ICYMI - Georgia only on my mind?
Secondo miglior record NBA (60-22), miglior record della Eastern Conference, secondo miglior record per vittorie tra le mura amiche. Dalla definizione di “Spurs 2.0” ad una squadra irriconoscibile in queste ECF. Quant’é lungo il passo? Poco, si direbbe guardando i primi due atti della serie contro i Cleveland Cavaliers.
Una domanda sorge inevitabilmente spontanea: che fine hanno fatto gli Atlanta Hawks? Dove sono finiti quel “falchi” che dominavano non solo i cieli della Georgia ma i territori di un’intera Lega? La domanda meriterebbe di essere approfondita con prudenza perché siamo sicuri che non bastano due brutte partite per far scomparire ciò che di buono coach Bud ha costruito con i suoi ragazzi. Gli scricchiolii, in verità, si erano sentiti già nella serie con i Wizards ma gli dei del basket, per una volta, hanno deciso di appoggiare i più “forti” mandando in frantumi i sogni di Paul Pierce e compagni. Già nella serie contro Washington il gioco iniziava a latitare: non c’era una traccia netta di quella rotazione di palla che ha fatto così male a tante difese, non c’era forse quella cieca fiducia che ogni componente della squadra riponeva nell’altro e forse non c’era già la condizione fisica brillante della RS. Le cause, come detto, sono da ricercare nei settori più disparati, partendo dalla preparazione atletica fino al crollo verticale dei lunghi come Millsap e Horford, passando ancora per il mancato supporto della second unite di coach Budenholzer. Tutte le componenti elencate possono contribuire ad evidenziare l’involuzione degli Hawks ma ciò non ci consente di affermare con fermezza che l’intero lavoro dello staff tecnico é stato gettato alle ortiche. Sono più di 40 anni che la Georgia non viveva una passione per la pallacanestro così forte e di certo non sarà una simil delusione a far svanire quanto di bello riportato nella città di Atlanta. I dubbi, le domande, le perplessità restano perché è anche ovvio aspettarsi qualcosa da chi gioca una stagione regolare ai livelli quasi surreali come hanno fatto Teague & co. ma allo stesso tempo è doveroso sottolineare come il progetto Budenholzer sia partito appena due anni fa e per una rifondazione come quella di Atlanta occorre comunque del tempo.
Trovare un sottile equilibrio, una particolare stabilità tra il sogno e salto di qualità, tra l’inesperienza e la voglia di provarci subito, tra ciò che si vuole fare e ciò che si può fare non è impresa da poco. Essere alla ricerca, quasi esasperata, di un sistema di gioco duraturo e “perfetto” è una strategia che comporta rischi non sempre calcolati e soprattutto non sempre calcolabili. L’essere l’immagine di uno stato come la Georgia e sentire la pressione di migliaia e migliaia di fan che paragonano la tua stagione ai tempi d’oro, tempi in cui Atlanta era un’ospite abituale delle fasi finali della post season, é un’impresa e se non siete tanto d’accordo basta guardare il caso del primo LeBron James in Ohio.
Nel lontano 1930 nasceva ad Albany, GA, Ray Charles Robinson, personaggio che probabilmente non necessita di particolari presentazioni. 30 anni dopo pubblicava la prima versione di Georgia on my mind, brano dalla bellezza selvaggia e leggendaria. leggendario. A più di 50 anni di distanza e a circa 300 km più a sud, la storia raccontata da Ray Charles sembra ripetersi. Il gioco, il sistema o meglio gli interi Atlanta Hawks sono solo “on my mind” oppure c’è già qualcosa di concreto? Ai posteri l’ardua sentenza.
About The Author
Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce.
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