LA LAVAGNA - 'Cross Decoy': uscite e coperture preventive per limitare gli 'Splash Brothers'
I Cleveland Cavaliers sono una squadra che, almeno in questa postseason, ha saputo difendere più che degnamente, con poco meno di 93 punti a partita concessi agli avversari nelle 14 partite di playoff fin qui disputate. Ancor più confortante il dato relativo alle triple mandate a bersaglio dai rivali della Eastern Confernece: appena il 28.1% contro LeBron e soci. Certo, ha influito e non poco che nella serie contro gli Atlanta Hawks sia mancato uno specialista come Korver, ma è indubbio che pochi sanno adottare contromisure efficaci contro le conclusioni da fuori come i figlio dell’Ohio.
Tutto ciò dovrebbe far sorridere in chiave Finals, quando di fronte ci saranno quei Golden State Warriors che fanno del gioco permitrale l’arma in più rispetto al resto della lega. E non potrebbe essere altrimenti, viste le 173 triple mandate a bersaglio da aprile in poi (38% dal campo) e la contemporanea presenza tra le proprie fila di due assolute eccellenze in materia quali Stephen Curry e Klay Thompson (rispettivamente 43.7 e 42.5% dall’arco nei playoff). Il condizionale, però, è d’obbligo soprattutto considerando la quantità e la qualità di soluzioni a disposizione dei gialloblù per armare le due principali bocche da fuoco. In particolare una, la cosiddetta ‘Cross Decoy’: semplice ma che, contro la difesa di Cleveland, rischia di produrre effetti devastanti.
Vediamo perché. Partiamo col dire che si tratta di uno dei tanti lasciti di Mark Jackson che coach Kerr non ha avuto difficoltà ad implementare nel proprio playbook. Si tratta, sostanzialmente di una combinazione tra le due guardie che, grazie al blocco in punta del lungo (nel caso di specie, Bogut), riescono con un passaggio a creare lo spazio necessario per una comoda conclusione centrale e piedi per terra. Alte percentuali garantite, soprattutto con il 30 e l’11 contemporaneamente in campo.
Niente di trascendentale, vero. E, altrettanto vero, qualcosa di facilmente arginabile con uscite al momento giusto da parte degli esterni avversari. Ma, nel caso dei Cavs, più facile a dirsi che a farsi. Detto che si può sempre contare su un LeBron predisposto al roaming difensivo di jodanesca memoria e, quindi, pronto alla copertura pressoché totale delle linee di passaggio nemiche, va anche ricordato come la truppa di coach Blatt non abbia mai particolarmente brillato nel saper coprire il perimetro con il giusto timing. Più per una sorta di ‘pigrizia’ degli interpreti che per una falla delle rotazioni vera e propria. Non riesce difficile immaginare, quindi, un Irving ‘a uomo’ su Curry sorpreso dal ribaltamento, Bogut che fa da bloccante per il lungo avversario che intuisce il pericolo e uno J.R. o uno Shumpert in ritardo su Thompson cui normalmente bastano 10 centimetri per andare a segno, figuriamoci un metro.
Non è da escludere, quindi, un alto minutaggio per un Dellavedova sguinzagliato sulle piste del prodotto di Washington State, nonostante un rapporto chili/centimetri sfavorevole e che potrebbe penalizzarlo oltremodo qualora Klay decidesse di costruirsi una conclusione dal palleggio. Più di tutto, quindi, occorrerà maggiore attenzione e applicazione da parte di tutti i Cavs.
La Finals passano anche, se non soprattutto, da questi dettagli.