L'EDITORIALE - Steve Nash, l'ultimo dei grandi incompiuti
E’ successo, e c’è da farsene una ragione. Forse non era il momento giusto, avrebbe potuto avere più cognizione di causa e annunciare prima il proprio ritiro. Ma Steve Nash non è mai stato l’uomo nell’attesa del momento giusto. Nash, il momento, lo creava dal nulla. Inventava traiettorie, linee di passaggio, torsioni impensabili per qualsiasi altra mente, quando quelle braccia gli giravano dietro la schiena. Così, è arrivata la lettera, “Life after basketball”. Un addio piombato sul basket con gentile violenza e riguardosa non curanza. Ma dinnanzi al quale si china la testa e si trattiene la lacrima. Eletto due volte miglior giocatore della Lega senza andare oltre i venti punti di media, toccando i quasi 12 assist a partita. Ma facendo raggiungere ai Suns la più alta media di punti fatti, raccogliendo una squadra dal record pessimo (sotto le 30 vittorie) e raggiungendo le finali di conference l’anno dopo.
Ecco, cosa rimane di uno dei più grandi incompiuti di tutti i tempi. Nessun anello per lui, che si iscrive così al registro di chi ha le dita vuote, ma che ha comunque saputo riempire gli occhi di chi li ha ammirati, scrivendo un ricordo indelebile nella storia del gioco. A Phoenix ne sanno qualcosa: sir Charles ci aveva provato, ma Sua Altezza non hai mai acconsentito e ha rispedito al mittente le ambizioni di un titolo, come Tim Duncan e compagni hanno fatto con Steve Nash.
E che dire del duo più incredibile di sempre. Le statue all’esterno della Energy Solutions Arena sono solamente il simbolo di chi per 18 anni è riuscito a contendere la luce dei riflettori che da
Jordan si dovevano inevitabilmente spostare sul pick&roll di Stockton e Malone. Opposti, del tutto. Ma che si fondevano in un’unica soluzione dinamica sul parquet. E’ ancora il 23 a rovinare i sogni di gloria degli Utah Jazz, ma Stockton fa parte del Mount Rushmore dei play più forti di sempre e il Postino è nell’Olimpo degli scorer grazie alle assistenze di quel piccoletto dal capello borghese sotto cui risiede una mente superiore. La stessa che il Canada ha generato, dando i natali a Nash. Di cui ci resteranno i capelli ossigenati e i sonetti che metteva nelle mani del suo lungo sotto il canestro o del suo tiratore nell’angolo. Magari anche le alzate per la gara delle schiacciate. Ma soprattutto aver fatto del non vincere un suo vanto.