naturalmente di fare del tuo meglio). Qui passiamo alle due fasi del gioco che preferisce, unendo le ultime due quotes: “On offense, it’s possible to take a break, to stand around a bit, let other players take over. On defense, if you take a break, a good offensive team will burn you. On the other hand, when you and your teammates are all doing the job – and you’re all that good – the great reward is watching the other team slowly suffocate. […] A rebounder, or a shot-blocker for that matter, is always at a disadvantage if he tells himself the only way he can succeed is by outjumping the guy next to him. Sometimes he will have to, but most of the time he will not. … Most of my rebounds came from positioning, where I was able to get the ball while in heavy traffic” (In attacco, è possibile fare una pausa, prendere un giro di riposo, lasciare che gli altri giocatori prendano il sopravvento. In difesa, se si prende una pausa, una buona squadra in attacco ti brucerà. D’altra parte, quando tu e i tuoi compagni di squadra fanno tutti il proprio lavoro, la grande ricompensa sta nel guardare l’altra squadra soffocare lentamente. […] Un rimbalzista, o uno stoppatore, è sempre in una situazione di svantaggio se dice a sè stesso che l’unico modo per avere successo è quello di outjumping l’avversario. La maggior parte dei miei rimbalzi provenivano da un buon posizionamento, dove sono stato in grado di catturare la palla nel traffico intenso). Queste parole vi dicono tanto, se non tutto, su quelle tre virtù definite in precedenza.
Ma arriviamo al nostro evento: 16 ottobre 1957, siamo allo storico Boston Garden. Da un lato i Celtics di Bob Cousy, Bill Sharman e coach Auerbach, dall’altro i Philadelphia Warriors, rivale storica della franchigia bianco-verde. Russell è un rookie, una matricola dal grande fisico ma dal livello tecnico non proprio adeguato. Il risultato non fu praticamente mai in bilico (finì 89-111) ma un numero spiccava su tutti gli altri: il numero dei rimbalzi di Russell. Il “problema” principale fu che le persone presenti quella sera rimasero allibite dopo appena 24 minuti perché Bill aveva tirato giù già la bellezza di 32 RIMBALZI. 32 rimbalzi in 24 minuti di gioco. Non vi stiamo neanche a dire che è record all-time, mai battuto e probabilmente mai ripetibile. Finì quella partita con 49 ma non fu neanche il suo career-high. Qui si apre un altro piccolo capitolo, perché sebbene i numeri sono al giorno d’oggi spropositati, non figurano tra i record. Se cercate i nomi dei giocatori accostabili alla casella rimbalzi, per i primi 12 posti troverete scritti due nomi: Bill Russell e Wilt Chamberlain, due che hanno fatto del rimbalzo un’arte inestinguibile. I 49 di quella sera al Garden sono solo al terzo posto di questa classifica. Al secondo troviamo ancora Russell con il suo record personale di 51 rimbalzi il 5 febbraio del ’60 contro i Syracuse Nationals ma al primo posto svetta Wilt, The Big Dipper, con l’incredibile numero di 55 rimbalzi catturati, tra l’altro il 4 novembre del 1960 contro i Celtics di Russell. Record su record, rimbalzi su rimbalzi e numeri su numeri. La bellezza inestimabile che lo sport conserva di quel duello è forse un tesoro prezioso come poche altre cose.